Cinema

In Sala. Pitza e datteri

Valentina Esposito

Tra situazioni esilaranti, comicità e qualche risata per parlare con leggerezza di integrazione culturale, Giuseppe Battiston guida con tenacia una comunità veneziana islamica alla (ri)conquista di una moschea

 

Una comunità islamica veneziana vede portarsi via improvvisamente la propria moschea dalla parrucchiera Fatima (Esther Elisha), una femme fatale che mette su un salone di bellezza unisex: le sacre mura di pietra si trasformano in pareti colorate che guardano al progresso e alla cura dell’estetica più che del sé. Riuscire a tenere testa alla determinazione alla donna, che non vuole sentire ragioni, diventa difficile per la comunità fondamentalmente pacata e pacifica. Non gli resta che affidarsi allora al giovane integralista afghano Imam Saladino (Mehdi Meskar), che insieme a Bepi (Giuseppe Battiston) si troverà a fronteggiare una situazione più complicata del previsto e al di sopra delle sue possibilità. Se è vero però che la fortuna aiuta sempre gli audaci, per la piccola comunità c’è ancora qualche speranza di trovare uno spazio per far crescere le proprie radici.

Non è un caso che il regista curdo Fariborz Kamakari abbia deciso di ambientare a Venezia una storia multietnica e multiculturale, e soprattutto nella città italiana da sempre confine tra Oriente e Occidente: Venezia nella sua conformazione urbana e nella sua architettura si fa testimone di un pacifico incontro tra questi due mondi, un tempo legati dai soli scambi commerciali, oggi anche da scambi culturali. Una cornice perfetta a cui le inquadrature guardano con fascino e con un certo alone di mistero, che avvolge le avventure della quasi genuina comunità islamica, che tuttavia è la prima a non riuscire a difendersi dalle contraddizioni e dai compromessi che il difficile presente richiede. La storia del Bepi di Battiston, ne è l’esempio più evidente.

È il registro comico la grande forza del film di Kamakari, in cui molti hanno visto gli echi della narrazione secondo i canoni della commedia all’italiana. In effetti Pitza e Datteri riesce a offrire un susseguirsi di situazioni comiche convincenti e anche un po’ grottesche, senza però dimenticare l’idea principale portata sullo schermo: il disagio dell’essere straniero, ma soprattutto l’ormai irrisolta questione di far incontrare radici culturali diverse senza rischiare che si annullino.

Non è però tanto la narrazione, in fondo poi consueta a questo tipo di film ma resa alta dalle piacevole orchestrazione dell’Orchestra di Piazza Vittorio, ma è l’originalità e l’impegno ad affrontare un argomento oggi al centro del dibattito politico con fantasia, e con il coraggio misurato di provare a prendere una posizione accennando ad una pacifica risoluzione.


Dettagli

  • Titolo originale: Pitza e datteri
  • Regia: Fariborz Kamkari
  • Fotografia: Gian Enrico Bianchi
  • Musiche: Orchestra di Piazza Vittorio
  • Cast: Mehdi Meskar, Giuseppe Battiston, Hassani Shapi, Maud Buquet,
  • Sceneggiatura: Fariborz Kamkari, Antonio Leotti

Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti