Cinema

Tokyo Love Hotel

Cristina Lucarelli

Hiroki Ryuichi racconta, anche con una certa leggerezza, una storia di amore e sesso in un albergo a ore, dove i rapporti si consumano nell’alienazione e nella mancanza del confronto.

Presentato in anteprima al Far East Film Festival di Udine dello scorso anno, Tokyo Love Hotel segna il ritorno di Hiroki Ryuichi al cinema di matrice indie e lo fa con una storia compressa in sole 24 ore. Già il titolo è evocativo del racconto per immagini: un hotel dell’amore a Kabukichō, in un quartiere a luci rosse della capitale nipponica, dove le coppiette si appartano per consumare una lunga notte di sesso.

L’albergo è l’Atlas e alla reception c’è il giovane Toru a fare da mediatore al via vai di prostitute, talent scout, attrici porno, fidanzati fedifraghi, gente che deve nascondersi. È attorno all’hotel che ruota il film, che gravitano le storie di personaggi a metà tra la commedia giapponese e la malinconia più profonda. Il sesso è la panacea a tutti i mali, dalla disperazione alla frustrazione, dalla crisi economica a disastri di proporzioni globali. Ryuichi porta davanti alla camera qualche scorcio della contemporaneità orientale, una società che sembra dissolversi nell’alienazione, lasciando disorientato chi non conosce la cultura giapponese.

L’atmosfera che si respira non è affatto delle più leggere, nonostante le scelte registiche abbiano lasciato spazio a escamotage per allentare il cappio della tensione. Le scene spinte non mancano di certo, ma non è “meccanica”; ci si sofferma sugli effetti, si tratteggia un’inquietudine che pervade la visività ed entra dentro, sebbene il cineasta si dilunghi forse un po’ troppo. Se lo script fosse stato messo in scena economizzando in termini di tempo, la pienezza dei personaggi avrebbe avuto maggior risalto; la piattezza, poi, del doppiaggio italiano non può che incidere negativamente sul risultato finale di una pellicola ben confezionata e ben interpretata.

La disamina amara del rapporto di coppia, il ritratto di un’umanità solitaria e ben lontana dall’idea del Giappone che si ha in occidente, la rappresentazione stessa del sesso come metafora delle contraddizioni che attanagliano una realtà fagocitata dal suo stesso pregiudizio. Il sesso assume così una connotazione prettamente negativa e colpevolista che guarda biecamente una generazione allo sbando. I rari momenti di ironia si sposano impeccabilmente con la morbosità avvilente circa l’idea stessa di futuro: il finale è emblematico, si cerca la conciliazione con lo spettatore assorbito dal mondo di bugie che gli è stato propinato, ma la buona intenzione di Ryuichi non serve a dimenticare il ritratto lacerante, sporco, anaffettivo di un destino da cui sembra non esserci via d’uscita.


Dettagli

  • Titolo originale: Sayonara Kabukicho
  • Regia: Hiroki Ryuichi
  • Anno di Uscita: 2014
  • Genere: Commedia
  • Fotografia: Atsuhiro Nabeshima
  • Musiche: Tsuhi Ayano
  • Produzione: Giappone
  • Cast: Shota Sametani, Atsuko Maeda, Lee Eun-woo, Nao Omori
  • Sceneggiatura: Haruhiko Arai

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