Arti Performative

Riccardo Balestra/Francesco Siggillino – Fumata Nera

Annagiulia Scaini

Due storie parallele su una gioventù vittima di se stessa. Due performance che lasciano riflettere sul destino beffardo che segna la vita di molti.

Capita spesso di rimanere increduli davanti a spettacoli teatrali che sollecitano più di una sensazione durante il proprio svolgimento, quel divertimento misto ad un’amarezza quasi sprezzante per ciò che gli occhi dovrebbero riuscire a vedere e le orecchie ad ascoltare.

Si svolge quasi completamente al buio La Notte Maledetta di Riccardo Balestra, prima performance di Fumata nera, andato in scena al Doppio Teatro di Roma. Un nero che simbolizza il baratro in cui cadono, o forse già vivono, quattro dei cinque giovani interpreti, assuefatti all’alcool e alla droga.

È la voce la protagonista incontrastata di quei primi venti minuti in cui ci è concesso di vedere le sagome che si muovono nervosamente nello spazio grazie alla luce fioca delle torce. Parole che diventano l’unico mezzo attraverso cui percepire la discesa nell’oscurità senza alcuna speranza di risalita dei protagonisti che nel frattempo sono diventati eroi byroniani, segnando così il loro destino auto-distruttivo. Parole che infine si trasformano in gemiti e lasciano il posto alla luce, ma solo per vedere cosa succede, a cosa si arriva, che cosa resta una volta che si è toccato il fondo.

Arriva Eliot sorridente, poi, a risollevare gli animi, lui che poco ha a che fare con quella tipologia di gioventù che ha padroneggiato abilmente il palco prima di lui. Francesco Siggillino, nella seconda performance dello spettacolo, dal titolo Eliot corre ancora, lo fa conoscere nella sua genuinità di bambino che scopre il fascino della grande città e poi lo ripresenta da ragazzo pronto a vivere l’avventura di abitarvi. Roma dispersiva, trafficata, il cui tempo va veloce e corre inesorabile. Ed Eliot tiene il passo ma osserva, riflette su quella vita rapida e distratta che a volte non chiede il permesso di concludersi nel più tragico dei modi, sulla strada traditrice che ognuno percorre troppo spesso senza badare agli altri con cui la condivide.

Anche Eliot correrà alla fine del suo monologo ma su una via nuova che qualcun altro avrà scelto per lui.

Con la “vittoria” di Eliot sulla giustizia la Fumata Nera si chiude ma si apre al contempo a numerose riflessioni su quel destino beffardo che segna la vita di ciascun individuo, chi è vittima di se stesso, chi lo diventa a causa di altri. Giovani che hanno così tanta smania di vivere da non avere il tempo di rendersi conto che vanno troppo veloci rispetto a quello che è il loro tempo, giovani che se rallentassero avrebbero l’onore di poter davvero dire: io vivo. 


Dettagli

  • Titolo originale: Fumata nera

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