Arti Performative Focus

B.Motion Danza. Il festival delle ecologie del presente / parte II

Roberta Leo

Sulla via di una nuova rivoluzione del movimento sempre più umanizzato e concettuale si è delineata la programmazione di B.Motion Danza a Bassano Del Grappa (Vi), che fotografa quell’attualissima tendenza dell’arte coreutica a mettere in contatto i corpi con dei dispositivi funzionali per delle azioni performative. Si tratta di dispositivi rintracciati nello spazio a disposizione della performance e che sempre più spesso coincidono con elementi naturali. Le scene sono sempre più spoglie e attingono appunto a materiali della natura. La natura diventa oggetto di dialogo tra i corpi. È il caso dei piccoli sassolini bianchi utilizzati dagli artisti Fabio Novembrini e James Viveriros in Archipelago, la drammaturgia di Ginelle Chagnon portata in scena proprio dai due artisti. Attraverso la manipolazione dei piccoli oggetti si creano dei quadri poetici intervallati da lunghe stasi. È evidente il richiamo alla forma più semplice di comunicazione: il duo, la coppia. I sassolini disegnano a terra costellazioni, arcipelaghi, mappe, stradari, o più semplicemente un lungo filo del telefono. In questo gioco del telefono senza fili i due danzatori pongono ciascuno il loro orecchio al suolo, rispettivamente in corrispondenza delle due estremità del filo di pietre. I bianchissimi ciottoli diventano poi tumuli di terra con cui gli artisti si seppelliscono a vicenda; sono le parole non dette che, incapaci di essere comunicate, si incastrano e muoiono in gola soffocando i nostri respiri; sono i pesi quotidiani nelle nostre tasche, sulle nostre schiene. Ogni percorso, ogni sentiero tracciato dalle pietre viene ossessivamente disfatto, modificato, ricostruito. La terra, la pietra in questo caso, nella sua – solo apparente viene da dire – stabilità, ci parla dell’estrema fragilità umana, della difficoltà del dialogo, delle diversità geo-storiche degli uomini.

Dalla terra si passa all’acqua con Neptune, la coreografia interpretata dalla splendida danzatrice Lois Alexander, andato in scena questa estate, tra le altre date della sua tournée, anche al Kilowatt Festival. Anche qui ci troviamo di fronte ad un’installazione composta da Shannon Sea con la scenografia di Nina Kay. Cubi di ghiaccio gocciolano mentre si sciolgono lentamente sospesi sul palcoscenico. La danzatrice interprete è una donna di colore che sceglie la metafora degli stati dell’acqua e della sua trasformazione per parlare di cambiamenti più profondi. Alla grande fluidità e padronanza tecnica del corpo dell’interprete si aggiunge ancora una volta un elemento naturale, l’acqua cristallizzata nei ghiacci, ma anche uno artificiale costituito dalla musica e dall’arte visiva; le luci dialogano con i ghiacci man mano che questi dondolano e ruotano su loro stessi, manipolati dalla danzatrice che li rende parte della coreografia. È lei che rovescia la narrazione, la storia e le strutture sociali proprio mentre l’acqua cambia.

Stefania Tansini, “La grazia del terribile”. Foto di Luca Del Pia

Con Stefania Tansini in La grazia del terribile il corpo del danzatore torna al centro e vive di una nuova ecologia, non necessitando più di nient’altro che di sé stesso. La danzatrice, inguainata in una tuta nera aderentissima, si contorce in una danza piena di impulsi che la fa somigliare ad un ragno dalle lunghe zampe nere. È sinuosa, sensualissima, è energia pura che si trasforma, continuamente in divenire. Il suo è il racconto di una metamorfosi che porta la danza dalla terra, su cui si spalma informe, alla verticalità, in piedi, e la incastra in infinite geometrie squadrate che sembrano quasi il frutto di un attento calcolo matematico. Da inquieta e nervosa la danza si scioglie, si liquefa, si lascia plasmare da un’incessante metamorfosi pur non perdendo mai la sincronia precisa e minimalista con la musica.

Ricompare ancora il dialogo di una coppia, questa volta non attraverso un filo di sassolini ma con altri due corpi, quelli di Rosaria Di Maro e Giorgia Longo che s’incontrano nella creazione di Adriano Bolognino, Gli amanti. Questa potrebbe essere la coreografia più ‘neoclassica’ del festival. Ispirandosi al calco degli amanti seppelliti dalla lava tra gli scavi di Pompei nella nota eruzione del 79 d.C., le due performer s’incastrano in un abbraccio senza fine, fondendosi con la musica di Akira Rabelais che regala un tappeto sonoro quasi liturgico, carico di solennità. Danzano un duetto che parla d’amore, un amore classico, ormai lontano. Le danzatrici, anch’esse vestite di silhouette maculate e multicolore, sembrano avere un corpo dipinto, macchiato dagli schizzi di una tavolozza impressionista. Le loro figure s’incastrano spesso in posizioni ‘a ponte’; sostenute sui gomiti, con la testa rovesciata all’indietro, le danzatrici s’incrociano nelle giunture dei polsi e delle ginocchia; sembrano non volersi mai separare, anche quando danzano distanti lo stesso assolo perfettamente identiche e sincronizzate. Danzano un amore che si sostanzia ancora nell’identità, non nell’autonomia e nella natura egoistica dell’uomo, focalizzandosi piuttosto su quest’ultimo e sul suo sentimento d’amore per l’altro.

Bassano 21 agosto 2021 danza Joseph Simon. “Chameleon”. Foto di G. Ceccon

Chameleon di Joseph Simon è, infine, una ventata di freschezza. Anche lui, resta in linea con la visione ecologista del festival ma lascia al centro il corpo, lo rende strumento di narrazione per raccontare i suoi infiniti viaggi nelle molteplici culture, le tante lingue e gli stili di danza studiati. La sua danza è un viaggio dinamico e multiforme, pieno di combinazioni. Simon compone la sua coreografia attingendo a varie esperienze coreutiche e musicali, dalla danza classica all’hip-hop. La sua danza porta in scena le culture del mondo e la loro interazione, ci invita a conoscerle e ad apprezzarle. Forse è anche un monito a rispettare la diversità e a permanere in un globo in cui la convivenza con l’Uomo è ormai faticosa. Così B-Motion Danza mette in evidenza la crisi del mondo con la sua dimensione egoica e la necessità, sempre più presente nei linguaggi coreutici, del dialogo e della comunicazione tra uomini, mettendo sì al centro l’Uomo ma inquadrato nel suo rapporto con l’ecosistema in cui vive, con il mondo.

 

[Immagine di copertina: Bassano 21 agosto 2021, danza. Adriano Bolognino, “Gli Amanti”]



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