Cinema Il cine-occhio

Finché morte non ci separi

Stefano Valva

“In-laws” è l’ultima frase del film Ready or Not (in Italia tradotto col titolo “Finché morte non ci separi”) diretto a quattro mani da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, e uscito lo scorso ottobre nelle sale italiane. Tale frase è utile per andare a ritroso, e analizzare la verve parodistica e satirica dell’opera nei confronti delle situazioni familiari, le quali vengono per forza di cose sconvolte quando vi è un matrimonio.

Grace (Samara Weaving) è in procinto di sposarsi con il giovane e ricco Alex, e i due convolano a nozze proprio nel giardino del palazzo della famiglia di lui. La prima notte di nozze, Alex spiega alla neo-moglie che i due dovranno fare una sorta di gioco con gli altri membri della famiglia, ossia rispettare una tradizione secolare quando all’interno del nucleo familiare si sta per accogliere un nuovo membro.

Ci si siede tutti a tavola, e vi è una box (scatola) con all’interno delle carte da gioco, dove la giovane Grace dovrà pescare una delle carte e dichiarare a tutti quale game si dovrà svolgere in quella nottata. Una tradizione rigorosa e storica, in ricordo di un certo signor Le Bail, il quale aiutò un loro antenato a crearsi una fortuna, consegnando alle future generazioni una ricchezza inestimabile, purché rispettassero sempre tale tradizione ludica.

Grace pesca e trova “nascondino”, gioco apparentemente nella normalità, anzi qualcosa con cui divertirsi e scherzare. Eppure, il nascondino non è quello come lo reputerebbe Grace o chiunque altro, ma è altresì violento, e i membri della famiglia attraverso tale gioco devono uccidere la sposina entro l’alba, per evitare la loro di morte a causa di una sorta di maledizione.

Grace, insieme allo spettatore, si ritrova in una situazione al limite del sensato, impensabile e impronosticabile, non riuscendo a capire il perché bisognasse seguire alla lettera questa folle tradizione aristocratica. E nel bel mezzo della pazzia familiare, che prova a giocare agli omicidi, la protagonista deve cercare di sopravvivere, nello spazio filmico risicato della closed room, rappresentata dall’interno del palazzo della famiglia Le Domas.

La pellicola dei due registi è volutamente una dark comedy che gioca tra il surreale, l’insensato, l’ironia, e l’estremismo delle caotiche dinamiche familiari, all’interno di un matrimonio di un proprio membro che sembra sconvolgere gli equilibri storici di un gruppo compatto, affiatato, e consanguineo. Grace diviene l’inetta – attraverso una costruzione narrativa estrema e pericolosa – che viene travolta dallo humour ipocrita della sua nuova famiglia, quella che d’altronde lei non aveva mai avuto nella sua vita.

Di conseguenza, la trama diventa una sfumatura scenica e scenografica per ridicolizzare e riflettere allo stesso tempo sulle turbolenti relazioni familiari, maledette dalla costante del matrimonio, sempre tanto cercato e voluto, quanto allo stesso tempo disprezzato e coperto da un perenne velo di scetticismo, dato che le nozze non coinvolgono solo (come dovrebbe essere fisiologicamente) la coppia, bensì anche un altrettanto numero indecifrabile di persone che vivono attorno al loro, che insediano la loro privacy, e il loro spazio coniugale.

La sfumatura scenica e narrativa è permeata da sangue, armi, rincorse, violenza, ricerca spasmodica della sopravvivenza, e difficoltà nel fidarsi di qualsiasi persona, anche di quella più cara. La closed room, unita alla tradizione aristocratica ricoperta di favole, maledizioni, dicerie, e aneddoti surreali, formano uno spazio folle, dinamico, turbolento e barbarico, ridicolizzando quella classe sociale, che in superficie viene vista sempre come angolo della cultura, del sapere, e dei comportamenti più civilizzati.

L’estremismo scenico e dialogico della pellicola diviene altresì anche il difetto più marcato, dato che scende spesso in cliché evitabili, e in una sceneggiatura ben poco curata, che si ripara in eccessivi monologhi con parolacce e urla di liberazione o di impulsivo odio. I registi si fanno condizionare dall’impostazione surrealistica della trama, e spesso quelle scene splatter, action e dinamiche, che sono il fiore all’occhiello dell’opera, divengono anche in alcuni frangenti eccessive, gratuite, prive di un senso evolutivo della narrazione, ossia quasi fuori contesto.

E sebbene la dark comedy potrebbe macchiare un po’ tutta l’essenza della famiglia, ritorna in mente subito l’ultima frase citata all’inizio dell’articolo, che specifica come sia la situazione dei parenti acquisiti a determinare una rottura degli equilibri, e spesso anche degli affetti fra i membri, la quale forma ulteriormente uno scetticismo basato su un giudizio senza sosta nei confronti del membro che entra a far parte della famiglia attraverso un matrimonio, creando tal volta rapporti ipocriti e anomali.

E tutto questo scetticismo, anomalia, ipocrisia, costrizione all’affetto, vengono spogliati da un tipo di narrazione psicologica, sociologica, ossia da drama, per essere caricati e inseriti in un contesto visivo che sia più facilmente godibile, ma non per forza meno riflessivo. Nel film si scontrano costantemente vecchio e nuovo, antico e moderno, classi sociali, vecchi e giovani, affetti e convenienza.

È logico che in fin dei conti, in un’opera commerciale del genere, sia il significante a prevalere sul significato – per dirla alla Saussure – e a farne da padrone per ammaliare il pubblico, secondo un canone che sia più visivo che contenutistico.

Finchè morte non ci separi è un film sgraziato, senza pretese e volutamente intento a raffigurare un tema tradizionale, sempre in discussione, e delicato, secondo uno schema che sia in tal caso leggero, ironico e sfacciato.

Ready or not, lo spettatore viene catapultato insieme a Grace in tale contesto di sangue, e quest’ultima tenta di sfuggire dalla rabbia primordiale degli “in-laws”, per porre fine sia alla folle logica aristocratica, sia alla sua sete di tradizione e di ricchezze, edificate con un intramontabile peccato originale. Che il matrimonio sia il puro amore di coppia, finché famiglia non ci separi.


  • Diretto da: Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillett
  • Prodotto da: Tripp Vinson, James Vanderbilt, Willem Sherak, Bradley J. Fischer
  • Scritto da: Guy Busic, R. Christopher Murphy
  • Protagonisti: Samara Weawing, Adam Brody, Mark O'Brien, Henry Czerny, Andie MacDowell
  • Musiche di: Brian Tyler
  • Fotografia di: Brett Jutkiewicz
  • Montato da: Terel Gibson
  • Distribuito da: Fox Searchlight Pictures
  • Casa di Produzione: Mythology Entertainment, Vinson Films
  • Data di uscita: 27/07/2019 (Fantasia), 21/08/2019 (USA), 24/10/2019 (Italia)
  • Durata: 95 minuti
  • Paese: Stati Uniti
  • Lingua: Inglese
  • Budget: 6 milioni di dollari

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