Musica

Chris Forsyth – Kenzo Deluxe

Gianpaolo Giordano

A un anno da Paranoid Cat torna uno dei chitarristi più eclettici d’oltreoceano: Chris Forsyth. Dopo aver collaborato per molti progetti, tra i quali i Peeesseye, dove ha dato ampio respiro alla sua vena sperimentale

A un anno da Paranoid Cat torna uno dei chitarristi più eclettici d’oltreoceano: Chris Forsyth. Dopo aver collaborato per molti progetti, tra i quali i Peeesseye, dove ha dato ampio respiro alla sua vena sperimentale, l’eclettico chitarrista aggiunge alla sua discografia un nuovo album: Kenzo Deluxe, senza dubbio tra i più intimi ed introversi da lui composti. Caratteristica interessante del suo nuovo disco è, infatti, la scelta di eseguire da solo i pezzi da lui ideati, un approccio che ha comportato una rielaborazione delle sonorità che hanno caratterizzato i suoi ultimi lavori, ma che di sicuro permetterà di guardare alla sua musica da un punto di vista diverso. Contribuisce all’atmosfera solitaria il suo inconfondibile tocco di chitarra, a tratti morbido e sognante, a tratti ruvido e tagliente, ma mai sgradevole all’orecchio.

Ad aprire Kenzo Deluxe è The first 10 minutes of cocksucker blues, improntata, appunto, su uno scarno e sporco giro blues, in cui poche note in riverbero e wah bastano per dare alla traccia un buon groove, che sbiadisce nell’indefinito aggregato finale di note sconnesse. Di diverso stampo è Down & Ups dal blues si passa ad un’impostazione più classica, dove sulla base di più suoni tra loro aggrovigliati, Forsyth si destreggia nella successione di note singole, dilungandole per una decina di minuti fino a chiuderle tornando al giro iniziale in una coerente struttura a cerchio. Alla terza traccia, Boston Street Lullaby No. 2, vengono introdotte le distorsioni, che creano assieme agli effetti eco un’apertura suggestiva, dal suono volontariamente poco nitido, ma è un principio che, ancora una volta, si dilunga senza arrivare ad un punto nevralgico, finendo proprio lì, dove ci si aspetta un cambiamento. Con East Kensington run down arriva la conferma: Forsyth non ha riservato per i suoi pezzi un’impostazione differente dal mettere in loop un giro di chitarra per creare su di esso possibili variazioni. Nonostante ciò, la quarta traccia è l’unica a spiccare a livello dei contenuti, sia per il contrasto tra le due parti che la costituiscono, sia per il carattere determinato con cui si chiude. Conclude l’album Boston Street Lullaby No. 1 che, anche senza loop, risulta ridondante e troppo simile alle tracce che l’hanno preceduta.

Per quanto le sue intenzioni possano essere buone, Chris Forsyth ha esagerato nel dare troppo spazio alla sua personalità: almeno tre delle cinque tracce di Kenzo Deluxe assomigliano, più che a delle composizioni, a improvvisazioni o esercitazioni (le strutture elementari sono la prova più eclatante). Se si è soliti accusare i virtuosi delle sei corde di avere uno stile sgraziato e barocco, si può qui incolpare Forsyth del contrario: non di eccessiva semplicità (da sempre tratto peculiare del suo stile), ma di poca inventiva.



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