Cinema Il cine-occhio

Scary Stories to Tell in the Dark

Stefano Valva

Nel 1968 La notte dei morti viventi di George A. Romero fu un film epocale per il suo genere, in grado di aprire un nuovo metodo di visione all’interno di una futura e consolidata narrazione del post-umanesimo (nello stesso anno fu rivoluzionata anche la science fiction – parente distante, ma della stessa macro-famiglia degli zombie movie – con 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick) perché inseriva nel plot dei personaggi come gli zombie, che diverranno nel cinema e oggi con la serialità, dei pilastri del post-apocalittico.

E il 1968, è appunto l’anno nel quale è ambientato il film horror diretto da André Ovredal – tratto dalla serie di libri di Alvin Schwartz – che ha come produttore e soggettista Guillermo Del Toro, un autore sempre sensibile alla realizzazione di prodotti di tal genere.

Scary Stories to tell in the dark inizia proprio nel drive-in dove stanno proiettando il cult diretto da Romero, dove un gruppo di ragazzini si nasconde nella macchina di un ragazzo messicano per sfuggire ad una banda di bulli. Nella notte di Halloween del 1968 – mentre in America sono in corso le votazioni presidenziali che porteranno Richard Nixon alla casa bianca, chiudendo l’era progressista degli Anni ’60 kennediani – dopo essere fuggiti dal drive-in, i ragazzi vanno in una casa abbandonata di inizio novecento, la quale era una storica dimora di una famiglia benestante della cittadina dove è proprio ambientata la vicenda, ossia Mill Valley in Pennsylvania. Qui oltre a trovarsi in un contesto infestato, oscuro, e dalle misteriose presenze, ritroveranno anche un libro o meglio il diario di una certa Sarah Bellows, appartenente a tale famiglia ma rimossa da tutte le foto-ricordo e dai dipinti casalinghi.

Il libro comincerà a far apparire man mano proprio delle scary stories, che perseguiteranno nella realtà ognuno dei ragazzini che sono stati in casa per ucciderli. Starà a Stella (Zoe Colletti) e Ramon (Michael Garza) diventare i due detective, appassionati oltretutto di storie e cinema horror, per porre fine alla maledizione che sta colpendo le loro vite e quelle degli amichetti.

Scary Stories non si pone come semplice horror, pronto a far entrare in suspense, in paranoia e in agitazione lo spettatore, ma si inserisce volutamente in un contesto storico-politico particolare per l’America e che si fa ben sentire nel microcosmo delle vicende del gruppo di ragazzini. La concomitanza – utilizzando anche un interessante gioco dualistico di regia – dove da un lato iniziano le storie terrificanti che prendono vita e perseguitano i ragazzi, e la notte della vittoria delle elezioni di Nixon, non vengono inserite e/o intrecciate come semplici coincidenze, bensì per creare una metafora politica forte e chiara: l’inizio dell’era di Nixon è simile all’inizio di un’era del terrore, ossia quella del consolidamento della guerra del Vietnam e dello sradicamento delle classi sociali basse americane (in primis gli hippie), per formare una società del conformismo e del consumismo basato sulla borghesia, oltre che un rafforzamento della guerra fredda contro l’URSS, che già da anni aveva creato la paranoia su di un’altra guerra mondiale, ancor più distruttiva, anzi stavolta letale.

Poi ovviamente non manca la componente classica da horror: quella dei mostri putridi e striscianti, quelli degli scatti di montaggio scenico per far sobbalzare dalla sedia gli spettatori in sala, e quelli della forte suspense mentre i ragazzini cercano di sfuggire a delle storie che sembrano essere inevitabili, come nella serie cinematografica Final Destination, nella quale la morte perseguita i personaggi.

E a proposito di film di genere affine, la visione del gruppo di ragazzini che si uniscono e indagano in un contesto cittadino di provincia rurale, non può che ricordare prodotti cinematografici come IT e più lontanamente quelli seriali come Stranger Things, anche se per forza di cose le dinamiche sono strutturalmente differenti.

E quello che salta all’occhio è proprio quella maledizione che colpisce le zone più interne e agricole dell’America, che sono spesso macchiate di storie scandalose e di avvenimenti insensati. Lo sanno bene i fratelli Coen, che attraverso un violento realismo sociale, descrivono lo stile di vita e la mentalità da moderno far west di luoghi del genere; e di riflesso, prodotti come Scary Stories lo fanno attraverso un’atmosfera dark e delle storie dell’orrore – solo apparentemente – surreali.

Il film di Ovredal – che al botteghino non ha avuto un grandioso successo – diventa una buona sorpresa per lo spettatore; un film non semplicistico per il genere, dotato di elementi interni ed esterni al plot stesso, ed una regia basata costantemente sul campo-contro campo tra tutti gli elementi filmici: i personaggi, i mostri, la tv con la diretta delle elezioni ecc.

Nonostante ciò, la pellicola non riesce ad evitare di cadere in un limbo narrativo, che si deve ammettere, era difficile da evitare per via degli svariati elementi inseriti all’interno del minutaggio, e che né la regia e né la sceneggiatura riescono a gestire in toto. Perché nella seconda metà – oltre a presentare una componente moralistica consone alla narrazione creata – la pellicola si riduce ad un estremo semplicismo narrativo, che non si addice a buona parte della trama, e che abbassa nel complesso le ambizioni del prodotto. D’altronde, per un film che ai nastri di partenza non si presentava con imponenti aspettative, non ne consegue una critica totalmente negativa.

Nixon e Romero crearono (a modo loro e nei rispettivi campi) una nuova visione del terrore per gli Stati Uniti. Come Stella nel film scoprirà, la storia la scrivono i vincitori e spesso i bugiardi, sia nelle grandi vicende storiche, sia in quelle microcosmiche come quella della famiglia Bellows di Mill Valley. E il 1968 è stato un po’ l’anno zero, l’inizio di un nuovo capitolo, un diario apparentemente vuoto come quello di Sarah Bellows, dove scrivere delle nuove storie, per una nuova America.

Le Scary Stories diventano un espediente, per ricercare le Real Stories, sia su quello che la famiglia Bellows veramente ha fatto, a discapito della comunità cittadina, e di una dei familiari, e sia più in grande, su quello che l’America poteva essere, e su quello che – come lo spettatore odierno sa –  è diventata.


  • Diretto da: André Øvredal
  • Prodotto da: Guillermo Del Toro, Sean Daniel, Jason F. Brown, J. Miles Dale, Elizabeth Grave
  • Scritto da: Dan Hageman, Kevin Hageman, Guillermo del Toro, Patrick Melton, Marcus Dunstan
  • Tratto da: "Scary Stories To Tell In The Dark" di Alvin Schwartz
  • Protagonisti: Zoe Colletti, Michael Garza, Gabriel Rush, Austin Zajur, Natalie Ganzhorn, Austin Abrams, Dean Norris, Gil Bellows, Lorraine Toussaint
  • Musiche di: Marco Beltrami, Anna Drubich
  • Fotografia di: Roman Osin
  • Montato da: Patrick Larsgaard
  • Distribuito da: Lionsgate (USA), Notorious Pictures (Italia)
  • Casa di Produzione: CBS Films, Entertainment One, 1212 Entertainment, Double Dare You Productions, Sean Daniel Company
  • Data di uscita: 09/08/2019 (USA), 24/10/2019 (Italia)
  • Durata: 108 minuti
  • Paese: Stati Uniti, Canada
  • Lingua: Inglese
  • Budget: 25-28 milioni di dollari

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