Cinema

Richard Jewell // Focus

Franco Cappuccio

In Richard Jewell, Clint Eastwood mette in scena l’esplosione al Centennial Park durante le Olimpiadi estive del 1996 ad Atlanta con un impatto che fa stridere i denti. La sequenza contiene alcune delle migliori doti registiche di Eastwood: ci fa immergere nell’atmosfera da picnic di massa di un concerto pop/rock sotto le stelle mentre una guardia di sicurezza privata estremamente vigile, Richard Jewell, nota uno zaino sospetto sotto una panchina vicino alla torre del suono e delle luci del parco. Mentre Jewell ferma i poliziotti per investigare l’apparecchio, finiamo catturati dai suoi tentativi ostinati di applicare il protocollo e salvare vite, che siano avvertendo e poi evacuando la torre (in due momenti diversi) oppure aiutando i poliziotti a creare un perimetro attorno al “pacco sospetto”. Come nelle parti migliori di Sully, Eastwood cattura la tensione a fior di pelle di professionisti che eseguono lavori critici sotto stress mortale, come l’agente dell’ATF che impallidisce, si blocca e lascia cadere la sua torcia dopo aver dato un’occhiata con cautela all’interno dello zaino e aver visto l’attrezzatura minacciosa della bomba (l’attore Brian Brightman interpreta magistralmente quel momento paralizzante). Eastwood e il suo montatore di lungo corso, Joel Cox, hanno raramente montato così bene quanto in questa sequenza. Tessono all’interno del film dettagli preoccupanti, come la minaccia al 911 del bombarolo di un’esplosione nel giro di 30 minuti, e l’unità di sicurezza a 20 minuti di distanza. Tagliano tra le ignare persone che partecipano al concerto e gli agenti disperati fin quando l’ordigno detona con una violenza che ci fa sobbalzare sulle sedie.

Ma l’artista che porta a casa la sequenza – e che mantiene il film dal collassare nella mediocrità ruffiana dopo che peggiora nelle caricature anti-FBI e anti media – è Paul Walter Hauser, che interpreta Jewell. Hauser è così devoto al cocciuto senso di verità e di dovere del suo personaggio che vediamo come quest’uomo trasandato in basso alla gerarchia della squadra di sicurezza comandi rispetto assoluto dai suoi slanciati colleghi più in alto di lui. Sembra dare sui nervi ai suoi colleghi compiaciuti della sicurezza per spingerli all’azione con i gesti ondeggianti delle sue mani. Diventa tragico o tragicomico, non patetico, quando la sua fede nella giustizia americana non permette di fargli vedere che l’FBI vuole scaricare l’atrocità terrorista su di lui.

Le solide prime sezioni della sceneggiatura di Billy Ray dipingono abilmente la carriera precaria di Jewell. Da impiegato nell’ufficio di Atlanta della U.S. Small Business Administration, incontra il suo futuro avvocato, Watson Bryant (Sam Rockwell). Affascina il legale con la sua abilità di anticipare ogni suo bisogno, dal nastro adesivo agli Snickers, così come la sua abilità nei videogiochi arcade (Bryant soprannomina Jewell “Radar” dall’estremamente innocente personaggio interpretato da Gary Burghoff in M*A*S*H). Più tardi, da poliziotto per il Piedmont College, l’approccio senza sconti di Jewell alla politica scolastica del no alcool, e la sua decisione di fermare i guidatori fuori dal campus, dove non ha giurisdizione, gli mettono contro sia gli studenti che il presidente del college W. Ray Cleer (Charles Green). Pochi mesi dopo che Jewell si licenzia sotto pressioni del Piedmont, Cleere fa una telefonata all’FBI che aiuta a catalizzare la transizione di Jewell all’occhio dell’opinione pubblica da eroe a cattivo.

Nel momento in cui il nostro eroe prende un lavoro nella sicurezza al padiglione olimpico della AT&T, Hauser ci fa sapere che Jewell sa che un uomo 33enne, single, grasso, che vive con sua madre Bobi (Kathy Bates), viene visto come un perdente agli occhi del mondo esterno. Prima di sistemarsi per il suo turno del 26 Luglio, si lamenta del modesto appartamento dove sua madre è finita con suo figlio. Sul lavoro, tuttavia, è completamente dedito ad esso. Mentalmente sveglio – in grado di misurare l’urgenza della crisi prima di chiunque altro – si muove come un carro armato umano, usando la sua stazza per spingere via le folle o per occuparsi dei caduti.

Per la gran parte del film, si muove in maniera militaresca attraverso uno stordimento portato dagli strascichi celebratori e infamatori. Tre giorni dopo l’esplosione, l’Atlanta Journal-Constitution lo identifica come l’obiettivo delle investigazioni dell’FBI. I profilatori dell’FBI e i commentatori dei media usano allo stesso modo l’amore ossessivo di Jewell per le forze dell’ordine, e la sua carriera discontinua, per teorizzare che egli possa aver messo la bomba in modo da poterla scoprire e divenire un “eroe”. Tuttavia, Jewell non riesce a resistere dal cooperare con l’FBI anche dopo che gli agenti cercano di raggirarlo nell’autoincriminazione.

Hauser dipinge Jewell come un’astuta montagna d’uomo che è anche un ingenuo senza speranza. Mentre i giornalisti sciamano di fronte al loro appartamento, Bobi si lamenta che l’FBI ha portato con sé tutto il suo Tupperware e le sue “cassette per il babysitting” – film della Disney. Con atroce pazienza, Jewell le dice che il bombarolo ha usato il Tupperware per reggere i chiodi, e che la sua collezione di VHS potrebbe nascondere un manifesto d’intenti. Bobi lo rimprovera di “difendere” i suoi antagonisti, ma Richard non è d’accordo: sta solo “spiegando”.  La Bates lavora sullo sdegno e l’emozione per creare una madre indignata che si fa strada attraverso l’offuscamento del governo. Bobi isola quella che dovrebbe essere la questione centrale: “Che cosa ha a che fare questo con te?” D’altro canto, il comando di Hauser della psicologia e dei riflessi non convenzionali di Jewell, e lo sveglio ritratto di Rockwell di un avvocato combattivo e irriverente, ci permettono di vivere il film come una bizzarra situazione da black comedy (un commentatore della CNN paragonò la brutta situazione di Jewell ad Atlanta a “Kafka a Praga”). Con le sue pungenti espressioni facciali, Nina Arlanda, nella parte dell’assistente di origini russe di Bryant, aggiunge da parte sua un tocco di comicità slava. La relazione connessa tra Jewell e il suo team suggerisce la forza dell’approccio casuale di Eastwood con gli attori: quando gli attori afferrano appieno il loro personaggi, si toglie di mezzo dal loro cammino.

Ma le limitazioni di Eastwood affondano quasi il film. Si tratta di un filmmaker incostante che tiene un occhio sullo spirito del tempo e che è uno sfacciato sentimentalista verso gli uomini bianchi danneggiati. Non sorprende, nel clima di oggi, che i suoi ritratti dei giornalisti e degli agenti dell’FBI sono traballanti, beffardi e ingannevoli. Eastwood commette numerosi peccati contro la figura di Kathy Scruggs (Olivia Wilde), la scriba dell’Atlanta Journal-Constitution che, insieme al suo collega d’ufficio, Ron Martz, fece uscire la storia che l’FBI aveva messo nel mirino Jewell. La vilificazione di Eastwood della Scruggs va oltre l’episodio romanzato del suo barattare sesso per delle informazioni con l’agente capo dell’FBI sul caso, un personaggio composito chiamato Shaw (Jon Hamm). Dal momento in cui carambola nella redazione dell’AJC, schernendo le silenziose colleghe femminili con la sua spacconaggine da prima pagina e mormorando che di doversi rifare le “tette” per competere con i giornalisti tv, è meno un mostro sacro quanto un personaggio triste, disperato (la battuta delle “tette” peraltro è particolarmente pessima: la vera Scruggs si è sottoposta ad un intervento di riduzione del seno per alleviare i suoi mal di schiena cronici).

Nel solitamente eccellente profilo di Marie Brenner su Vanity Fair, “La ballata di Richard Jewell”, la fonte primaria per la sceneggiatura di Ray, la Brenner critica la troppa fretta e l’esilità del racconto iniziale della Scruggs, allo stesso tempo riconoscendola come una giornalista “dura” che lavorava in maniera aggressiva i suoi contatti. La Brenner non la eviscera. Nota che la Scruggs andò nell’ufficio di Bryant “per chiarire un equivoco” su un errore di citazione significativo e sfortunato; dopo che l’avvocato disse “Non mi piace il tuo modo di fare reportage” lei rispose “Sono umana anche io” (nel film, Bryant le tende un imboscata nella redazione dell’AJC). Più importante, nelle 22 pagine, la Brenner fornisce il contesto giornalistico da pentola a pressione che questo film di due ore ignora o elide. La Brenner tratteggia un giornale in una crisi d’identità senza fine dalla dimissione forzata dell’editore Bill Kovach otto anni prima. Spiega che gli editori dell’AJC ordinarono ai giornalisti di “raccontare storie difficili in un linguaggio succinto”, con una voce assertiva. Lo stile giornalistico dell’AJC nelle frasi dichiarative aveva anche un nome: la voce di Dio. “Era onnisciente”, osserva la Brenner, “perché permetteva che non ci fossero riferimenti alle fonti non attribuite”. Per cui quando la Scruggs e Martz scrivono che Jewell “calza nel profilo del bombarolo solitario”, senza identificare in alcun modo i profilatori, sembra che abbia l’autorità delle Sacre Scritture.

Il nuovo libro saggistico Il caso Richard Jewell, co-scritto da Kent Alexander, l’ex procuratore federale del distretto nord della Georgia che era stato incaricato di risolvere il caso di Jewell, e da Kevin Salwen, che era in carica della sezione sud-est del Wall Street Journal, fa notare che la chiacchierata salace e rumorosa e l’atteggiamento estremamente zelante della Scruggs la faceva apparire agli occhi dei suoi fans come “un delizioso ritorno alla guerra dei giornali degli anni ‘30”. La Wilde può essersi battuta per quell’effetto vintage nella sua performance – probabilmente vedeva la Scruggs come una versione aggiornata e meno aggrovigliata di Rosalind Russell ne La signora del venerdì. Ma Eastwood lascia che la Wilde scopra un arto, per tagliarglielo alle sue spalle. Nulla nel film la supporta. Quando i colleghi della Scruggs la applaudono per il suo scoop, l’applauso sembra di circostanza.

La Scruggs cade nel solito clichè del film impuro. Questa opportunista dal carattere forte viene riscossa dalle sue certezze e alla fine versa lacrime mentre ascolta la madre di Jewell parlare per suo figlio. La vera Scruggs reindirizzò le sue energie nel raccontare la caccia al vero bombarolo e resistette agli ordini della corte di rivelare le sue fonti. Ma lo stress della causa di diffamazione di Jewell contro l’AJC e il dolore fisico costante la logorarono. Morì a 42 anni. La causa della morte fu “tossicità acuta dovuta alla morfina”. Jewell, un diabetico, morì anche lui giovane, a 44 anni, per un attacco di cuore. Il legale della diffamazione di Jewell abbandonò la causa contro l’AJC nel 2012, dopo che la Corte Suprema della Georgia accettò una decisione più sottotono della corte che stabiliva che “gli articoli nella loro interezza erano sostanzialmente veri al tempo in cui furono stati scritti… anche se le supposizioni degli investigatori si rivelarono alla fine infondate”.

Eastwood e Ray non contornano mai le mosse e le contromosse dietro la difesa di Jewell da parte di Bryant, che incluse ingaggiare altri avvocati. Nel film, Jewell vince semplicemente il duello con i media grazie ad un grande assist della madre. Il film verte sul diventare una fiaba libertaria. Un poster nell’ufficio di Bryant afferma di temere il governo più del terrorismo. Jewell impara a diffidare dell’autorità. E l’FBI appare essere un covo di serpi. Ha mai Eastwood diretto una performance da cattivo più debole dell’agente Shaw di Hamm? Hamm emana poco più che un alito cattivo. Non riesce a farci comprendere alcuna ragione per giustificare l’incrollabile convinzione di Shaw della colpevolezza di Jewell (è un sollievo vedere Hamm portare intelligenza e attacco all’elusivo e sgusciante ruolo del Capo di Stato di Obama, Denis McDonough, in The Report di Scott Z. Burns).

Quello che mantiene Richard Jewell dall’essere niente più che un lungo sermone è la performance ispirata di Hauser e le vibrazioni che mette in moto nella Bates, in Rockwell e nella Arianda. Al culmine dell’isteria anti Jewell, Jay Leno disse che Jewell aveva “una spaventosa rassomiglianza col tipo che fece a pezzi Nancy Kerrigan” e chiese, “Cosa fanno i Giochi Olimpici per far uscire allo scoperto tutti i tipi grassi e stupidi?”. Due anni fa, nel turbolento e cartoonesco Tonya, Hauser ha davvero interpretato la guardia del corpo di Tonya Harding, Shawn Eckhardt. In Richard Jewell, Hauser propone una performance così empatica ed entusiastica da poter far liberare il mondo delle battute squallide sugli uomini grossi da parte di comici superficiali.


  • Diretto da: Clint Eastwood
  • Prodotto da: Tim Moore, Jessica Meier, Kevin Misher, Leonardo DiCaprio, Jennifer Davisson, Jonah Hill, Clint Eastwood
  • Scritto da: Billy Ray
  • Tratto da: "American Nightmare: The Ballad of Richard Jewell" di Marie Brenner
  • Protagonisti: Sam Rockwell, Kathy Bates, Jon Hamm, Olivia Wilde, Paul Walter Hauser
  • Musiche di: Arturo Sandoval
  • Fotografia di: Yves Bélanger
  • Montato da: Joel Cox
  • Distribuito da: Warner Bros Pictures
  • Casa di Produzione: Malpaso Productions, Appian Way Productions, Misher Films, 75 Year Plan Productions
  • Data di uscita: 20/11/2019 (AFI Fest), 13/12/2019 (USA), 16/01/2020 (Italia)
  • Durata: 129 minuti
  • Paese: Stati Uniti
  • Lingua: Inglese
  • Budget: 45 milioni di dollari

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