Cinema

Bertolucci In Vista. Il conformista

Pasquale Parisi

Presidente della Giuria alla Biennale Cinema di Venezia, Scene Contemporanee celebra l’opera immortale del maestro Bernardo Bertolucci, film per film: Il conformista, dalle pagine di Alberto Moravia alla realtà filmica d’un uomo gretto e viscido.

Quando, alla fine degli anni Sessanta, Bernardo Bertolucci propone alla Paramount (Mars Film, in Italia) la trasposizione del romanzo Il Conformista di Alberto Moravia, è ormai pronto a firmare una delle vette della propria luminosissima carriera. Rispetto al materiale di origine, Il Conformista cinematografico propone poche modifiche, orientate principalmente a rendere il racconto più intimistico e personale, eppure più ampio nella propria portata.

Il protagonista è Marcello Clerici (Jean-Louis Trintignant), trentacinquenne prossimo al matrimonio ed all’accesso ad una importante posizione lavorativa. Già i dettagli di queste prospettive la dicono lunga sulla personalità dell’uomo: la fidanzata pronta al grande passo, Giulia (Stefania Sandrelli), è troppo spensierata per attrarlo seriamente; l’organismo al quale l’uomo tende è invece la polizia politica fascista, e l’ingresso è subordinato alla sua infiltrazione nelle cerchie del professor Quadri, suo insegnante ai tempi dell’università ed ora fervente antifascista trapiantato in Francia.

Marcello non ha certamente fede incontrovertibile nel fascismo, eppure propone egli stesso l’incarico e non fa una piega quando gli ordini si spostano dall’infiltrazione all’assassinio. Marcello non è credente, eppure sente la necessità del matrimonio.
Questo perché Marcello assume come tratto fondamentale del proprio carattere una potente, insopprimibile necessità di omologazione, di una “normalità” anelata come massima prospettiva di vita. Certamente si tratta di una reazione ad esperienze che impariamo a conoscere nei vari frammenti: il padre segregato in manicomio, la madre dipendente dalla morfina ma, più di tutti, l’approccio ricevuto da ragazzino da parte di un autista omosessuale, culminato con un colpo di pistola sparato accidentalmente verso l’uomo.

Sotto la copertura del viaggio di nozze, Marcello incontra Quadri (Enzo Tarascio) a Ventimiglia, per poi seguirlo a Parigi. La scena dell’incontro, tra le più evocative, propone un corrispettivo visivo al racconto del mito della caverna di Platone; oltre a concedere al direttore della fotografia, il naturalmente inappuntabile Vittorio Storaro, occasione per un pezzo di bravura, si propone a senso sotterraneo dell’intera opera, che nel finale apparirà basata anche sulle percezioni fallaci.
L’incontro funge da cesura tra la prima e la seconda parte del racconto, ambientate rispettivamente a Roma e Parigi, e caratterizzate da marche estetiche chiaramente distinte.
La sezione romana utilizza gli edifici dell’EUR per ricreare l’impressione della Roma fascista: la regia predilige totali ed inquadrature che vanno a mostrare uomini resi minuscoli dalla maestosità degli edifici; simmetrie e barocchismi creano atmosfere quasi surreali. Radicalmente differente è la sezione parigina, in cui i tagli di inquadratura privilegiano la figura umana, ed anche gli esterni si mostrano decisamente “a misura d’uomo”; i colori si fanno più tenui ed i movimenti più liberi, assecondando la ripresa di una vitalità più serena, che arriva qui a sembrare quasi possibile.

Marcello tentenna: invaghitosi della bellissima moglie del professore (Dominique Sanda), arriva a proporle di scappare insieme a lui in Brasile, abbandonando quanto costruito sino ad allora. Nonostante la passione per la donna e la malcelata simpatia per Quadri, Marcello finirà per cedere alla pressione del regime, nella persona dell’agente speciale Manganelli (Gastone Moschin), e prestarsi ad un assassinio che, in linea con l’indolenza sempre dimostrata, preferirà rimanere a guardare dalla propria auto, senza avere il coraggio di sferrare personalmente i colpi letali né di acconsentire alle suppliche della donna.

Il flash-forward conclusivo è dedicato alla caduta del regime, che mette Marcello di fronte al dilemma delle proprie azioni. Sceso nelle strade in festa con l’amico cieco Italo, ha modo di incontrare nuovamente l’autista che credeva di avere ammazzato – sopravvissuto all’episodio di molti anni prima – e capire che per tutta la vita ha condotto scelte, deciso della vita propria e di quelle altrui, basandosi su certezze non più compatte delle ombre del mito di cui sopra.

In quella che è la modifica più importante rispetto al romanzo, invece che fuggire verso una morte che sa di punizione divina, Marcello denuncia a gran voce l’omosessualità di Lino e la precedente appartenenza al regime di Italo, condannando entrambi alla reazione della folla e trovando nel salto sul carro del vincitore la soluzione ad ogni cruccio, in una tensione che, finalmente spogliata da ogni scusante, si mostra in tutto il proprio squallore; ulteriormente importante è la dimensione di piaga sociale squisitamente italiana che viene ad assumere, in una constatazione che non soffre lo scorrere del tempo: nella prospettiva del finale aperto, Marcello avrà certamente finito per passare recentemente dal PDL al M5S per garantirsi la posizione più favorevole, continuando a condizionare gli ingranaggi della vita sociale con la propria venefica presenza. 


Dettagli

  • Titolo originale: Id.
  • Regia: Bernardo Bertolucci
  • Fotografia: Vittorio Storaro
  • Musiche: Georges Delerue
  • Cast: Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Gastone Moschin, Enzo Tarascio, Pierre Clémenti, José Quaglio
  • Sceneggiatura: Bernardo Bertolucci

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