Arti Performative

#RomaFringeFestival. Dario Aggioli // Gli ebrei sono matti

Renata Savo

Un salto al Roma Fringe Festival: il sabato, in scena gli spettacoli semifinalisti e concorrenti per la finale del 5 luglio. Sabato scorso la giuria ha selezionato “Gli ebrei sono matti” di Dario Aggioli.


 

A Roma, giugno è il mese del “fringe”. Dopo le precedenti edizioni che avevano avuto luogo nella Villa Mercede all’interno del quartiere studentesco di S. Lorenzo, il Roma Fringe Festival per la prima volta prende in adozione gli spazi verdi di Parco Adriano, nella romantica cornice di Castel S. Angelo. 

Si conclude oggi la seconda settimana della rassegna. Ancora nelle prossime, fino alla serata conclusiva del 5 luglio, gli spettatori potranno continuare a vedere in successione dal tramonto alla mezzanotte performance rappresentative della scena “off” italiana.

Sabato 6 giugno abbiamo fatto anche noi un salto al Roma Fringe Festival, prendendo visione dei primi tre spettacoli semifinalisti.

A passare la selezione, Gli ebrei sono matti di Dario Aggioli (Teatro Forsennato), un’eccentrica commedia che vede protagonisti due “matti”: uno vero, che forse pazzo lo è diventato a causa della pervasiva presenza di Mussolini nella vita individuale dei cittadini durante gli anni delle leggi razziali, e uno finto, un ebreo cui è stato suggerito di fingere di essere impazzito, per scampare agli arresti perpetrati dai fascisti. Un tentativo di convivenza forzata all’interno di un ospedale psichiatrico. Una tragicomica necessità: condividere il tempo, l’attesa, per imparare a conoscere l’immagine della follia e a indossarla, come una maschera. Il vero matto, Enrico – interpretato da Dario Aggioli – brillante e moderno “comico dell’Arte”, o fool shakespeariano, su cui il lavoro portentoso sulla mimica e sulla voce ha fatto ottenere anche a livello drammaturgico effetti di grottesco iperrealismo – ripete ossessivamente il nome della sua amata e prediletta infermiera, Luciana, e massime mussoliniane; l’attesa della donna, insieme allo sforzo per il matto finto, Ferruccio, di contenere le sue crisi d’identità, rivelano tutta l’insensatezza e la mancanza di finalità dell’esistenza, temi di beckettiana memoria che si palesano nella reiterazione ossessiva del gesto così come nella simmetria degli emistichi, nell’assenza di una vera e propria azione, nello smarrimento cognitivo e morale. Ma c’è anche, e soprattutto, la grande attesa della fine della più grande tragedia che il mondo abbia mai conosciuto.

Una pièce davvero ben fatta e interpretata, ideata e diretta (da Dario Aggioli), divertente ma non banale, innestata su una polarità visiva, acustica e drammaturgica che ritmicamente funziona e si lascia ricordare con molto piacere. Un ritorno all’essenza e alle ragioni del fare teatro; un punto di vista alternativo, ironico, sul tragico e reale incubo fascista; uno spettacolo sulla follia e dotato di – sana –  “follia”, insediata nel desiderio di trasformarsi in qualcun altro e imitarne gli atteggiamenti, che proprio qui, alla fine, porterà Ferruccio (Guglielmo Favilla), l’ebreo, a rendere labili e vacillanti i limiti tra se stesso e l’”altro da sé” (di nome Angelo).

Gli ebrei sono matti tornerà, quindi, al Roma Fringe Festival la sera del 5 luglio, insieme agli altri spettacoli finalisti, di questa e delle prossime settimane. Appuntamento, insomma, davvero da non perdere.


Dettagli

  • Titolo originale: Gli ebrei sono matti

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