Musica

Melampus – Ode Road

Gianpaolo Giordano

Se al primo ascolto può apparire enigmatico, non è difficile intuire che a sorreggere i leggerissimi 34 minuti di Ode Road ci sono dei veri ossi duri.

Ciò che sorprende dei Melampus prima (ma anche dopo) l’ascolto di Ode Road è la loro crescita precoce: nato a settembre del 2011, il duo bolognese composto da Francesca “Billy” Pizzo e Angelo “Gelo” Casarrubia (già batterista dei Buzz Aldrin) riesce nel giro di un anno non solo ad autoprodursi una acclamatissima demo e a presentarla in tour in Italia e in Europa, ma anche a registrare il primo full-lenght, disponibile dal 22 ottobre. L’incessante attività dei Melampus, a differenza di quanto si possa aspettare, ha come risultato un lavoro coerente, maturo e privo di quelle sbavature che solitamente impediscono alle band emergenti di raggiungere una posizione degna di nota nella scena indipendente italiana.

Il nome del progetto, che suscita la curiosità di molti, ha origine nel mito classico di Melampo, primo essere umano dai poteri divini guaritori. Dopo tutto, il ruolo centrale del timbro vocalico grave all’interno della struttura delle canzoni è molto vicino al tema musicale religioso. Nella prima traccia, Freedom day, il bagliore dei lampi, aperti dai cupi accordi di chitarra, scompare allo stacco improvviso del tuono-grancassa. L’attitudine minimale non ha bisogno dell’elettronica, penetra qui in un frangente ancora illibato, ovvero il rock classico, o almeno quello reinterpretato dai nostalgici artisti dell’ultimo decennio (le chitarre sporche dei BRMC e VV dei The Kills). Il rimando agli anni Ottanta è evidente in The Fall dove Gelo alza i bpm caricando i primi due minuti di un inatteso post-punk, parentesi che risveglia dall’ipnosi provocata dalla sensuale cantilena di The Path (che ricorda i Low di I could live in hope). Le tracce a seguire riprendono i tempi lenti della prima parte del disco, distinguendosi per aggressività (la struggente Thirst già presente in Melampus Ep), e per malinconica vacuità (le voci in reverse di una fin troppo estesa Double Room). Insieme alla traccia d’apertura, Dots e Walk with me sono le piccole perle di Ode Road: nella prima un giro di batteria particolarmente articolato accompagna pochi accordi di synth smorzati dagli attacchi di una singhiozzante chitarra, mentre nella seconda il loop vocalico riverberato occupa il silenzio nell’apoteosi di una regnante atmosfera dark.

Se al primo ascolto può apparire enigmatico, non è difficile intuire che a sorreggere i leggerissimi 34 minuti di Ode Road ci sono dei veri ossi duri. Il progetto Melampus, come affermano gli stessi componenti, è frutto di affinità a posteriori, grazie al quale possono rivelare al pubblico un’insolita forza coesiva. Nonostante ciò, si tratta di un legame talmente stretto che potrebbe condannare la band a restare nella cornice di un ottimo album d’esordio e precluderle le buone potenzialità evolutive che si intuiscono al suo ascolto. Ma sia l’esperienza che il forte carattere dei due musicisti ci assicura che non c’è niente da temere.



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