Cinema Festival

Media City Film Festival 2022

Anna Pitta

Si è conclusa da qualche giorno la 26a edizione del Media City Film Festival, il festival internazionale del cinema d’avanguardia che si svolge ogni anno presso le sedi dell’Institute of Arts e al Museum of contemporary art di Detroit, all’ Art gallery di Windsor e al Capitol Theatre and arts Centre e che, oltre ad essere fra i pochi festival, se non l’unico, a svolgersi sui diversi lati di un confine continentale (appunto, fra Canada e USA), è considerato il più importante festival al mondo per l’autenticità dei contenuti in grado di proporre.

L’MCFF nasce nel 1994 e si caratterizza, fin dall’inizio, per un contenuto artistico e culturale distante molto spesso dal gusto popolare ma affine e in grado di trovare sempre un riscontro positivo da parte di chi il cinema lo segue con analitica passione; la novità di quest’anno è stata indubbiamente la fruizione online dell’intera sezione internazionale 2022 e, in più, la possibilità di sfogliare a mo’ di catalogo i lavori delle scorse edizioni fino all’anno 2014.

Oltre 70 i film disponibili online, e ad alcuni cortometraggi di non odierna distribuzione si sono alternati lavori recenti, che andavano in un arco temporale che va dal 2019 al 2022. Ad esempio, dell’ultimo anno vi era The Newest Olds, corto del regista Pablo Mazzolo, che si caratterizza per una sequenza in “fermo immagine” in grado di catturare l’essenza del centro urbanistico tra Windsor e Detroit (luoghi, come detto sopra, in cui ha avuto svolgimento il festival). Nel suo lavoro Mazzolo, focalizzandosi sui cambi di luce e sfruttando delle tecniche di stampa alchemiche riesce ad impressionare un paesaggio in divenire: il continuo vociare della persone e l’eco dei suoni della città raccontano di un vivere frenetico tipico delle metropoli, dove non c’è possibilità di percepire silenzio, e dove la città è viva, chiassosa, dinamica.

Sempre nella sezione International program,  ma spostandoci tra le opere di retrospettiva più datate, ricordiamo il lavoro del regista sloveno Karpo Godina I miss Sonja Henie, cortometraggio del 1971 realizzato durante le pause di proiezione di un altro festival, ovvero il festival internazionale di Belgrado. Prenderanno parte alla creazione del cortometraggio, su proposta e idea di Godina stesso, registi come Tinto Brass, Puriša Đorđević, Miloš Forman, Buck Henry, Dušan Makavejev, Paul Morrissey, Bogdan Tirnanić e Frederick Wiseman. I miss Sonja Henie è un corto che riformula il linguaggio cinematografico comunemente inteso, e dove la narrazione rompe gli schemi espositivi istituendo una nuova grammatica e una nuova libertà di espressione (la cosiddetta Yugoslav Black Wave). Gli attori interpretano più personaggi agendo e interagendo nel bisogno di percepire attraverso ogni singolo senso la realtà pur sempre fittizia e, volutamente, asincrona. E, ancora, sempre nella sezione internazionale e con data di realizzazione 1966 Kiev Frescoes di Sergei Parajanau, nato come inno ucraino e dimostrazione documentaristica della grandezza della nazione, e che si trasforma durante il suo stato di lavorazione ed elaborazione in un’esplorazione prosaica dell’etnia ucraina che viene riversata sul pubblico attraverso un linguaggio di pantomima surreale.

Queste sono solo alcune delle opere ad espressione avanguardista, dove ogni singolo lavoro è un esperimento di grammatica cinematografica. La narrazione si reinventa di volta in volta, e ogni singola volta è sempre originale, funziona, mantiene una certa profondità narrativa e tematica. Il Media City Film Festival propone un contenuto d’avanguardia, lontano da quanto viene comunemente definito commerciale: si mira a promuovere e se possibile, a tutelare, gli artisti che  reinventano la narrazione filmica; la logica può venir meno, ciò che conta è il cinema nella sua forma d’arte più pura.

 



Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti