Cinema

Bertolucci In Vista. Strategia del ragno

Cristina Lucarelli

Presidente della Giuria alla Biennale Cinema di Venezia, Scene Contemporanee celebra l’opera immortale del maestro Bernardo Bertolucci, film per film: Strategia del ragno, il rimanere invischiati nelle trame d’una vita dedita alla menzogna.

Da Venezia a Venezia, andata e ritorno, Bernardo Bertolucci, prossimo presidente di giuria del prestigioso festival, nel 1970 vi presentò la sua pellicola liberamente ispirata a Tema del traditore e dell’eroe di Jorge Luis Borges, ovvero Strategia del Ragno.

Un film il cui titolo rimanda alla complessità del plot e delle proprie numerose chiavi di lettura. Se nel racconto breve di Borges del 1944 ci troviamo in Irlanda e la trama si sviluppa attorno al nipote di un cospiratore assassinato, nel lavoro di Bertolucci giochiamo in casa nostra.

Siamo infatti in Italia, durante gli anni del fascismo. Athos Magnani, morto nel 1936, è l’eroe dell’antifascismo di un piccolo paese della bassa padana Tara (omaggio a “Via col Vento”), ovvero Sabbioneta. Trent’anni dopo, Athos Magnani figlio torna in quel luogo per indagare sulla morte del padre, ufficialmente ucciso dai fascisti perché colpevole di aver ordito contro Mussolini. A Tara si scontra con l’ostilità dei paesani, che vorrebbero andasse via, ma incontra anche i tre vecchi amici del padre che collaborarono con lui nel fallito attentato. Proprio grazie a loro scoprirà la verità.

Suggestivo e sicuramente ambiguo, il film ci regala – ma impone anche – la figura di un eroe che si è dimostrato un traditore, un’istanza pubblica e una realtà soggettiva che collidono. E poi si fondono. Perché queste due polarità cangianti si ricongiungono in un unico volto: in qualsiasi momento, il traditore può divenire un eroe e, altrettanto, l’eroe può scoprirsi come un traditore. Tutto può avere un doppio significato e una duplice interpretazione: chi è Athos magnani? Un uomo che avverte il disagio, il peso, di una situazione politica e morale difficilmente vivibile, oppure un ipocrita? Un cospiratore o un autentico eroe?

Bertolucci aveva a disposizione un budget irrisorio, eppure, con Strategia del ragno ha realizzato un saggio di costume, un meticoloso esempio di compenetrazione tra forma e contenuto. Di grande effetto i prolungati carrelli laterali e circolari attorno ad Athos, come a suggerire l’idea (centrale nell’economia espressiva del film) del progressivo invischiarsi del personaggio in una trama da cui non riuscirà più a districarsi, in cui rischia di rimanere ammanettato e soffocato da ricordi non suoi, ma che rivivono grazie alle sue gesta.

La fotografia di Vittorio Storaro non è poi elemento da sottovalutare: una luce soffusa permea le inquadrature, ed emerge così una dimensione fortemente introspettiva, a volte onirica. Pezzo forte della pellicola che vanta anche un ottimo Brogi nella parte del protagonista estraneo e guardingo, nonché la bravissima Alida Valli, nel ruolo dell’antica amante dell’eroe-traditore. Una figura, quest’ultima, che deve essere indagata e spiegata; la ricerca della verità diviene ossessiva in Bertolucci: un cospiratore organizza un attentato e si accorge, proprio mentre si accinge a prepararlo, del suo inevitabile fallimento, o un delatore tradisce i propri compagni? Athos magnani è davvero un martire? La risposta è il tema del doppio, la duplice nature del padre e il figlio come suo doppio. E questa natura duale può essere sciolta solo grazie ad un oggetto da sempre fonte di fascinazione e mistero: uno specchio, ovviamente. Così, metaforicamente Athos figlio si è guardato allo specchio per tutta la durata del film, quello specchio rappresentato dal padre, che è identico al figlio. Nell’inconscia ricerca della propria identità attraverso la consapevole ricerca dell’identità paterna, Athos è costretto a restare a Tara, a ricercare un’identità di cui è privo perché troppo simile a qualcun altro la cui identità è fittizia. Nel momento in cui Athos perde il proprio doppio, quando cioè scopre che il padre è un traditore, l’immagine allo specchio sbiadisce, si annulla, muore. Egli si guarda allo specchio, ma non vede più alcuna immagine.

Quello che il protagonista compie è un viaggio che lo condurrà alla sconfitta, un itinerario che inizia con una speranza e si conclude con una disfatta. Il titolo dell’opera è già espressione di colui – traditore o eroe che sia – che imprigionerà l’altro nella propria trama vischiosa, sintomo stesso dell’indicazione borgesiana di un’armonia prestabilita che sta alla base del racconto, ma anche del lungometraggio: il ragno, ovvero il testo, tesse le proprie fila secondo una direttrice che si diramerà in più motivi, motivi che si intrecceranno tra loro per poi ritornare al nocciolo della questione: un vuoto che raffigura, simbolicamente, la rimozione individuale e collettiva. Come per i sogni e le allucinazioni vi è la presenza di una legge, così come nel linguaggio dell’inconscio. E in Strategia del Ragno questa corrispondenza tra linguaggio cinematografico e linguaggio dell’inconscio si delinea attraverso forme illuminanti: il ritorno del rimosso, del represso, che nel film di Bertolucci si concretizza nella scoperta della verità e della colpa del padre. Athos, nato quando il padre era già morto lo ha ucciso una seconda volta proprio venendo alla luce. Così, in un certo senso, non ha mai avuto la possibilità di essere al mondo e trovare il proprio equilibrio di uomo.


Dettagli

  • Titolo originale: Id.
  • Regia: Bernardo Bertolucci
  • Fotografia: Vittorio Storaro
  • Musiche: /
  • Cast: Giulio Brogi, Alida Valli, Tino Scotti
  • Sceneggiatura: Bernardo Bertolucci, Marilù Parolini, Eduardo De Gregorio

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