Arti Performative Focus

La capitale e i suoi spazi teatrali: segnali di ripresa

Renata Savo

Poco più di un anno fa, il 25 febbraio, il Teatro di Roma accoglieva presso il Teatro India una grande assemblea cittadina, “Roma Theatrum Mundi”, coordinata e promossa da Graziano Graziani, Sergio Lo Gatto, Andrea Porcheddu, Attilio Scarpellini, in cui rappresentanti della creatività indipendente cercavano di incontrare e dialogare con le realtà istituzionali. Erano trascorsi meno di dieci giorni da quando la Questura aveva posto i sigilli al Teatro dell’Orologio, e la polizia municipale aveva fatto sgomberare il Rialto Sant’Ambrogio. Fu in quel momento che Roma lamentò una certa carenza di spazi, e sembrava che mai periodo più buio avesse vissuto una capitale che mirasse a esserlo anche dal punto di vista culturale. Ora, potremmo di sicuro dire che le cose stanno diversamente, che la scena off romana sta vivendo un momento di particolare vivacità. Il Teatro dell’Orologio manca a tutti, e speriamo che riapra i battenti al più presto; ma se provassimo a fare un bilancio di tutti i teatri romani che stanno riaprendo (non solo quelli “off”), ci sembrano miracoli la riapertura parziale del Teatro Valle (gestito dal Teatro di Roma), dove proprio sabato scorso è stato presentato INTERLUDIO VALLE, programma di eventi e visite, mostre e creazioni site-specific in sala e nel foyer del meraviglioso e storico teatro situato nelle immediate vicinanze di Piazza Navona; la nascita dello Spazio Diamante nel quartiere Pigneto; e dell’Off/Off Theatre in via Giulia. Quest’ultimo, a dire il vero, di “Off” ha ben poco, a giudicare anche solo dal prezzo del biglietto intero (25 euro). D’altra parte, per il direttore artistico Silvano Spada “off-off” «sta per fuori dalla stasi e dalla routine»: nulla a che vedere, dunque, con lo spirito antiborghese che animava i teatrini “Off-Off-Broadway”, nonostante pure da qui sia passato qualche spettacolo significativo.

In compenso, in molte sale dislocate lontano dal centro storico si avverte la necessità di rimboccarsi le maniche per dare visibilità o sostenere giovani artisti e compagnie che non sono finanziate dai circuiti ufficiali. Sembra un paradosso, perché qualcosa che è off dovrebbe essere “trascurabile”, “spento”, “non in funzione”, e invece alcuni eventi, prossimi o trascorsi nelle ultime settimane, sembrano affermare l’esatto contrario.

Innanzitutto, ci accorgiamo che in assenza del Teatro dell’Orologio, quest’anno l’ottava edizione del festival INVENTARIA – Festa del teatro nato «non per trarre profitto, ma per organizzare una vetrina pulita, trasparente e accessibile nella capitale», spalmerà tra maggio e giugno la sua programmazione in ben quattro sale: Teatro Argot Studio, Teatro Trastevere, Teatro Studio Uno, Carrozzerie n.o.t.. Non è forse un bel segno, questo, del dialogo, dell’unione, del sostegno reciproco? Così si leggeva sul bando di quest’edizione del festival diretto da Pietro Dattola della compagnia DoveComeQuando: «In un contesto territoriale in cui è rischioso fare affidamento sui fondi pubblici, sin dal suo concepimento INVENTARIA ha intrapreso una scelta di continuità, indipendenza e sostenibilità – anche economiche. Il nostro motore sono intraprendenza, lavoro e desiderio, che sono poi anche i pilastri di una sana e sincera produzione artistica». E in effetti l’intraprendenza di Dattola non è da poco. Altra sua iniziativa, la prima stagione di Sala RomaTeatri, EMERGENZE ROMANE: un cartellone di 6 spettacoli di prosa, 6 di teatro ragazzi e 5 residenze artistiche che nascono con l’intento di affrontare, tra gli altri temi, la rilettura contemporanea dei classici. Prossimo spettacolo di prosa della stagione, dal 27 al 29 aprile, Gli ebrei sono matti di Dario Aggioli (Teatro Forsennato), drammaturgo, attore, regista che segnaliamo anche per la bella proposta lanciata su Facebook pochi giorni fa agli «amici teatranti» di distribuire alla BAZ biblioteca popolare (nel quartiere Prati) da lui in parte gestita, testi teatrali contemporanei editi per realizzare una raccolta «che forse poche librerie o biblioteche hanno…». Non è forse anche questo un bel segnale, che viene dal basso? Sono gesti piccoli, ma che dimostrano il fermento e la solidarietà di quest’ultimo periodo.

Dalila Cozzolino, MACBETH AUT IDOLA THEATRI della Compagnia Ragli, Sala RomaTeatri, stagione EMERGENZE ROMANE

Per tornare alla Sala RomaTeatri situata tra Rebibbia e Casal de’ pazzi, qui abbiamo assistito all’esito della residenza artistica della Compagnia Ragli, un monologo ispirato al Macbeth shakespeariano, MACBETH aut Idola Theatri: Dalila Cozzolino, valente attrice già vincitrice del Premio Hystrio alla Vocazione 2017, diventa un contenitore di espressioni che implode tra maschere di pupi siciliani che pendono dall’alt(r)o, simboli della manipolazione esterna e dello scontro dell’essere umano con un destino predetto; non un intreccio lineare, ma un metateatro di superstizioni, spettri e fantasmi, una scena dei cinque sensi, profondamente artigianale con quel suo profumo di borotalco gettato nei capelli attraverso gesti spasmodici, che vede nella dialettica di luce e buio – sullo spazio, su dettagli del corpo, sugli oggetti – il suo fondamentale principio drammaturgico. Considerati i tempi strettissimi di produzione, la performance appare persino troppo “confezionata”, per la sovrapposizione formale in alcuni punti di musica, parola dal ritmo serrato e azioni codificate, di non immediata leggibilità, eppure attesta della compagnia calabrese l’essere in grado di dar vita a uno spettacolo dietro l’altro (ha da poco debuttato in un altro prezioso spazio capitolino, le Carrozzerie n.o.t, Borderline) confermando anche le doti performative già note di Dalila Cozzolino, oltre che interprete autrice del testo che si diverte a trasferire suggestioni filosofiche in passaggi drammaturgici della tragedia del bardo inglese.

Ivano Russo in “Un capitano – Duecentomila chili sulle spalle”, scritto da Giulia Lombezzi e Amr Abuorezk, andato in scena al Teatro Studio Uno. Foto di Aksinja Bellone

Proseguendo, resta molto attivo il Teatro Studio Uno – Casa del Teatro Indipendente. Centro di produzione non nel senso stretto del termine (non riceve alcun finanziamento dal FUS), ma di fatto sì, il multisala ubicato nel quartiere di Torpignattara è durante tutto l’anno solare una delle vetrine per compagnie emergenti più importanti della capitale; da due stagioni mette in atto un nuovo metodo di selezione delle opere attraverso la rassegna PILLOLE #tuttoin12minuti, ricercando progetti da presentare dal vivo durante una settimana, in forma di corto della durata massima di dodici minuti. Al passo coi tempi in cui si vedono profondamente mutate le modalità di intermediazione culturale, che richiedono un sempre maggiore coinvolgimento del pubblico, il Teatro Studio Uno ha presentato come parte integrante della sua stagione i migliori lavori giudicati da pubblico, critica, addetti ai lavori e direzione artistica, che hanno avuto così la possibilità di confrontarsi e dialogare non sui lavori finiti, ma sulla possibilità di offrire ai progetti degli artisti in concorso una forma compiuta e date in cartellone, con un minimo garantito più ufficio stampa, produzione e prove gratuite. Così, per esempio, è nato un apprezzato Yukonstyle di BitQuartett oppure, andato in scena qualche settimana fa, Un Capitano – Duecentomila chili sulle spalle, diretto da Eleonora Gusmano, interpretato da Ivano Russo e scritto da Amr Abuorezk e Giulia Lombezzi: la storia vera di un giovane pescatore egiziano (Amr Abuorezk) che nel 2006 si ritrovò inaspettatamente alla guida di un barcone con la vita di altre 144 persone sulle spalle; uno spettacolo che, seppure ben interpretato, metafisico e poetico nella sua trasposizione scenica, risente di qualche difficoltà: della storia di Amr Abuorezk si perde, andando a elevare la vita in epopea, parte del suo fascino, cioè il fatto che si tratti di una storia incredibilmente vera e drammatica, riuscendo meglio nella descrizione degli stati psicologici del protagonista, e chissà, forse sarebbe bastato aggiungere qualche elemento di realtà non filtrata, come la voce o la presenza virtuale di Amr che racconta in prima persona la sua storia, come difatti è accaduto, alla compagnia. Il Teatro Studio Uno ha dato sostegno a giovani drammaturghi, attori, registi come Niccolò Matcovich (Compagnia Habitas), segnalato in seguito dalla giuria del Premio Hystrio-Scritture di Scena 2017; Alessandro Blasioli (compagnia Sasiski), che proprio oggi martedì 10 porterà il suo appassionato monologo Questa è casa mia a casa sua, e cioè a Chieti, al Teatro Marrucino, prima di volare con lo stesso spettacolo fino a New York; o, per citare un caso più recente, Alessia Giovanna Matrisciano (spettacolo Pollini) che fra l’altro, con un nuovo lavoro (Narciso), sarà premiata per la Sezione Drammaturghi in azione domenica 15 aprile al DOIT Festival, altra interessante manifestazione di teatro Off in corso nella capitale che continuerà ancora questa settimana, fino a domenica.

Alessandro Blasioli in “Sciaboletta”, Teatro Cometa Off, alla rassegna Short Lab. Foto di Chiara Calabrò

Infine, un caso davvero singolare di generosità riguarda quanto accaduto in finale a Short Lab, rassegna di monologhi e corti teatrali che si è svolta tra fine febbraio e fine marzo al Teatro Cometa Off in zona Testaccio a cura di Massimiliano Bruno: tra più di sessanta spettacoli della durata di un quarto d’ora che si sono contesi il premio finale consistente nella produzione dello spettacolo per la stagione successiva, vista la grande partecipazione di pubblico, che ha votato insieme a una giuria di esperti, e lo scarto di soli due voti dallo spettacolo vincitore per la sezione monologhi (Storia di incroci e d’anarchia!, con Veronica Milaneschi, regia di Patrizio Cigliano), Giorgio Barattolo, direttore artistico del Cometa Off, si è sentito mosso a istituire al momento, de facto, un secondo premio, al miglior testo, mettendo a disposizione del secondo classificato Alessandro Blasioli trecento euro per consentirgli uno sviluppo del suo lavoro Sciaboletta, sul declino della figura del monarca in Italia, Vittorio Emanuele III, e la parallela ascesa di Benito Mussolini, una performance in cui Blasioli con ritmo incalzante, ironia e magnetismo, sbeffeggia il primo per criticare anche il secondo, di cui in soli quindici minuti riesce bene a far intuire, anche in assenza di un’interpretazione diretta del personaggio, il peso storico e la pericolosità.

Insomma, con tutti questi segnali positivi di ripresa e manifestazioni di solidarietà pare che anche a Roma, finalmente, sia arrivata la primavera.



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