Cinema Il cine-occhio

La ragazza del tempo

Stefano Valva

La meteoropatia è una condizione tanto surreale quanto concreta, poiché oggi è fermamente accettata dalla medicina come disturbo psico-fisico. Il dare per realistico tale fenomeno – oltre a confermare una magica connessione tra l’uomo e l’universo – traccia un assunto fondamentale: l’uomo è subordinato e condizionato dall’andamento atmosferico, quindi egli è in qualche modo succube dei repentini cambiamenti di madre natura, i quali ne influenzano principalmente gli sbalzi d’umore. Si, perché ciò non è altro che l’ambivalenza tra luce ed oscurità, soleggiato e piovoso, insomma positività e negatività.

Ne La ragazza del tempo – scritto e diretto dal regista giapponese Makoto Shinkai – è l’uomo, anzi una ragazzina a controllare il meteo; ella crea un vero e proprio lavoro da ordinare su internet, e viene denominata “sunshine girl”. Il coprotagonista del film anime è un ragazzo di nome Hodaka, il quale è fuggito di casa per andare nella capitale Tokyo ed inseguire un “american dream” in versione nipponica.

L’analisi sociologica della metropoli – riprendendo Simmel e Benjamin – vuole che sia anche lì difficile realizzarsi, per un giovane di belle speranze, proveniente da un contesto rurale; ed inizialmente Hodaka è un vagabondo alla ricerca di un’opportunità di lavoro, senza alcun sostegno familiare e/o amicale. Quando incontra Hina – la quale fa la cameriera in un McDonald’s – la sua vita cambia, ancor di più quando si rende conto che lei ha un misterioso potere. Un’occasione ghiotta – grazie all’utilizzo dei social – per pubblicizzarsi e per inventarsi un’occupazione redditizia, provando anche per la prima volta una relazione sentimentale.

Il film anime di Shinkai unisce dogmi del culto mistico giapponese con le peculiarità ambientali e sociali della Tokyo moderna, ossia della società tardo-capitalista. In una città perennemente piovosa (che ricorda l’iconografia di Blade Runner) richiedere una giornata o semplicemente un momento di sole può scatenare il miglior business che ci sia, dato che l’incredibile sfasamento delle stagioni, nell’epoca dello stravolgimento della natura a causa dell’inquinamento e del surriscaldamento globale, ha comportato per alcuni settori delle crisi economiche, e per svariate persone dei crolli psicologici.

Hina migliora, attraverso una delicata e profonda preghiera verso il cielo, il meteo (a differenza del protagonista di Interstellar di Christopher Nolan, il quale controlla invece la temporalità tra passato, presente e futuro, in una sorta di quinta dimensione), comportando non solo la salvezza professionale di alcuni – i quali sono direttamente condizionati nel lavoro dagli agenti atmosferici – ma anche la semplice felicità di altri, attraverso un gesto positivista che possa scacciare la piovosa primavera, alla quale i giapponesi non sono mai stati abituati. Se Hina può far tornare a vedere la fioritura dei ciliegi, tipica del luogo, allora il suo potere è il più bello di tutti, ed è più forte di ogni vicissitudine, perché inietta la speranza.

D’altronde, Shinkai si sofferma – ed è un mantra dell’evoluzione narrativa dell’opera – sul come il possedere una dote singolare, vada in netto contrasto con gli affetti. Quando si fa del bene nella società, inevitabilmente si compie un sacrificio, che va a discapito di sé stessi, ossia della sfera personale. Hina è costretta a mettere da parte le relazioni, anzi la relazione, pur di sacrificarsi psicologicamente e fisicamente per un bene superiore, per mutare la moralità e la condizione dei cittadini, per ridare le stagioni più affascinanti al Giappone.

Di riflesso, il regista sottolinea dei protagonisti – archetipi delle nuove generazioni – due aspetti in particolare: la determinazione, dovuta al fatto che ad ogni costo essi non vogliono abbandonare gli affetti, cercando affannosamente un equilibrio tra il potere e l’amore, tra le sorti dell’universo e quelle individuali. Su ciò, La ragazza del tempo è ancor più vicino al positivismo sulla potenza metafisica dell’amore tra umani del citato Interstellar, quindi si allontana dal negativismo di opere come Her di Spike Jonze, nelle quali ci si sottomette al contesto, per poi esprimere un sentimentalismo (ormai) solo con le macchine. Poi la forza, che sorprende ancor di più in giovane età, in un contesto ove la famiglia – almeno quella tradizionale – sembra non esistere. I protagonisti sono degli inetti solitari, che soltanto dentro di loro e attraverso il rapporto tra essi, devono ricercare la forza emotiva per affrontare i faticosi processi esistenziali. La figura degli adulti è completamente annichilita da Shinkai dalla sua storica presenza, tal volta ingombrante per i giovanissimi. E se nel film ci sono lo stesso i grandi, essi agiscono come amici, come consiglieri, come semplice supporto, e mai come linee guida in stile genitoriale.

Sacrificio allora è un termine che per lo spettatore riecheggia in ogni parte del minutaggio, eppure se esso è strettamente collegabile alla figura dell’eroe, oggi tale personaggio è completamente mutato, se non scomparso. Se l’amore trascende il tempo e lo spazio, allora non si può chiedere a nessuno di rinunciarci, seppur per causa di forza maggiore. Forse la soluzione al dilemma, è che l’uomo in primis con l’umore e le azioni quotidiane, possa cambiare la condizione naturale e sociale del mondo, senza che avverti il bisogno di richiedere ad un eroe contemporaneo (che sia simile a quello mitologico), di sfoggiare una bacchetta magica, e così risolvere i problemi dell’umanità post-moderna. Il sacrificio non è più sulle spalle, anzi in tal caso sulle mani giunte di una persona, o meglio di una minorenne; deve essere un sacrificio collettivo, ove ogni comunità di esseri umani deve unirsi, per contrastare le grandi calamità del nuovo millennio, che non sono solamente frutto di processi ecologici, ma anche di rivoluzioni meccaniche ed industriali, che lo stesso uomo ha istituito sulla terra.

La ragazza del tempo è un film che fa sognare, riflettere, che è surreale ed esistenzialista, malinconico e speranzoso, sociologico e fantasioso, che inconsapevolmente è anche un grido politico, sulle dinamiche preoccupanti della società odierna, sia culturali, sia di vivibilità. Più di ogni altra cosa, è una pellicola sensibile e sfumata sull’amore (quello proveniente dal romanticismo), sulla prerogativa – snaturando così le logiche consumistiche e feticistiche – che siano i rapporti umani a dare (almeno) degli sprazzi di felicità, e debbono essere come un pilastro dal quale è impossibile distaccarsi. Hina e Hodaka mostrano senza filtri una visione tanto idilliaca quanto possibile: se si dà priorità agli affetti, si darà valore alla vita (la logica del senso, cara a Deleuze), e si darà per osmosi importanza a chi e a cosa c’è intorno a noi. Un sottile e complicato equilibrio, che ha l’aria di essere un compromesso, stavolta non tra le persone – come esplicato da Il filo nascosto di P.T. Anderson – bensì nel rapporto tra l’uomo e il cosmo.


  • Diretto da: Makoto Shinkai
  • Prodotto da: Wakana Okamura, Kinue Itō
  • Scritto da: Makoto Shinkai
  • Protagonisti: Kotaro Daigo, Nana Mori
  • Musiche di: Radwimps
  • Fotografia di: Ryōsuke Tsuda
  • Montato da: Makoto Shinkai
  • Distribuito da: Toho (USA), Nexo Digital (Italia)
  • Casa di Produzione: CoMix Wave Films, Story Inc.
  • Data di uscita: 19/07/2019 (Giappone), 14/10/2019 (Italia)
  • Durata: 112 minuti
  • Paese: Giappone
  • Lingua: Giapponese

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