Arti Performative Focus

“TURNING_Orlando’s version” di Alessandro Sciarroni, per una danza non conformista

Giovanna Villella

È andato in scena al Teatro Politeama di Catanzaro, per la XXII edizione di Armonie d’arte Festival con la direzione artistica di Chiara Giordano, TURNING_Orlando’s version di Alessandro Sciarroni. Una performance di danza contemporanea per cinque danzatori (Maria Cargnelli, Francesco Saverio Cavaliere, Lucrezia Gabrieli, Sofia Magnani, Roberta Racis) creata da Alessandro Sciarroni insieme con la coreografa Elena Giannotti su composizione musicale realizzata da Aurora Bauza e Pere Jou (Raccolta Telemann).

TURNING_Orlando’s version è un nuovo capitolo di un progetto più ampio, TURNING, più volte raccontato tra le nostre pagine (e per approfondire, alcuni link sono in fondo a questo articolo), ispirato ai flussi migratori di alcuni animali che, alla fine della loro vita, tornano a deporre le uova e muoiono nel loro territorio natale.

Il verbo inglese “turning” nella traduzione italiana può essere reso con “giro”, “cambiamento”, “trasformazione” e in questo senso lo spettacolo si connette pienamente alla declinazione 2022 del macro tema del Festival Nuove rotte mediterranee: Transiti in cui il concetto di “transiti” non indica solo una traiettoria geografica o materiale ma anche un singolare passaggio attraverso il reale con un bisogno di scoperta, di rivelazione e di cambiamento laddove, nel tentativo di disambiguazione, il nome “Orlando” può evocare tanto la gender fluidity che impregna di sé l’omonimo romanzo di Virginia Woolf quanto la città della Florida immersa tra le palme.

Più vicina al “narrativo astratto” che al “narrativo d’azione”, la coreografia presenta una gamma inesausta di gesti e rotazioni reiterate, raggiungendo una plasticità di immagini e un nitore, nei movimenti e nelle pose, davvero vicini a una moderna arte scultoria.

Sciarroni sembra giocare con la danza classica ma la morbidezza e gli schemi ottocenteschi legati alle formule accademiche vengono abbandonati e ribaltati per lasciare posto ad una estetica nuova non disgiunta da guizzi di umorismo come l’idea di far ballare l’unico rappresentante maschile del gruppo en pointe alla maniera di un trockadero.

“Turning_Orlando’s Version”. Foto di Angelo Maggio

Non c’è posto per lo schema del ballerino ascetico, qui ogni danseur è sciolto, flessibile, con una tecnica molto precisa alla base, un uso rigoroso delle gambe e insieme abilità di passi, variazioni, contrazioni e rilassamenti in virtù di una straordinaria capacità di precisione e di controllo psico-fisico.

Con una coreografia spoglia di colori e di costumi, i ballerini rimangono continuamente sulla scena, quasi costretti in uno spazio circoscritto e limitato rispetto alle reali dimensioni del palco. Vestiti in abiti contemporanei a lasciar agio ai movimenti improntati alla forza, alla resistenza e alla leggiadria non leziosa, si muovono in perfetta sincronia: dal passo strisciato ad una danza sciolta negli arti ma legata al suolo, da brevi pas d’élévation a rond de jambe par terre, dai tour “in punte” tenuti per tempi lunghissimi (vi si può leggere un’eco dei Dervisci rotanti) ai déboulés fino alla stasi finali.

La figura tonda, il cerchio, che è armonia e figura mistica per eccellenza si dilata nell’incedere all’unisono del corpo di ballo e in alcuni movimenti circoscritti alle braccia mentre la verticalizzazione sulle punte che slancia i corpi in un grafismo stilizzato, gli angoli retti e spigolosi, le andature e i passi veloci, le linee oblique e striscianti disegnate sul pavimento sembrano richiamare a una vita convulsa e schizofrenica quale quella contemporanea.

Anche la musica diventa un unico suono prolungato che termina in crescendo e in cui la circolarità quasi rituale delle figure gestualmente tracciate, la composizione/scomposizione dei movimenti che nella loro reiterazione richiamano figurativamente il primitivismo pittorico di David Balliano, l’attraversamento rapido o lento, dritto o in diagonale, uniforme o scomposto del palcoscenico e, idealmente, dello spazio e del tempo riempiono di suggestioni poetiche la scena e lo spettatore, imponendo la rinuncia a cercare dei referenti precisi o speculativi, per un abbandono incondizionato ad assorbire ogni gesto nel tentativo di risvegliare la coscienza della vita che passa attraverso il corpo.

Una performance vigorosa e stilizzata pur su basi squisitamente classiche ma arricchita da modernità interpretativa e pulizia stilistica. Una creazione raffinata, che dimostra come la danza contemporanea possa raggiungere i vertici di quella classica.

 

[Immagine di copertina: foto di Angelo Maggio]

 

Per approfondire:

16.04.2021 – Roberta Leo, Alessandro Sciarroni, un outsider poetico
10.08.2018 – Pietro Perelli, Santarcangelo Festival, uno spazio di riflessione che si rinnova da quasi mezzo secolo
30.09.2017 – Renata Savo, Danza: a che punto siamo con la ricerca (di virtuosismi)?
19.07.2017 – Renata Savo, Dal 21 al 29 luglio torna il festival Drodesera: dai “live works” al SUPERCONTINENT, tra vocazione politica, attualità, scienza e “post-umano”



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