Arti Performative

“Mythologies”, la coreografia di Preljocaj riecheggia dal mito antico all’inconscio contemporaneo

Roberta Leo

Il coreografo francese di origine albanese Angelin Preljocaj riunisce i danzatori del Ballet Preljocaj e quelli del Ballet de lOpéra National de Bordeaux in un corpo di ballo di venti elementi per la sua nuova creazione Mythologies.

Presentata in prima ed esclusiva italiana, nell’ambito del Festival Aperto della Fondazione I Teatri Reggio Emilia, l’opera è andata in scena lo scorso 24 settembre al Teatro Municipale Valli.

La musica originale di Thomas Bangalterex componente del complesso di musica elettronica francese Daft Punk, viene composta per l’occasione su una partitura per orchestra e tralascia l’elettronica in favore di suoni classici con cui si incastrano i movimenti coreografici di questo nuovo ‘libretto di ballo’ di Preljocaj.

foto di Jean-Claude Carbonne

Il tema della creazione è quello del mito, antico e meraviglioso, trasceso dalle narrazioni del coreografo in una ritualità tutta contemporanea. Preljocaj non si smentisce confermando la sua cifra stilistica neoclassica e narrativa. Nessuna scarpetta da punta ai piedi delle danzatrici ma solo tuniche leggere ‘alla greca’, veli sulle nudità e mantelli fluttuanti. L’attrezzeria ci parla del tempo e della storia: frecce immaginarie scoccano da archi medievali imbracciati dal danzatori, cubi mobili dalle facce di specchio roteanti sul palcoscenico riflettono tutto il narcisismo dei nostri tempi e raccontano come si può precipitare nell’idea di un’immagine. Eroi ed eroine richiamano i miti originari delle nostre civiltà.

foto di Jean-Claude Carbonne

Dall’epica lotta di Arianna contro il Minotauro fino all’omonima opera di Roland Barthes, Mythologies ripropone creature terrene e divine con le loro passioni e fragilità, narra di duetti amorosi, battaglie di guerra e descrive il quotidiano di certe civiltà lontane, stimolando l’inconscio dello spettatore, invitandolo alla ricerca di connessioni col presente. Scrive Angelin Preljocaj: «Con questa nuova creazione mi sono accostato a diverse mitologie, alcune molto antiche, altre più recenti e persino contemporanee […] la coreografia esplora i rituali contemporanei e i miti fondatori che modellano limmaginario collettivo per vedere come rispondono luno allaltro, in una sorta di eco».

In tutto ciò la danza resta protagonista, nonostante la sua funzione narrante, e si estende sulla musica solo successivamente alla sua creazione. I suoni orchestrali di Bangalter accolgono perfettamente le squadrate geometrie delle braccia dei danzatori che prendono forma intorno alle spirali delle attitudes classicheggianti e sul brio di piccoli e giocosi jeté. A infrangere il neoclassicismo e la pulizia tecnica del corpo di ballo è la tecnologia, che irrompe proiettando sul fondale dapprima i visi dei danzatori, primi piani e sguardi profondi, per poi passare a forme indefinite dai tratti animaleschi, e a scenari fantastici tra boschi, nubi e mari fuori dal tempo.

 

[Immagine di copertina: foto di Jean-Claude Carbonne]



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