Arti Performative

Agrupación Señor Serrano // Kingdom

Pasquale Parisi

Dire che l’idea vagamente ossimorica di “cinema dal vivo” rappresenta il concetto scenico fondante della produzione più recente della Agrupación Señor Serrano è corretto e pure discretamente adeguato, ma la reale portata di questo principio e il modo in cui prende forma concreta sul palco di uno spettacolo come Kingdom, visto nella cornice del Teatro Maddalene di Padova, puoi capirlo solo quando, dopo un incipit sommesso e accorato, un travolgente pezzo rap cinese che pare uscito dalla penna di ipotetici Lonely Island con gli occhi a mandorla dà il via a questo viaggio surreale denunciando come falso storico la biblica mela, e portando al ruolo di legittimo peccato originale un altro frutto, quello dell’amore: la banana, prima immagine centrale dello spettacolo.

Agrupación Señor Serrano, “Kingdom”

Intanto non puoi non accorgerti di avere preso un attimo sottogamba quella definizione di “cinema dal vivo”, appunto: musica, effetti sonori, canto, parole, immagini nascono live davanti ai tuoi occhi in un continuo ibrido teatro-concerto-performance-videoarte a opera dei cinque interpreti che sono a un tempo attori e tecnici, e tra i tavoloni sul palco colmi dei props più vari si muovono con grazia e sicurezza chirurgica e quasi spiazzante, andando a posizionare e manipolare sotto l’occhio della macchina da presa sapientemente portata in giro piante, modellini, foto e tanti altri oggetti che sul grande schermo prendono tutt’altre scale e prospettive, mentre l’intervento frequente del green screen fonde alla realtà della scena i più svariati inserti audiovisivi.

E mentre si ridacchia di gusto osservando la ingenuity con la quale sul palco una normalissima pianta di modeste dimensioni viene trasformata in quella che risulta una atmosferica foresta tropicale sullo schermo (e d’altro canto i due piani di azione e narrazione, palco e schermo, appunto, sono pensati per funzionare all’unisono, rimbalzandosi costantemente l’attenzione) si va delineando la storia della banana nella società del consumo, a partire dalla nascita della United Fruit Company a opera di Minor Cooper Keith, in un percorso che porta il frutto giocoso e profondamente allusivo, non richiesto da nessuno eppure diventato immediatamente l’oggetto del desiderio e il re dei (super)mercati, ad assurgere al ruolo di simbolo più adeguato del capitalismo stesso, rappresentandone le vicende tra i successi e le crisi, fino a incrociare la strada nei primi anni Trenta con il proprio complemento ideale, secondo filo fondamentale di questo strampalato tessuto: la figura di King Kong, consacrazione e definitivo strabordare delle pulsioni più virili e dominatrici, che ci lanciano in una cavalcata che dal boom degli anni sessanta attraversa a rotta di collo i decenni, tra le copertine del Timese le più celebri icone pop, fino ad arrivare al presente; la controcultura ha fatto il giro ed è finita a decorare magliette vendute a buon mercato su amazon, le banane sono diventate ormai di mille tipologie differenti per poter assecondare ogni possibile propensione e necessità identitaria, e una haka forsennata, tra luci stroboscopiche ed esplosione di banconote, mette il punto finale su questa pazza corsa, sempre con lo stesso tono sghignazzante, energetico e vivace.

Tono che sembra sempre più un invito a non prendersi troppo sul serio e divertirsi nonostante tutto, godendosi un viaggio che è comunque destinato a continuare, sempre più veloce. E, come messo bene in chiaro dall’invito di inizio spettacolo che sta allo spettatore interpretare, a questo punto, come speranza o suprema rassegnazione, viviamo in tempi che giustificano poco il nostro consueto timore esistenziale, la sensazione che stia sempre tutto per finire; stiamo dopotutto meglio di come siamo mai stati. Stiamo bene, si ripete più volte. «Estamos bien. Estamos bien (?)».

 

KINGDOM

di Agrupación Señor Serrano (Àlex Serrano, Pau Palacios e Ferran Dordal)
con Diego Anido, Pablo Rosal, Wang Ping-Hsiang, David Muñiz e Nico Roig
musica: Nico Roig
programmazione video: David Muñiz
creazione video: Vicenç Viaplana
spazio e modelli in scala: Àlex Serrano e Silvia Delagneau
costumi: Silvia Delagneau
design luci: Cube.bz
coreografia: Diego Anido
spazio sonoro: Roger Costa Vendrell
supporto tecnico: Sergio Roca
assistente alla regia: Martín García Guirado
durata: 1h senza intervallo



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