Arti Performative

Accademia Teatrale Sofia Amendolea – Il ritorno di Effe

Marcella Santomassimo

Gli allievi dell’Accademia Teatrale di Roma Sofia Amendolea portano in scena una rivisitazione del testo di José Saramago, “La seconda vita di Francesco d’Assisi”, metafora della corruzione del nostro tempo.

È un lavoro degno di essere menzionato quello che gli allievi del secondo anno dell’Accademia Teatrale Sofia Amendolea di Roma hanno portato in scena al Teatro Furio Camillo. La messa in scena di Il Ritorno di Effe non è un semplice saggio con il quale i ragazzi della scuola sono chiamati a misurarsi alla fine di ogni anno accademico, ma il frutto di un’attenta rilettura della drammaturgia di José SaramagoLa seconda vita di Francesco d’Assisi, sotto la guida del regista Paolo Alessandri.

Immaginate per un attimo il ritorno del fraticello che a tutto rinunciò in nome della povertà. Proiettate la figura di Francesco d’Assisi nel nostro secolo. Che cosa potrebbe mai scatenare la sua presenza nel mondo dei vivi e all’interno dell’ordine da lui stesso fondato? È questa la riflessione da cui la mente immaginifica di José Saramago è partita per poi inerpicarsi per vie tortuose che si aggrovigliano fino a giungere al momento della rivelazione finale, tanto ovvia quanto celata: la povertà, per coloro che non l’hanno scelta, è brutta.

La compagnia dei francescani si è arricchita, è diventata un’impresa finanziaria potente per contrastare i potenti. Coloro che indossano il saio sono gli stessi frati che hanno accompagnato il poverello d’Assisi otto secoli prima; Pica, incarnazione della madre di Francesco, ne è la segretaria, Pietro, il padre, il direttore generale. Qualcosa non ha funzionato nel messaggio del frate, qualcosa è andato storto, ma Francesco non è morto, ritorna sotto le sembianze di una donna per riportare i suoi confratelli alla loro vocazione originaria. Profonde contraddizioni e incomprensioni aleggiano non solo in quelli che un tempo furono i suoi sostenitori e compagni, che oggi hanno alle loro dipendenze una fitta schiera di agenti che vendono la parola del fraticello e hanno nominato direttore Pietro, colui che più di chiunque altro si oppose alla vocazione del figlio, ma nello stesso Francesco, il cui odio per chi lo ha generato va al di là degli umani valori cristiani. C’è un po’ di tutto ne Il ritorno di Effe, un testo provocatorio contro la globalizzazione, il capitalismo, la mancanza di ideali e valori, pervaso da una vena antireligiosa. Paolo Alessandri inserisce nella drammaturgia situazioni non presenti nella versione originale che vanno ad infrangere dettami della Chiesa come il celibato e l’omosessualità, rendendo la pièce ancora più ricca di spunti. Francesco, comprendendo di non poter più essere in questo mondo quello che era stato una volta, non muta il suo animo e i valori nei quali crede ma in qualche modo si arrende al cambiamento dei tempi e si lascia andare alle passioni portando via con sé l’amata Chiara, anch’essa segretaria dell’ordine. 

Il palco del Furio Camillo è completamente spoglio: niente cambi di scena, nessuna quinta di entrata. Incappucciati o a viso scoperto, gli attori costellano il palco come si sonda un terreno senza mai abbandonarlo. Sono le anime che vegliano sulla vicenda, coscienze o echi sibilanti. L’ambientazione è così creata, grazie anche ai costumi di Monica Raponi, senza bisogno di null’altro. Un teatro fatto di passione e di talento ma povero, per scelta. 


Dettagli

  • Titolo originale: Il ritorno di Effe

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