Libri

Vetrina. “L’ultimo uomo”

Roberta Iadevaia

Una raccolta di poesie del giovane scrittore marchigiano Luigi Finucci, tra romanticismo e spiritualità.

È un libro umido L’ultimo uomo, raccolta di poesie del giovane autore marchigiano Luigi Finucci pubblicata da Edizioni Communication Project. È un libro umido perché a fare da sfondo ai quaranta componimenti poetici che compongono il volume sono le lacrime che sempre velano gli occhi di questo ultimo uomo, e cioè – come osserva lo stesso scrittore – la nostra anima, quell’entità che resta quando tutto scorre via travolto dal passare del tempo: “forse è l’anima del mondo/ che risiede in ognuno di noi,/ la sento scorrere quando sono solo/ e la malinconia si fonde con lo stupore” (I tempi del corallo). La solitudine di cui parla Finucci dunque è da intendersi come condizione metafisica in cui l’essere umano si pone in ascolto dell’oltre, un sentimento che sempre alberga nell’animo del poeta che vuole valicare i confini della consuetudine: “solo in questo si può diventare eterni/ nello smarrimento che porta alla solitudine” (Gli amici di Zaharatustra).

Il giovane scrittore marchigiano ammanta così la figura del poeta di toni romantici, dipingendolo come uno spirito solitario errante “che vaga per isole desolate con il volto velato da una tristezza di vita” (Spiriti solitari) alla perenne ricerca di qualcosa di indefinito: “un vento di libertà/ che consiglia al mio destino/ di non fermarsi,/ di non arrendersi/ alla gravità della quotidianità/ ma di guardare oltre l’orizzonte/ che non è la fine di un mondo/ ma lo scopo di una vita” (La nascita delle idee). Dal Romanticismo l’autore prende anche la fascinazione per la gente che, per scelta o caso, vive ai margini della società, come dimostrano le due poesie Il grigio viandante e Clochard.

Altro tema centrale nella poetica di Finucci, e presente in special modo in poesie come Campi di cotone, Circa il mondo, (Sentire) fermare il tempo, è la spiritualità, quel misticismo che ha contraddistinto epoche lontane e che solo può difendere l’uomo contemporaneo dalle promesse inconsistenti della società odierna, facendo nascere in lui la consapevolezza di essere parte di un tutto: “saper accettare la nostra finitezza/ e scoprire dentro un’infinita bellezza,/ forse è la fine lo scopo” (I tempi del corallo).

E proprio da tale consapevolezza, non dal dolore, che nascono quelle lacrime di cui si scriveva all’inizio che sempre accompagnano l’Ultimo uomo, quasi un tributo da pagare al raggiungimento di una condizione alterata dei sensi che consente di vedere il mondo come fosse sempre la prima volta, alla stregua dei bambini, e di lasciarsi pertanto stupire e sopraffare dalle piccole e grandi rivelazioni che la vita presenta.

Tale punto di vista però forse non basta a giustificare pienamente lo stile un po’ troppo naïf di certe liriche che cozza oltretutto con i vari arcaismi sparsi per il testo di cui, probabilmente, si sarebbe potuto fare un utilizzo più contenuto: nel complesso, dunque, L’ultimo uomo è una raccolta un po’ acerba, ma comunque ricca di spunti di riflessione.


  • Genere: Poesia

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