Libri

Da libreria a casa editrice: intervista a Tamu – Libreria del Medio Oriente, Nord Africa ed altri Sud

Maria Ponticelli

Nel centro storico di Napoli, da un paio d’anni circa, c’è Tamu – libreria del Medio Oriente, Nord Africa ed altri sud. La libreria è un progetto di Cecilia e Fabiano, due giovani con un background in studi politici e letteratura. Tamu è anche un luogo di incontri, una piazza di uno dei tanti sud del mondo, dov’è possibile riflettere sulle dinamiche legate alla contemporaneità: migrazioni, postcolonialismo, questioni di genere, razzismo e molti altri temi che attraversano e accomunano i contesti sociali raccontati dalle pubblicazioni che essa propone. Da pochi giorni Tamu è anche casa editrice, e in questa avventura ci sono anche Carmine e Valeria. In quanto edizioni, Tamu si propone di perseguire una sfida divulgativa: portare il pubblico dei lettori a riconoscersi nei libri e a partecipare consapevolmente al dibattito culturale contemporaneo. Ne parliamo con Fabiano e Carmine.

Come valutate, a distanza di due anni, la risposta del territorio rispetto alla vostra iniziativa?

Penso sia stata accolta in maniera molto positiva: abbiamo raccolto su più fronti richieste di collaborazione che hanno portato a risultati positivi. Penso alle iniziative con l’Università L’Orientale, una istituzione nell’ambito dello studio e dell’incontro tra le culture del Mediterraneo e del sud in generale, che spesso ci ha messo in contatto con scrittori e scrittrici invitati presso l’ateneo, offrendo anche a noi la possibilità di ospitarli in un ambiente più informale rispetto a quello accademico, capace pertanto di agganciare un pubblico fatto quasi prettamente di giovani. Altro punto di contatto col territorio è stato la Rete delle librerie indipendenti, nata dall’incontro avvenuto nell’autunno/inverno scorso tra noi e altre tre librerie del centro storico, insieme alle quali condividiamo una sorta di spirito comune nel fare questo lavoro e cioè nel farlo in maniera indipendente, con una nostra autonomia di scelta rispetto a ciò che proponiamo. Siamo tutte realtà molto piccole, noi siamo gli ultimi arrivati in termini cronologici e ci siamo uniti a loro in una iniziativa di incontri letterari che avrebbe dovuto aver luogo ad Aprile, ma che per ovvie ragioni è stata posticipata; così ci siamo ritrovati ad ospitare scrittori e presentazioni all’aperto, in piazza del Gesù.  Ecco, ci siamo sentiti accolti anche da loro, a dispetto del fatto che il mercato delle librerie indipendenti ci vorrebbe in competizione, ma loro ci hanno riconosciuti come una realtà innovativa qui sul territorio.

La proposta culturale della libreria comprende anche incontri con autori ed esperti conoscitori di particolari tematiche o di aree geografiche; essi offrono uno spaccato di “mondi” che viene molto spesso sacrificato ad una visione viziata da una cattiva informazione: quale tipo di pubblico pensate di aver attratto attraverso le vostre iniziative? Ritenete che in questi due anni vi si siano affacciate anche persone lontane dal racconto di particolari temi e scenari?

È innegabile che la libreria attragga prevalentemente un pubblico di persone curiose rispetto a fatti che riguardano un ambito più esteso di quello locale o nazionale, ci sono infatti tanti studenti, ed anche docenti, che varcano la soglia della libreria. Posso dire però che durante gli incontri capita quasi sempre che vi partecipi una persona che non sa nulla rispetto al tema di cui si parla e che di conseguenza porge una domanda da non iniziato; ecco, ritengo che quella sia un’occasione di ampliamento della platea e di formazione. Nel frattempo tentiamo di agganciare un pubblico anche più vasto provando ad avvicinarlo a contesti geografici lontani attraverso la scelta di particolari tematiche, e nel farlo ci rendiamo conto che l’identità originaria di “libreria del mondo arabo o del Medio Oriente” si sta progressivamente sfaldando a favore di un attraversamento di nuovi confini che arrivano fino in Sud America o all’Africa non araba, ad esempio, e in ogni caso in territori che appartengono al mondo post-coloniale. Riteniamo che il criterio geografico abbia un potenziale rischio di esotizzazione e di idealizzazione, per cui creare contenitori dell’Africa o del mondo arabo sarebbe proporre una narrazione statica della realtà contemporanea, noi invece abbiamo preferito puntare su questioni che non conoscono confini, facendo riferimento a temi come l’emergenza ambientale, per dirne una, problema innegabilmente legato a tutte le società; in questo senso direi che è tutto molto più vicino di quanto noi immaginiamo.

Pensate che un luogo come Tamu possa, in qualche modo, aiutare a parlare di particolari tematiche che in determinati contesti geografici non trovano spazio d’ascolto o che vengono addirittura censurate dal sistema culturale o da regimi autoritari?

In qualche modo credo di si. Lo scorso anno, ad esempio, ci è capitato di ospitare la scrittrice indonesiana Feby Indirani che aveva pubblicato una serie di racconti intitolati “Non è mica la vergine Maria” in cui, in maniera delicata ed a mio parere intelligente, fa una satira velata della religione musulmana così com’è vissuta all’interno della comunità islamica indonesiana. Questo libro è stato pubblicato in inglese e la sua circolazione è stata da subito diretta verso il mercato estero, dal momento che la stessa casa editrice ha ritenuto di non pubblicarlo in Indonesia nella sua versione integrale. Altre volte siamo riusciti ad intercettare degli scrittori o degli esperti che potessero intervenire nell’esatto momento in cui stava succedendo qualcosa fuori dall’Italia. All’inizio del 2019, durante l’ultima crisi del governo in Algeria e contemporaneamente alle manifestazioni in corso nel Paese,abbiamo ospitato Samir Tumi, uno scrittore algerino che nel suo ultimo romanzo descrive il fallimento della propria generazione succeduta a quella dei combattenti che hanno conquistato l’indipendenza dalla Francia. È  stato molto interessante ascoltare questo racconto alla luce delle manifestazioni che hanno impedito la ricandidatura del  presidente uscente. Lo stesso Tumi che aveva posizioni critiche verso il regime e riponeva le sue speranze nei giovani protestanti, ha potuto liberamente raccontarsi qui: è stato un privilegio poter ottenere informazioni così dirette ed autentiche. E ancora, un altro esempio valido è l’incontro avvenuto alla fine dello stesso anno con un archeologo e attivista dei diritti umani iracheno che, contattato da una scrittice e traduttrice arabista che conosceva la nostra libreria, è venuto a raccontarci delle manifestazioni contro il regime governativo accusato di corruzione. Il presidio dei manifestanti in quei giorni era Piazza Tahrir, una sorta di zona franca omonima di quella egiziana della “primavera araba”, ed in tale occasione, attraverso una video-chiamata con Bagdad proiettata al pubblico intervenuto, abbiamo fatto un giro intorno alla zona della piazza il che ci ha permesso di percepire il clima di quel preciso momento storico in Iraq. Tutto ciò è possibile grazie ad una rete di persone che si sono affezionate al progetto culturale che stiamo portando avanti e che ci permette di mettere in luce, nel piccolo di questa libreria, delle occasioni che altrimenti non ci sarebbero. L’ultimo esempio che potrei portare per rispondere alla domanda è questo murales che si trova di fronte alla libreria (indica l’esterno), è un graffito della giovanissima fumettista marocchina Zainab el-Fasiki che ha pubblicato, per una casa editrice francese, un fumetto di educazione alla sessualità in riferimento al contesto marocchino, un contesto in cui parlare di sessualità anche a livello puramente didattico non è certamente cosa ordinaria. Tramite il contatto di una docente de “l’Orientale”, l’artista è venuta a trovarci ed ha tenuto un incontro che ha richiamato tantissime persone, erano presenti infatti ragazzi molto giovani, studenti e studentesse universitarie probabilmente di origini magrebine o comunque con un background familiare arabo, e credo che anche in quella occasione le persone intervenute fossero interessate soprattutto ad un argomento ascrivibile a questioni di genere, piuttosto che al contesto geografico del Marocco. Ecco, immaginiamo che in Marocco un incontro del genere possa andare incontro ad una certa diffidenza culturale determinata da una società ancora troppo lontana dalla trattazione di certi argomenti.

Da pochi giorni Tamu non è più soltanto una libreria in cui avvengono incontri ma è anche una casa editrice: come orientate la scelta di ciò che proponete nelle vostre pubblicazioni?

Nel progetto della casa editrice ci sono anche Carmine e Valeria. Carmine è stato allievo di Ian Chambers, docente di sociologia dei processi culturali a“L’Orientale”, Valeria invece ha una formazione da arabista e, proprio per il tipo di formazione, quello con loro è stato uno degli incontri più significativi, per tornare alla tua prima domanda. Insieme quindi stiamo lavorando al progetto della casa editrice.

(Ne discutiamo quindi con Carmine)

Prima di parlare della nascita della casa editrice bisogna dire che la libreria che Fabiano e Cecilia hanno aperto è stato per me il punto di approdo di studi e sensibilità, sia culturali che artistiche, che a Napoli non avevano mai trovato un luogo adeguato, e di cui si sentiva un certo bisogno: da questo punto di vista la nascita di Tamu Edizioni è stata una conseguenza quasi naturale. Personalmente desideravo che ciò che avevo studiato potesse uscire dall’ambito accademico perseguendo la sfida di arrivare ad un pubblico che riuscisse a riconoscersi nei libri che pubblichiamo. Per quanto riguarda le scelte editoriali abbiamo deciso di condividere le decisioni, che normalmente sono in capo alla direzione editoriale, tra di noi e con soggetti culturali e politici esterni, a seconda dei temi su cui si vengono di volta in volta a creare esigenze di discussione. Ci sono quindi libri che abbiamo scelto internamente di pubblicare, o ripubblicare, ed altri che sono nati da stimoli comuni. Uno di questi, ad esempio, nasce da una co-edizione con una casa editrice di Berlino con cui abbiamo immaginato un’intera collana dedicata alla blackness, termine che indica il filone dei cosiddetti “studi neri” che si stanno lentamente affermando anche in Italia e di cui abbiamo intenzione di discutere avvalendoci dell’ausilio di altri soggetti che sono già coinvolti nella narrazione di certe realtà. Ci sono poi altri percorsi tematici, come il femminismo o la questione ecologica, che in Italia sono convogliati da movimenti politici da cui arrivano stimoli interessanti; se c’è quindi la possibilità di discuterne con gli attori coinvolti in questi processi lo facciamo molto volentieri. Lasciamo,in altre parole, che tali realtà attraversino il nostro progetto editoriale, per cui non è raro che in maniera spontanea ci arrivino suggerimenti di pubblicazioni o ripubblicazioni di autori e temi capaci di apportare contributi importanti al dibattito socio-culturale contemporaneo. Con la nascita della casa editrice abbiamo fondato anche un blog  che si intitola daqui perchè ci interessa molto la prospettiva del posizionarsi intorno ad un tema. Il nostro qui è Napoli che è la nostra città ma è anche un luogo-simbolo sospeso nei processi storici che vi si sono condensati negli ultimi duecento anni e che, come molti altri luoghi del sud, aspetta un’occasione per essere ripensata nelle sue contraddizioni e nelle sue molteplici identità. Desideriamo quindi che il nostro progetto culturale aiuti a ripensare tutte le problematiche sociali e culturali dei luoghi del Sud che, a dispetto di una certa insistenza mediatica sull’arretratezza degli stessi, esprimono idee culturali e sociali innovative. Il luogo inteso in senso metaforico è molto presente nel primo libro che pubblicheremo con la casa editrice: Elogio del margine – scrivere al buio di bell hooks accompagnata dalla giornalista e saggista Maria Naddotti. Nel libro l’autrice riflette sulla condizione razziale negli Stati Uniti degli anni cinquanta e tra il margine, ovvero il confine, tra il luogo in cui è cresciuta ed il mondo dell’accademia bianca in cui entrerà successivamente. Al centro del libro c’è la volontà di mantenere un rapporto con il margine e di continuare a parlare da questo luogo metaforico. “Elogio del margine/scrivere al buio” insieme a Mediterraneo Blues di I. Chambers sono i primi due testi pubblicati dalle edizioni Tamu e sono in omaggio per chi vorrà partecipare alla campagna di crowdfunding lanciata per sostenere la nascita della casa editrice.



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