Arti Visive

Quando una mostra funziona, nonostante i capolavori. Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento

Gabriella Bologna

Si è appena conclusa a Padova la mostra Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento, allestita nel Palazzo del Monte di Pietà.

Si è appena conclusa a Padova la mostra Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento, allestita nel Palazzo del Monte di Pietà. Un’esposizione progettata e costruita in modo appassionato e intelligente che racconta la biografia culturale del primo grande teorico della lingua italiana, autore del celebre Le prose della volgar lingua, amico di nobili e principi, frequentatore di corti e cultore dell’arte antica.
Bembo raccolse nella sua abitazione padovana una raffinata collezione di statue, monete e altri reperti archeologici, in particolare di età romana imperiale, oggi dispersa e qui riunita per la prima volta dopo cinque secoli. Il pregio della mostra è la sua capacità di puntare non solo sulle opere di celebri artisti (Bellini, Giorgione, Raffaello, Tiziano, Mantegna, Perugino e Michelangelo, di cui è esposto un disegno), ma soprattutto di ricostruire un mondo, quello degli intellettuali che gravitavano intorno alle corti del Cinquecento, le cui idee e i cui scritti furono la base per la costruzione della straordinaria stagione del Rinascimento italiano. 
Dai preziosi volumi dell’Orlando Furioso di Ariosto alle prime edizioni tascabili di Aldo Manuzio, ai disegni di architettura, le sezioni della mostra ci ricordano che la fioritura di questo periodo fu articolata e complessa, lungi dall’essere ricondotta a un pugno di artisti celebri. Per questo motivo l’organizzazione ha voluto fornire ai visitatori audioguide gratuite, una scelta felice perché il racconto del curatore Guido Beltramini, presentato  con la chiarezza e la passione dello studioso che ha curato nei minimi dettagli il progetto scientifico, fornisce un valore aggiunto alla visita.
Una mostra premiata dal pubblico (più di 100.000 visitatori) entrato per vedere le tele dei grandi pittori e uscito con il ricordo di tante piccole e straordinarie opere, non ultima la lettera che Raffaello e Baldassarre Castiglione inviarono a Leone X nel 1519 con la preghiera di salvare le antichità romane dalla distruzione. Un monito che attraversa i secoli e arriva intatto ai giorni nostri ricordandoci le lontanissime origini della tutela dei Beni Culturali in Italia. Al presente ci riportano anche le parole di Beltramini: nel Cinquecento l’Italia era in crisi, divisa e in balia di potenze straniere, e proprio in quel periodo fu la nascita di una nuova eccellenza artistica e culturale a riscattarla e renderla unica.


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