Cinema

In Focus. La profondità del 3D de Il libro della giungla

Fausto Vernazzani

Jon Favreau porta sul grande schermo il romanzo di Kipling e il classico d’animazione Disney attraverso un 3D votato a una sorprendente esperienza cinematografica.

 

Lo stesso giorno in Italia sono usciti Hardcore! e Il libro della giungla, due film con nulla in comune all’apparenza. Il primo, come descritto nella nostra recensione, nasce dall’esperienza di un videoclip prima e di un concept trailer dopo, il secondo è il ritorno di uno dei classici Disney in chiave live action e CGI. Il primo imita il mondo dei videogiochi e tenta di portare sul grande schermo la visione dei first person shooter dando un assaggio di come potrà in futuro essere il cinema visto e pensato per la realtà virtuale di un Oculus Rift, il secondo invece senza violenza alcuna riporta adulti e bambini tra i racconti di Mowgli immaginati dalla raffinata penna di Rudyard Kipling nel 1894.

A unirli è lo scopo della loro esistenza: sfruttare al massimo una tecnica (innovativa o meno) per intrattenere il pubblico attraverso solo ed esclusivamente di questa, senza eccessive ricercatezze artistiche né in termini narrativi né registici. Ilya Naishuller, regista di Hardcore!, preme al massimo l’acceleratore con un action simile all’adrenalinico Crank! con Jason Statham, dando spazio alla sua soggettiva videoludica dall’inizio alla fine, mentre Jon Favreau col colossale prodotto Disney annuncia sin dai trailer quanto sarà prominente il 3D nella nuova avventura ambientata nella vasta e pericolosa giungla di un’India ancora sotto l’occupazione dell’allora prospero Impero Britannico.

Un cinema, insomma, in entrambi i casi, votato al divertimento da Luna Park, stratagemma che sin dagli albori del cinema ha sempre funzionato – qualche volta con risultati eccezionali -, un divertimento realizzato attraverso sperimentazioni ed effetti speciali talvolta da lasciare a bocca aperta. Il caso de Il libro della giungla di Jon Favreau è da allegarsi a quest’ultima fila di prodotti cinematografici, riuscito nel suo intento di divertire attraverso canzoni e rocambolesche avventure rese magnificamente con la tecnica del 3D, ancora non esplorata a sufficienza per poterla definire un sempre gradito supplemento alla visione bidimensionale normale. Con le ovvie e dovute eccezioni.

Favreau e la Disney sorprendono con questa loro decisione, scegliendo di non seguire alcuna moda dell’odierna produzione statunitense, dalla fiaba raccontata in chiave dark (Maleficent, Cappuccetto Rosso Sangue) alle origin story per personaggi di qualunque tipo (Il grande e potente Oz, Il cacciatore e la regina di ghiaccio). Cosa a cui Mowgli non è scampato, giacché nel 2018 uscirà un altro adattamento diretto da Andy Serkis dal titolo esemplificativo Jungle Book: Origins (cambiato solo successivamente in Jungle Book), molto simile al trattamento che subirà anche il buon Robin Hood con Robin Hood: Origins. Gli Studios hanno una sola parola d’ordine al giorno d’oggi: franchise.

Il libro della giungla (2016) solletica lo spettatore con la promessa – mantenuta – di un divertimento spensierato, simile all’esperienza offerta da uno dei tanti Disneyland, col muso di Baloo, le zanne di Bagheera e la pancia di Re Louie tutti in 3D davanti al piccolo Neel Sethi. Favreau dirige abilmente una storia nota, presa tanto dai racconti d’origine quanto dall’opera Disney, considerando ciò che Il libro della giungla è nell’immaginario comune anziché gettarsi nella fedeltà estrema a Kipling, dando al 3D maggiore importanza: non più un semplice extra, ma anche un oggetto capace di dare maggiore profondità all’immagine e alla storia, immergendo lo spettatore con inquadrature disegnate alla perfezione.

Pensiamo infatti al 3D come a un nuovo modello di inquadratura anziché a una serie di oggetti puntati dritti al pubblico – come nel deludente 3D di Star Wars: Il risveglio della forza -, uno strumento particolarmente efficace nella descrizione e rappresentazione degli ambienti. Lo aveva capito Werner Herzog quando usò il 3D per il suo documentario Cave of Forgotten Dreams, idem James Cameron con Avatar e Guillermo Del Toro con Pacific Rim e oggi anche Jon Favreau, la cui giungla in due dimensioni perde potenza, rischiando di mandare tutto all’aria e trasformare il film in una serie di quadri spenti e senza vita, quella dello spettatore coinvolto nell’esperienza. 

È chiaro a questo punto che non si tratta di un tipo di cinema per gli amanti del cinema meno dipendente da artifici di questo genere. Il libro della giungla non è però pensato per questo genere di pubblico – la Disney del resto punta sempre ai grandi numeri e soprattutto ai più giovani -, tuttavia lo consigliamo a chiunque provi un sentimento d’affetto verso la sala cinematografica e la sua magia, il suo potere di trasformarsi in un ventre materno dove sentirsi cullati e amati. Il 3D ha la grande capacità di rendere le migliori sensazioni ancora più tangibili e quando è ben utilizzato come in questo caso, ci rende estremamente felici e speranzosi per il futuro. Che non siano solo oggetti lanciati addosso al pubblico.


Dettagli

  • Titolo originale: The Jungle Book
  • Regia: The Jungle Book
  • Genere: Avventura
  • Fotografia: Bill Pope
  • Musiche: John Debney
  • Cast: Neel Sethi, Bill Murray, Ben Kingsley, Idris Elba, Lupita Nyong’o, Scarlett Johansson, Giancarlo Esposito, Christopher Walken
  • Sceneggiatura: Justin Marks

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