Arti Performative

BiTquartett // Yukonstyle

Salvatore Cuomo

Con Yukonstyle la compagnia teatrale BiTquartett presenta al Teatro Studio Uno di Roma, e in scena fino a domani 25 febbraio, una pièce mai rappresentata in Italia, della drammaturga canadese Sarah Berthiaume, una narrazione dal sapore naturalistico che non rinuncia a una buona dose d’introspezione, e in cui si mescolano sapientemente elementi ironici e drammatici.

Siamo a Yukon, sconfinato territorio rurale del Canada. Kate, un’adolescente vestita in stile Harajuku (bambola giapponese), viene temporaneamente accolta in casa da Youko, ragazza di origini giapponesi e il suo coinquilino Garin, giovane mezzosangue nativo americano. Con la sua esuberanza, la giovane Kate scuoterà i due dall’apatia delle loro esistenze, incastrate fino a quel momento in una crisalide di apparente soddisfazione. I personaggi saranno chiamati a confrontarsi ognuno con i propri drammi interiori, malcelati fino all’arrivo di questa bambola autostoppista.

Sin da subito colpisce il gioco di parole tra Yukon, la regione in cui i protagonisti vivono e la ragazza di origini nipponiche Youko (Marianna Arbia), mentre Kate (Benedetta Rustici) funge da anello di giunzione tra due mondi totalmente agli antipodi, una miccia che infiamma lo spirito dei personaggi, ne fa emergere le tragedie mettendone a nudo un’incomunicabilità che rischiava di risucchiarli in un vortice di annichilimento. Gli attori in scena sostengono la narrazione con dialoghi rapidi e sferzanti, soliloqui che infrangono la quarta parete e guidano lo spettatore attraverso le sotto-trame di tutti i personaggi coinvolti. Garin (Lorenzo Terenzi) appare inizialmente quello più innocente e ingenuo, a tratti buffo, quasi da sitcom americana. Chitarra, camicione a quadri e bislacche abitudini casalinghe, ma poi la sua si rivela l’esistenza più problematica: il suo dramma spazia dal freddo rapporto con il padre (Marco Canuto), ai dubbi su chi realmente fosse sua madre, al terrore che questa potesse essere stata una prostituta vittima di un serial killer.

I paesaggi dello Yukon prendono vita nella mente dello spettatore grazie a un approfondito lavoro immaginifico da parte degli interpreti, che plasmano sulla scena il fascino contraddittorio di un luogo remoto e meraviglioso, quasi da cartolina, ma al contempo aspro e saturo di umana imperfezione, dove si scava dentro se stessi, portando a galla vecchi rancori, confrontandoli con i nuovi. Lo Yukon è visto come luogo dell’anima, talvolta oscuro e spaventoso, altre volte affascinante e ricco di imprevedibili svolte.

Yukonstyle è colorato da momenti musicali e anche di grande fisicità, in cui gli attori giostrano in scena scambiandosi oggetti in apprezzabili partiture di movimento. La musica è uno degli elementi cardini su cui poggia la regia di Gabriele Paupini per avvolgere l’osservatore nella giusta atmosfera, un po’ country, un po’ borderline; sopra tutte le scelte, Neil Young, al quale è particolarmente affezionato il padre di Garin e che ricrea in modo realistico un tappeto musicale sia nei momenti di lucidità che in quelli di follia.

Sul fondale giganteggia una lavagna nera riempita man mano dai personaggi, quasi con l’intento di segnare i capitoli di questo “romanzo” tragicomico, di una bellissima complessità anche interpretativa, che gli sforzi dei quattro attori in scena reggono con naturalezza, dando vita a una macchina pulsante alimentata dai sentimenti dei loro personaggi.

 

YUKONSTYLE

di Sarah Berthiaume

una produzione BiTquartett Compagnia Teatrale / Teatro Studio Uno

con Marianna Arbia, Marco Canuto, Benedetta Rustici e Lorenzo Terenzi

traduzione e regia Gabriele Paupini

aiuto regia e luci Francesca Zerilli

costumi Benedetta Rustici



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