Musica Nuove Uscite

Il Rumore del Bianco – Luccicanza

Redazione

Uscito la notte di Natale, in una data fortemente simbolica e a chiusura di un anno terribile come quello che ci siamo lasciati alle spalle, è il terzo lavoro di un gruppo ligure degno d’interesse come Il Rumore del Bianco, dal titolo fortemente evocativo di Luccicanza. 

Anche in questo lavoro la catalogazione e classificazione si presenta fortemente complessa da attuare, in pieno ossequio alle tendenze contemporanee della musica che vivono sempre più di commistioni e non di generi puri (e lo si vede ad esempio nel constatare come ormai il suono globale contemporaneo, di cui Londra e Los Angeles rappresentano per motivi diversi due centri nevralgici, sia fatto ormai di contaminazioni tra jazz, musica black, elettronica, world music – basti pensare ad album particolarmente seminali degli ultimi anni come To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar oppure Black Focus di Youssef Kamaal). Con Luccicanza ci troviamo di sicuro di fronte a stilemi stilistici meno “contemporanei”, ma non per questo meno interessanti: nell’universo del “post-rock” a cui la band si dichiara di appartenere (dichiarazione – allo stesso tempo – che li porta sul solco della constatazione che il rock classico sia ormai considerabile più nel passato che nel presente) ci sono evidenti richiami a certi capisaldi del genere (i Mogwai, ad esempio, ma anche i Clogs, per citare due estremi distanti seppur vicini), ma conditi con una spruzzata di elettronica che prende a piene mani dalla new wave degli anni ’80, e soprattutto da un certo immaginario un po’ misterioso afferente all’universo della musica cinematografica, in particolare modo quella di genere degli anni ’70 – più vibes horror che poliziotteschi – da sempre un caposaldo del craftmanship italiano seppur ancora da rivalutare nei confronti del grande pubblico (escluso i grandi nomi come Ennio Morricone o Alessandro Alessandroni).

E in realtà è proprio la dimensione cinematografica (ma della composizione per medium in generale, viste anche le influenze legate al mondo videoludico) ad essere fortemente permeanti questo lavoro del gruppo ligure; ovviamente il titolo, che insieme all’album richiamano fortemente allo Shining kubrickiano (quasi a parziale conferma di quanto detto poco più su), ma anche e sopratutto il concept e la vision del progetto artistico del gruppo, che si esplica certo nelle composizioni che fanno parte dell’album, ma che in realtà genera un discorso più ampio legato a doppio filo con i video musicali, non semplice accompagnamento ma parte integrante della poetica del gruppo – con dei tocchi di puro lirismo al suo interno – e più in generale con la dimensione performativa stessa dei live (che oggi viviamo come un oggetto mitologico del passato, ahimè, in attesa di tempi migliori), che si nutre non solo della performance musicale ed acustica ma anche delle proiezioni stesse, in un dialogo tra audio e video che ricorda molto quello fatto dalla scuola canadese del post-rock, di cui i Godspeed You! Black Emperor sono sicuramente il gruppo più rappresentativo. E così, Videogame non sfigurerebbe – quasi per sottolineatura – all’interno della narrazione di un SIlent Hill, così come Inverno ha il sapore della periferia americana, nelle terre selvagge e ai margini della civiltà così come da noi comunemente intesa. 

A questo sottostato fortemente evocativo l’elettronica e i sintetizzatori aggiungono profondità e corpo ai brani, fondendosi con le atmosfere per creare qualcosa che è più della somma delle parti; Low-dives diventa così quasi un’ossessione elettronica, pur mantenendosi nella cornice esperienziale succitata, così come L’altra casa del sogno (un riferimento a Garcia Lorca?) acquisisce una forte carica malinconica proprio grazie all’incessante dialogo dei sintetizzatori con gli strumenti a corde.

Insomma, Luccicanza è un lavoro sicuramente promettente e al tempo stesso una base di partenza per l’evoluzione successiva del gruppo; in attesa di poterli ammirare in una dimensione live, il disco è un modo perfetto per entrare nelle atmosfere del gruppo e rimanere attratti dalle loro rappresentazioni.

Mario Mercurio



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