Davide Iodice // Sagoma
Un attore-regista e un tecnico luci si chiudono in teatro alla ricerca dell’effetto luminoso più adatto a esprimere il concetto di Sagoma, titolo interno ed esterno alla pièce a firma di Fabio Pisano, che Davide Iodice ha portato in scena a Roma, al Teatro Basilica, per la presenza scenica di Nando Paone. Scelta curiosa, quella dell’attore napoletano, volto conosciuto per aver interpretato come caratterista numerose commedie per il piccolo e grande schermo. Curiosa perché al centro dell’opera di Pisano c’è, al contrario, la ricerca di una sottrazione di identità, cioè l’interrogarsi, per un attore, autore e regista – personaggio di invenzione, e protagonista, del testo di Pisano – su come l’identità possa tramontare, sfumare, per incarnare una figura universale e assoluta, una sagoma in controluce. Un desiderio che per l’attore in questione significa realizzare, filosoficamente, un paradosso: una figura senza volto in cui tutti possano identificarsi. Questo lavoro di ricerca sulla scena si traduce in un andirivieni, beckettiano per un verso, pirandelliano per un altro, del personaggio del tecnico luci (Matteo Biccari) che sale sulla scala per puntare i fari inseguendo le intenzioni dell’attore-regista. Lo spettacolo vorrebbe comunicare forse più di quanto effettivamente non arrivi allo spettatore, somiglia a uno sfogo durante una seduta dallo psicologo, in cui l’artista spiega le sue intenzioni ma senza essere compreso, in primis dal suo tecnico luci. Quest’ultimo, presenza muta, servo di scena, è anche motore dei pensieri, dell’azione, perché la sua reazione alle indicazioni dell’artista è di volta in volta causa ed effetto, e per questo si rivela importante tanto quanto l’artista stesso con i suoi borbottii, il suo sproloquio, la sua schiacciante, visibile, imprescindibile presenza. Uno spettacolo leggero, senza troppe pretese se non quella di apparire autentico, essenziale, appunto, diretto come una confessione.
[Immagine di copertina: foto di Gianni Biccari]