Arti Visive

#FOCUS. LOUISE BOURGEOIS

Marcella Santomassimo

Esattamente 103 anni fa il giorno di Natale nasceva a Parigi Louise Bourgeois. A quattro anni dalla sua scomparsa ricordiamo una donna che ha saputo plagiare materia e risentimento per farne arte. Numerose sono le mostre e i documentari a lei dedicati. Fu la prima donna ad esporre al MoMa di New York in una retrospettiva curata da Deborah Wye nel 1982.

Gli occhi dei bambini guardano e mettono a fuoco ogni cosa. Le mani amano, respingono, ordinano…forse di tacere. Il fallo è invece un’arma, l’arma dell’aggressore, ma anche qualcosa da proteggere. Non le piaceva parlarne. Louise Bourgeois ha sempre negato la connotazione sessuale delle sue opere scultoree. “Se lei me lo chiede, io negherò, ma se lei guarda è lì. L’opera d’arte ha a che fare con il piacere. Si fa ciò che ci dà piacere, ma parlarne mi spaventa. L’interlocutore mi spaventa.” Diffidava dalle parole, non la soddisfacevano, per lei le forme erano tutto. Louise Bourgeois, nata a Parigi nel 1911, immortalata dal famoso ritratto di Robert Mapplethorpe in compagnia della sua Filette, rappresenta una delle figure più irriverenti e interessanti della nostra epoca. Disegnava nelle notti insonni, usava incidere, ma soprattutto scolpiva. Scolpiva corpi o parti del corpo, occhi, mani, falli. Le sue prime produzioni erano figure intere ad altezza naturale, les figures; rappresentavano i membri della sua famiglia. Aveva sposato uno studioso d’arte americano, Robert Goldwater, e l’aveva seguito fino a New York, città nella quale incominciò a essere realmente riconosciuta come artista. 

Ma in Francia aveva lasciato la sua famiglia, l’aveva abbandonata o forse era stata abbandonata. Les figures sono frutto di un bisogno di presenze, per solitudine o per esorcizzare un passato di paura e dolore. Una spiegazione dualistica e ambivalente, prerogativa del carattere e dell’opera di Louise. Tutta la sua arte è stata ispirata dalla magia e dalla tragicità della propria infanzia, da un padre traditore, che portava a casa le sue amanti, e da una madre che, come il ragno, tesseva. La signora Bourgeois aveva ereditato dalla sua famiglia l’arte di restaurare gli arazzi. Era una femminista, convinta che l’unico modo per una donna di dimostrare il proprio valore fosse quello di rendersi indispensabile. La sua tenacia e il suo autocontrollo ebbero una grande influenza nella vita della scultrice, come traspare da molte sue creazioni (She-Fox). Il padre avrebbe voluto un maschio, ma la fortuna o il tormento di Louise fu la somiglianza con il genitore, tanto che le venne dato il suo nome. La scultura era per lei una fonte di salvezza, un tentativo di ricreare il passato per controllarlo ed esorcizzarlo, un rifugio nel quale trovare sollievo, un modo per dare libero sfogo all’aggressività, riparare e perdonare. Fare, disfare, rifare (I Do, I Undo I Redo) è il titolo di un’opera monumentale esposta alla Tate Modern di Londra, consistente in tre torri di metallo. La prima rappresenta lo stato attivo: non c’è paura, tutto è tranquillo e si procede verso un’aspirazione, un obiettivo. In cima alla torre gli specchi simboleggiano l’accettazione di sé stessi. Ma il rimosso ritorna sempre, ritorna l’angoscia, l’aggressività e si cerca riparo nella seconda torre, una tana nella quale si tenta di riorganizzarsi, elaborare una strategia per riprendersi. La terza è il rifare: la soluzione al problema è stata trovata, a fatica si esce dal proprio nascondiglio, c’è di nuovo lo stato attivo, ci sono di nuovo gli specchi. Le tane ricorrono spesso nella sua produzione artistica (Le cell), alternandosi alle figure che si fanno sempre più astratte fino all’ideazione delle spirali. Il piedistallo viene eliminato, la figura appesa ha una visione tridimensionale, può ruotare su se stessa, vedere gli altri o dargli le spalle come in Le bienvenus o essere disorientata, come accade a Spiral woman, sospesa in attesa di qualcosa. É un autoritratto, uno dei molti.

Spiral woman non ha la testa, le è stata tagliata. Tagliare significava per Louise avere un controllo assoluto sulle cose. Spiazzante è la presenza della ghigliottina in una delle cell, Choisy. É una riproduzione fedele della casa di Choisy, la casa dove viveva con la sua famiglia e dove c’era il laboratorio per la riparazione degli arazzi. La ghigliottina rappresenta il presente che uccide il passato, la casa che non esiste più, che è stata demolita. La casa si identifica inoltre con la famiglia che la abita, e al suo interno le persone si ghigliottinavano, si sbranavano come accade nella cruenta Decostruction of the father, opera astratta in cui la madre, il fratello e la sorella fanno a pezzettini il padre esibizionista. Ed è ancora l’aggressività a lasciare il posto ad un riassemblamento dei pezzi, a una ricostruzione.

Louise Bourgeoise è stata un’artista che ha vissuto e dominato con forza l’intensità delle proprie emozioni, “tanta. Troppa perché io possa gestirla”, dichiara in uno dei suoi scritti. Non era alla ricerca del successo, essere un’artista era per lei un privilegio e una maledizione, la maledizione di non poter fare altro e il privilegio di ricreare il suo passato per poterlo finalmente controllare.

 



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