Arti Performative

Luca Saccoia // “Natale in Casa Cupiello: spettacolo per attore cum figuris”

Simone Sormani

Ogni singola battuta di Natale in casa Cupiello è parte del patrimonio collettivo di intere generazioni, di un rito che si ripete ogni anno: quasi proustianamente, si evocano la bellezza e la dolcezza di uno spirito del Natale ormai perduto. L’opera di Eduardo De Filippo è stata spesso oggetto di rivisitazioni coraggiose, si pensi a quelle di Antonio Latella o di Fausto Russo Alesi, segno evidente che ci troviamo davanti a un testo destinato a vivere oltre i confini della tradizione e a offrire suggestioni sempre nuove. Del resto fu lo stesso Eduardo a volerlo permeabile ai cambiamenti, a partire dalla struttura. Per cui, dopo la stesura in atto unico del 1931, vi innestò successivamente gli altri due, il primo e il terzo. Natale in casa Cupiello si adatta così ai tempi, rimanendo però fedele a sé stesso e al suo umorismo tragicomico, raccontando il dissolversi dell’unità familiare attorno al desco natalizio.

Anche stavolta, andando a vedere al Teatro delle Arti di Salerno lo scorso 13 gennaio (dopo il successo al Piccolo Bellini di Napoli) Natale in casa Cupiello: spettacolo per attore cum figuris, ideato da Vincenzo Ambrosino e Luca Saccoia e prodotto da Interno 5 e Teatri Associati di Napoli con il sostegno della Fondazione De Filippo e del Teatro Augusteo per la regia di Lello Serao, si ha la sensazione di aver assistito a qualcosa di incredibilmente innovativo, oltre che di irresistibilmente magico.

Foto di Anna Camerlingo

A incarnare questa volta la grande magia eduardiana sono marionette di stoffa e legno, capolavori di artigianato realizzati da Tiziano Fario a cui Saccoia, in scena con loro, dà voce e vita, come un Mangiafuoco buono. Saccoia interpreta una molteplicità di voci con una recitazione dai ritmi serrati e mai eccessiva, di testa e di cuore, capace di passare dal comico al grottesco al drammatico. È sia Tommasino, il motore che muove tutti gli ingranaggi della messa in scena, perché è attraverso il suo ricordo che rivive tutta la storia della famiglia Cupiello, sia Lucariello che, di fronte all’incapacità di dialogare con la sua famiglia, si rifugia nel mondo inanimato dei pastori del presepe, che diventano i suoi amici. In questa fusione/sdoppiamento tra le due figure risiede il senso dell’operazione: Tommasino, giunto alla fine di un percorso di maturazione dopo un “sì” convinto alla domanda di Lucariello al termine del terzo atto, come in un sogno si rivede in suo padre, ricorda la madre Concetta, i litigi con lo zio Pasqualino, e poi la sorella Ninuccia con il marito Nicolino e l’amante Vittorio Elia, e ci gioca con l’innocenza di un bambino e la consapevolezza di un adulto che ha subìto una metamorfosi. Una nuova nascita che è, poi, ciò che il presepe in sé rappresenta e racconta.

L’integrazione tra attore e marionette diverte e incanta, merito anche dell’abilità dei giovani manovratori formati e guidati dalla storica guarattellara napoletana Irene Vecchia e della regia di Lello Serao, fedele al testo di Eduardo senza rinunciare a quella dimensione giocosa e fanciullesca del teatro dei pupi, ma anche della scenografia composta, nel primo atto, da un fondale colorato su cui sono impressi tutti gli elementi simbolici di questa commedia (un cappotto, una banconota da cinque lire, una lettera, una tazza e così via), che vanno ad illuminarsi a seconda dei personaggi in scena. Spazi fortemente metafisici e metaforici, invece, quelli del secondo e del terzo atto, con ombre proiettate, sagome e teste di pastori sparse qua e là: il presepe di Lucariello che piano piano si disgrega di fronte alla realtà.

E così disgregati ci sentiamo noi quando, infine, vediamo la marionetta di Lucariello salire al cielo dal letto di morte tra le braccia di una statua di un angelo calata dall’alto, e assistita nella sua lenta agonia da tutte le altre marionette e dai manovratori. Mentre le risate si stemperano in un cupo silenzio, si compie la fine del mondo di Luca Cupiello. Al figlio Tommasino spetta il compito di costruirne uno nuovo, fatto di sogni, emozioni e fragili illusioni, affinché il gioco della vita possa continuare.

 

[Immagine di copertina: foto di Anna Camerlingo]



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