Musica

Xabier Iriondo – Irrintzi

Mario Esposito

Una carriera ventennale, una discografia chilometrica e coinvolgimenti in progetti più o meno noti

Una carriera ventennale, una discografia chilometrica e coinvolgimenti in progetti più o meno noti del panorama indipendente italiano, eppure arriva soltanto oggi il primo lavoro a nome Xabier Iriondo: l’artista italo-basco, deus ex machina degli Afterhours e polistrumentista tra i più apprezzati nel nostro paese, si mette a nudo con un lavoro che, sin dal titolo “Irrintzi” (in lingua basca, un urlo prolungato), prende le mosse dalle sue radici per farle convergere nel rock, nel noise e nella ricerca sonora più estrema, quella stessa che già da anni lo vede protagonista di un progetto finalizzato all’autocostruzione degli strumenti e all’incontro degli stessi con musica elettronica, field recordings e strumenti elettroacustici.

Stridii e suoni graffianti che incontrano la musica tradizionale basca, “Irrintzi” è un melting pot culturale da esplorare con lo sguardo incuriosito di chi ha voglia di aprirsi all’arte in tutte le sue contaminazioni: l’ultimo saluto (“aurresku” in basco) di una bimba al nonno su un sottofondo di strumenti tradizionali suonati da Gaizka Sarrasola, in “Elektraren Aurreskua”, o il racconto di Karmel Iriondo Etxaburu, papà di Xabier, di quanto visto a Gernika nel 1937 il giorno dopo il bombardamento da parte della Legione Condor, in “Gernika eta Bermeo”, sono ben più di un omaggio alla regione spagnola della quale Iriondo è originario.

La title-track “Irrintzi”, tenendo fede al titolo, si presenta come un lungo e rabbioso grido, supportato da chitarre sporche e taglienti, mentre “Il cielo sfondato” (con i contributi del sassofonista Gianni Mimmo e di Paolo Tofani degli AREA) entra in territori di matrice progressive con una melodia semplice dal sapore indianeggiante.

La zona-cover pesca un po’ ovunque nel background musicale di Iriondo: si va da una rumorosa versione di “Reason to believe” di Springsteen cantata da Paolo Saporiti all’imprevedibile medley “Preferirei piuttosto gente per bene gente per male”, che unisce un brano di Francesco Currà ad uno della coppia Battisti-Mogol, in un visionario scontro tra mondi apparentemente agli antipodi; ancora, c’è spazio per i Motorhead di “The hammer”, così come per un altro salto nella tradizione con “Itziar en semea”, brano folk basco diventato negli anni un vero e proprio inno antifranchista e qui destrutturato in chiave noise, per chiudere poi con il Lennon di “Cold Turkey”, rock’n’roll diretto ed essenziale arricchito dalla presenza della triade Agnelli-Prette-Dell’era.

Un lavoro fuori dagli schemi che consegna, laddove vi fosse ancora bisogno di dimostrazioni, uno Xabier Iriondo poliedrico ed eccentrico, capace di manipolare con personalità qualsiasi riferimento di genere disorientando e, al tempo stesso, affascinando l’ascoltatore: abilità che è poi ciò che rende un musicista un vero e proprio artista.



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