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E se la prossima sfida del teatro fosse “salvare il pianeta”? L’esempio ‘green’ di Mulino ad Arte

Renata Savo

Diciamo la verità, se non ci fosse stata la pandemia, oggi i media starebbero catalizzando la loro attenzione su una questione altrettanto urgente: la green economy. Soltanto alla fine del 2019, i numeri delle persone (leggi anche gli “assembramenti”) che manifestavano nel nome di un pianeta da salvare facevano ben sperare. Grazie al movimento lanciato dai “Fridays for Future” della giovanissima Greta Thunberg, i nostri rappresentanti stavano per rimettere finalmente al centro del dibattito politico i cambiamenti climatici, l’inquinamento atmosferico, lo smaltimento dei rifiuti, le energie rinnovabili. Il 2020 poi ci ha portato il Coronavirus, insieme ai milioni di mascherine usa e getta, i tamponi naso-faringei, e i «se possibile, in un bicchiere monouso» al bar (quando aperti); e dell’ambiente si è continuato a parlare, sì, ma non abbastanza da innescare l’auspicabile cambiamento sociale. E ancora, un’altra voce, ancora più potente, si è innalzata, quella di Bill Gates, il fondatore del colosso Microsoft, che ha dichiarato che la sfida dei cambiamenti climatici è molto più complicata e difficile da vincere di quella alla pandemia (e sull’argomento ha pubblicato il suo nuovo libro Clima, come evitare un disastro. Le soluzioni di oggi. Le sfide di domani, appena uscito anche in Italia per La Nave di Teseo).

La prossima missione per il mondo della cultura, Covid-19 permettendo, potrebbe essere allora quella di affondare la lama proprio in quel sostrato di argomenti che fermentano certi temi: l’utilizzo dei mezzi di trasporto, l’alimentazione, il problema dei rifiuti e le scelte politiche che riguardano il nostro ecosistema, le cui sorti dipenderanno dalle politiche internazionali e, soprattutto, dalla somma dei comportamenti di ciascun individuo.

Questa battaglia a favore dell’eco-sostenibilità potrebbe essere capeggiata, a teatro, da Mulino ad Arte, compagnia fondata nel 2012 da Daniele Ronco, Jacopo Trebbi e Costanza Frola, oggi diretta da Ronco, impegnato in un multi-sfaccettato percorso di ecosostenibilità dal 2015, prima con la produzione di spettacoli come Mi abbatto e sono felice, monologo ad impatto zero alimentato dall’attore in scena che in sella a una vecchia Bianchi produce l’energia necessaria ad auto-illuminarsi, e poi con progetti innovativi come il “Teatro a pedali”, un format esperienziale grazie al quale è possibile realizzare uno spettacolo dal vivo ad impatto zero, alimentando la scena con un sistema di co-generazione elettrica azionato da una serie di biciclette collegate a un impianto di accumulo. Si è aggiunta, con tutti i meriti, da giugno 2020, anche la direzione artistica del teatro “Il Mulino” di Piossasco (TO): qui la compagnia ha infatti trasferito la sua sede operativa affermando da subito la propria identità grazie alla vittoria del bando Luoghi della cultura 2020 della Fondazione Compagnia di San Paolo, con il progetto Green TheaterDa vecchio mulino ad eco teatro, ovvero quello che si avvia a diventare a tutti gli effetti il primo teatro eco-sostenibile d’Italia. Nel mentre, Mulino ad Arte si sta preparando anche alla seconda edizione di “Teatro a Pedali”, il festival che prevederà, oltre a spettacoli a tema green, eventi e laboratori molto interessanti e di cui non possiamo svelare l’essenza, ma basti dire che saranno sempre alimentati dall’energia prodotta dalla pedalata del pubblico.

Foyer del Green Theater a Piossasco (TO)

Ad oggi, ci racconta Federica Leone, moglie di Daniele Ronco, ma soprattutto portavoce e tour manager di Mulino ad Arte, con cui collabora anche Erika Montemurro (organizzazione e fundraising), la compagnia ha in gestione tre spazi: «in due di questi si tiene la stagione teatrale, dal mese di giugno 2020 prendiamo per 12 anni la direzione a Piossasco (TO) del teatro “Il Mulino” e lo faremo diventare il primo teatro eco-sostenibile: ci sembrava la naturale conseguenza di un percorso che stavamo seguendo da molto tempo. Nell’Ottocento era un vecchio mulino – prosegue Federica Leone – ed è stato rivalorizzato nel 2006 come teatro. La struttura è molto bella e ampia. Come tutti i teatri, però, aveva fari alogeni e, essendo anche cinema, possedeva una strumentazione molto impattante a livello ambientale. Abbiamo così partecipato al bando della Compagnia di San Paolo, Luoghi della Cultura 2020, che ci ha permesso di vincere 80.000 euro. Grazie a questo contributo abbiamo già acquistato una strumentazione cinematografica a basso impatto ambientale e stiamo lavorando alla conversione a led dei corpi illuminanti del palcoscenico». In più, ci spiega ancora Federica, si potranno realizzare delle azioni collaterali: «la raccolta differenziata, la dematerializzazione dei biglietti cartacei. Quest’ultima aggiunge anche la possibilità che lo spettatore possa spendere due euro in più per piantare degli alberi a Piossasco nelle aree urbane, dando vita in una certa misura a un lavoro di ossigenazione sul territorio».

Federica Leone e Daniele Ronco della compagnia Mulino ad Arte

Tutto questo lavoro in senso green ha letteralmente spostato gli interessi di Daniele e Federica a Piossasco, dove i due hanno scelto di insediarsi con il piccolo Michele (e un secondo figlio è in arrivo). L’obiettivo sarà di ripartire da lì ogni volta che si muoveranno per realizzare quella lunga serie di progetti che vedrà la compagnia attiva in tutta Italia, ovviamente quando ciò sarà possibile: «A Piossasco ci sentiamo a casa. L’anno scorso la rassegna estiva l’abbiamo fatta nel cortile del teatro: un’arena che tiene fino a 400 spettatori. Il teatro poi ha un ampio foyer e una sala di 220 posti, con la platea che puoi chiudere e ne fa 400 in piedi, ovviamente in tempo pre e post Covid. Abbiamo allestito il foyer con una zona di salotto con materiali tutti eco-compatibili, in legno naturale ricoperto di tessuti in cotone, per quanto riguarda le poltrone. C’è poi il desk, sempre di legno, recuperato dal magazzino del Comune grazie alla disponibilità dell’Amministrazione comunale, che rischiava di finire nella discarica».

Nei pressi della struttura c’è anche un parco, dove i giovani vanno, ma sono smarriti, abbandonati a se stessi e ai rischi del consumo di alcol e droghe. Con l’intento di recuperare l’area e riportare i giovani a teatro, Daniele organizzerà, quando sarà consentito, dei laboratori di uso e riciclo all’interno del Green Theatre: «È una sfida lanciata verso i giovani: vogliamo portarli a teatro. Anzi, la sfida è proprio un recupero giovanile attraverso il teatro», spiega Federica. Le domandiamo che tipo di proposta artistica avevano immaginato per quest’anno, martoriato come il 2020 dalla pandemia: «Il cartellone 2021 prevedeva un’ampia scelta, c’era una particolare attenzione al tema green, ovviamente. Aprivamo la stagione con Il grande giorno, una produzione scritta da Daniele che vede come aiuto dramaturg Caroline Baglioni e l’editing di Amanda Pisione: uno spettacolo che mette in scena una reclusione forzata e si domanda che cosa accadrebbe se improvvisamente fossimo costretti a rallentare. Avevamo previsto anche dei classici, come Romeo e Giulietta di Stivalaccio Teatro, e molto teatro di drammaturgia contemporanea. Essendo a quaranta minuti di auto da Torino vogliamo portare il teatro di qualità in un teatro di provincia, il quale in genere ospita o classici o grandi nomi. Gli unici due “nomi” che erano previsti, e che verranno, in Stagione, sono quelli di Ugo Dighero con Platero y yo ed Ettore Bassi, con un format inventato da me, intitolato Serata con. Questo prevede che il pubblico ci invii delle domande prima dello spettacolo, che poi Ettore Bassi seleziona e aggancia alle sue esperienze personali, mettendoci anche in mezzo dei suoi pezzi di repertorio, per poi rilanciare al pubblico le stesse domande; è un format che vuole rimettere al centro il pubblico, abituato a sentirsi protagonista attraverso l’utilizzo dei social network. Altri spettacoli previsti erano L’archivio delle anime. Amleto del Centro Teatrale Umbro, Bye Bye BlackBird di ariaTeatro, ma anche First Love di Marco D’Agostin, per citarne alcuni».

La voce di Mulino ad Arte, però, passa anche attraverso altri canali, quelli offerti dallo streaming, per non recidere il legame con il suo pubblico. «Nel mese di dicembre e gennaio abbiamo realizzato una minirassegna composta da cinque spettacoli in streaming. Spettacoli semplici, fatti in cordata con Il Teatro della Concordia a Venaria Reale in provincia di Torino e Ars Teatro, che ha la direzione del Teatro Sociale di Mantova. Prima della trasmissione dello spettacolo andavano in onda dieci minuti di backstage e dopo io moderavo un breve incontro su Zoom tra pubblico e artisti. Le riprese, per abbattere i costi, non erano live, ma lo spettacolo veniva registrato due giorni prima». C’è da dire che la SIAE non è ancora pronta al gran numero di prodotti teatrali che sbarcano online: «i dipendenti sono oberati di lavoro, si lamentano in un certo senso del fatto che sia stata scaricata su di loro la responsabilità delle opere in streaming, un peso che non riescono a gestire tutto insieme».

“Teatro a Pedali” (2020), il primo festival eco-sostenibile

C’è ancora un’altra bella novità, si chiama “Green Stream”: «Lanciamo tre programmi in streaming dove il green sarà affrontato da tre punti di vista differenti. Uno si chiamerà Planet Expert, in cui Daniele intervisterà vari esperti di clima, alimentazione, ecc.; il secondo ha come titolo provvisorio Green Flash, e qui Daniele discuterà degli articoli a tema green usciti sulle maggiori testate autorevoli; il terzo si chiama Greenchiesta, un set televisivo in cui ci sono le quindici bici del “Teatro a pedali”, con il pubblico che pedala e degli artisti, personaggi popolari (uno per puntata) che vengono e si raccontano, finché Daniele non inizia un’intervista a tema green, mentre pedala e invita l’ospite a fare lo stesso».

Non possiamo fare a meno di pensare che il messaggio veicolato da queste forme spettacolari sia non soltanto proprio di una sensibilità ambientalista, ma si leghi anche, con forza, al tema del benessere psicofisico e dello sport, per di più in un momento storico che vede i nostri corpi ridotti a una sorta di semi-immobilità. «Ci interessa, attraverso questi format esperienziali, avvicinare al teatro anche chi al teatro non ci va, e lo facciamo quindi attraverso la scienza, lo sport e, ovviamente, il teatro. In generale abbiamo visto che da quando abbiamo iniziato a focalizzarci su questi temi siamo riusciti a crescere anche a livello nazionale, e oltre a progettare il festival con il Teatro Franco Parenti e con la Regione Lombardia, abbiamo riscontri dal Teatro Biondo di Palermo e altre realtà con cui prima facevamo più fatica a dialogare».

Federica è d’accordo, se non ci fosse stata la pandemia tutto quel che riguarda l’eco-sostenibilità avrebbe avuto una risonanza ancora maggiore: «La pandemia ha accentrato l’attenzione mediatica, ma nessuno può esimersi dal riflettere su questi temi. È una dura battaglia, a noi ciò che aiuta molto è l’Agenda 2030 per lo sviluppo ecosostenibile, la consapevolezza da parte delle istituzioni di non poter far finta di niente. Ci sono realtà come il Teatro della Concordia di Venaria che ospiterà lo spettacolo Il grande giorno e che vuole attivare una serie di azioni con noi, proprio perché le portiamo avanti da molto tempo. Se da un lato c’è stata una esplosione tra le compagnie di teatro contemporaneo per affrontare gli stessi argomenti, dall’altro notavamo che il tipo di indagine avviata attraverso certi spettacoli non era così profonda. Se penso che il monologo di Daniele è stato scritto da lui, rivisto da Maurizio Pallante per quel che riguarda i dati della “decrescita felice“ che lui utilizza, e rivisto in chiave scientifica dal Politecnico di Torino per la parte della bici, dall’Università di Torino per quanto riguarda i dati degli allevamenti intensivi, dell’inquinamento, noto che c’è un’attenzione particolare: non ci si può permettere di dare dati imprecisi o sbagliati, perché in quel momento, seppure con il sorriso, l’attore sta puntando il dito contro lo spettatore. In generale, però, vedo un grande fermento. Teatri grandi come il Teatro Franco Parenti si stanno interessando al tema, il Teatro Vittoria ha organizzato online una Settimana della Sostenibilità Ambientale, e così anche lo stesso Teatro di Roma o lo Spazio Rossellini di ATCL».

Lo spettacolo Il grande giorno è già in previsione nella prossima Stagione di alcuni teatri, e così Un pianeta ci vuole, scritto e interpretato da Daniele con Ugo Dighero: «Ugo è molto attento al tema green. Un pianeta ci vuole è uno spettacolo un po’ più leggero, dove Ugo interpreta un uomo che rappresenta l’italiano medio. Daniele qui è una sorta di uomo del futuro che invita il personaggio di Ugo a riflettere sulle proprie azioni, mostrandogli attraverso dei racconti i possibili scenari a cui l’umanità può andare incontro. Si parla di alimentazione, trasporti e di sovraffollamento della popolazione, le tre direzioni che gli scienziati hanno indicato come quelle da affrontare per salvare il pianeta».

Viene spontaneo chiedere a Federica quanto di tutto quello che lei e Daniele affrontano per la scena faccia parte anche della loro vita quotidiana: «certo, tutto questo io e Daniele ce lo portiamo nel quotidiano: siamo vegani, nostro figlio è vegano, facciamo rigorosamente la raccolta differenziata, la compostabile, ecc.…».

Mossi dalla curiosità, chiediamo infine a Federica di spiegarci come va percepita la scelta dell’alimentazione vegana che con Daniele ha trasmesso al figlio: «Adesso nostro figlio ha due anni. In questa sua fase della vita io scelgo per lui questo tipo di alimentazione. Quando lui riuscirà a comprendere e a farsi una sua idea, gli spiegherò perché a casa nostra non si mangiano la carne e il pesce. Sarà libero di scegliere. Anche a livello educativo, stiamo adottando con lui il metodo Steiner e Montessori, va in un asilo nel bosco, dove lui e gli altri bambini sono vegetariani. Ha il suo menù vegano per il pranzo, praticamente uguale a quello degli altri che sono vegetariani, ma con delle piccole variazioni studiate con la nutrizionista. Fino a quando possiamo non imponiamo ma, piuttosto, accompagniamo verso quella che secondo noi è la strada migliore».

Sorprendentemente, a Piossasco è il teatro a cambiare la società e non la società a influenzare i teatranti: «Inizialmente siamo stati avvertiti come troppo fiscali nel nostro essere vegani e ambientalisti. Quando poi le persone hanno visto che c’erano dei grandi investimenti da parte delle istituzioni e una certa risonanza mediatica hanno cambiato idea, sono state meno diffidenti verso di noi. Per fare un esempio, nello stesso complesso del nostro teatro c’è un ristorante onnivoro, il proprietario è diventato nostro amico e ha messo nel menù anche dei piatti vegani per noi. Ha in pratica riconvertito il suo menù proponendo delle offerte vegane e gluten free, perché sono anche una “mezza” celiaca. Questo per dire che se si lanciano delle novità del genere si apre a un target maggiore anche l’attività del ristoratore, creando intorno al teatro una piccola oasi ambientalista. Segno di questo è il fatto che arrivino persone da fuori». E in provincia non è cosa da poco, aggiungiamo noi.

 

[Immagine di copertina: Elena Aimone in “Il grande giorno”]

 



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