Arti Performative Focus

Trasparenze Festival 2022. Diario di un teatro di ‘borgo’

Roberta Leo

Dal 25 al 31 luglio la decima edizione del Trasparenze Festival ha ravvivato la naturale bellezza del borgo di Gombola (frazione del Comune di Polinago in provincia di Modena) e portato il teatro nei sentieri e nei boschi dell’Appennino emiliano. Il graziosissimo centro in questa occasione si popola di artisti, critici e operatori che non tardano a far parte della piccola comunità. Ed è questo, sicuramente, il punto di forza del festival: l’interazione tra ospiti e territorio. Si fondono tra loro amichevolmente, si scambiano storie e testimonianze. Fautori del progetto sono l’affermata realtà teatrale modenese Teatro dei Venti diretta da Stefano Tè e il colosso del circuito teatrale emiliano ATER Fondazione, che collaborano in pieno spirito di comunanza tra pubblico e privato, tra artisti e local, tra istituzioni e territorio.

Il quartier generale del Festival viene individuato nella piazzetta di Gombola, negli spazi della chiesa, del bosco e dell’Ostello Podesteria di Gombola che offre ospitalità e ristoro a ospiti, artisti e operatori in un clima piacevolmente familiare.

Primo esempio del tessuto interattivo del festival sono i laboratori condotti nelle prime giornate della manifestazione dalla compagnia Teatro delle Ariette e dalla musicista e compositrice brasiliana Clarice Assad. Mentre quest’ultima sperimenta canto e vocalità in uno dei concerti serali del festival, il Teatro delle Ariette dà vita a Del guardare lontanouna performance vera e propria ispirata ai ‘canti’ di Giuliano Scabia, l’indimenticabile poeta rivoluzionario della pratica teatrale scomparso lo scorso anno. Gli allievi-attori partecipanti, vestiti di bianco, si tengono per mano in cerchio, si scambiano nomi e sorrisi, cantano e discutono in una tavola rotonda di buffe e candide oche (sulle orme dei testi di Scabia) e terminano con una riproposizione di Nelken Line, la celebre ‘passerella’ con cui la coreografa tedesca Pina Bausch volle esaltare il ciclo delle stagioni.

Dopo i primi giorni di laboratori si entra nel vivo di spettacoli e concerti. Tra il bosco e la chiesa di Gombola ha luogo il commovente Piccoli funerali di Maurizio Rippa. La sua voce racconta e canta con estrema sensibilità le storie di alcuni defunti, ricorda chi ci ha lasciato e invita ciascuno spettatore a ricordare una persona speciale che non c’è più. Il pubblico è travolto da un’onda emotiva fortissima, che accarezza delicatamente i ricordi più intimi, con la complicità della chitarra di Amedeo Monda che accompagna questo teatro impregnato di sacro e rituale.

Al festival è presente anche la danza che arriva dall’Israele, paese che ormai si afferma in modo nitido nel mondo della danza contemporanea a livello internazionale, con la compagnia Gesher Theatre. Lo spettacolo presentato è EFO YAFO che in ebraico significa “Dov’è Jaffa?”. Jaffa è una città che si trova al centro tra Damasco, Gerusalemme e Il Cairo e che tra i vari significati attribuitole significa  Madre degli stranieri”. È dunque una città di fede, umanità e storia tanto che la coreografia che la rappresenta viene coadiuvata da uno schermo sottotitolato che traduce i testi recitati e cantati dai danzatori. Questi pongono il fulcro del lavoro sulla fusione tra corpo e voce, evidenziano una tecnica contact e una fisicità potentissima. Tuttavia, la danza sarebbe potuta bastare a se stessa, senza necessitare dei sottotitoli che distraevano, talvolta, lo spettatore dallo stupore destato dagli atletismi dei danzatori e dal fascino delle nenie mediorientali.

Il concerto di Rachele Andrioli conclude la giornata di giovedì 28 luglio con i ritmi della taranta e del folklore salentino, coinvolgendo artisti e spettatori in una caratteristica pizzica pugliese. Venerdì 29 luglio, invece, abbiamo assistito ai Dialoghi degli Dei de I Sacchi di Sabbia e Massimiliano Civica che raccontano vizi e virtù degli dei dell’Olimpo attraverso una caricaturale lezione di epica dentro un’immaginaria aula di scuola, con tanto di banchi e cattedra. Gli dei, protagonisti della lezione, presenziano in classe interagendo con una coppia di discoli alunni e l’esigente professoressa. La lezione ben presto si trasforma in un divertente salotto di gossip sui protagonisti dei dialoghi di Luciano di Samosata scritti nel II secolo d. C..

“Tabù-ho fatto colazione con il latte alle ginocchia” di Quotidiana.com. Foto di Chiara Ferrin

A seguire, la compagnia Quotidiana.com con Tabù-ho fatto colazione con il latte alle ginocchia. Come per la lezione di letteratura greca, anche qui si ironizza su vizi e trasgressioni non dell’antica Grecia bensì del sesso dei nostri giorni. Così una coppia di amanti annoiati si sfida in una gara  dal mellifluo sapore italo-francese (forse provocatoriamente un po’ troppo lunga), di tabù celati da moralità e sacralità radicate nel sentire comune.

Sabato 30 luglio è  la giornata più ricca di attività. Gran parte degli spettacoli si svolgono nel bosco di Gombola. Oliviero Ponte di Pino presenta il libro scritto insieme a Giulia Alonzo In giro per festival. Guida nomade agli eventi culturali, una preziosa mappatura dei luoghi dei festival, oasi di pensiero, letteratura, musica, teatro, cinema e arte in Italia.

Precede la presentazione Fuga in me minore – work in progress di Teatro Nucleo, una drammaturgia fisica e musicale scritta da Veronica Ragusa, unica interprete in scena, e da Marco Luciano che dirige anche l’intero lavoro. Ragusa si presenta come una creatura dei boschi, una ninfa moderna che suona la fisarmonica, canta e recita poesie, gioca tra gli alberi da bambina, scopre l’amore da donna, infine, scappa da una vita forse troppo piena di eccessi. In realtà lo spettacolo si ispira alla tragica storia d’amore tra i due poeti Arthur Rimbaud e Paul Verlaine; così ciò che sembrava il racconto di una candida fanciulla rende l’attrice un mero strumento per raccontare il tormento di una relazione omosessuale.

Nel pomeriggio Silvio Castiglioni  con il suo L’uomo è un animale feroce riadatta dei racconti del poeta santarcangiolese Nino Pedretti portando in scena le nevrosi ossessive dell’uomo medio tracciando con un mix tra ironia e crudeltà  le ‘stranezze’ che ciascuno spettatore probabilmente riconosce e sente come familiari.

“Felici per sempre” con Flavia Marco e André Casaca. Foto di Chiara Ferrin

Di assoluta freschezza e tutt’altro sapore è Felici per sempre di e con i bravissimi Flavia Marco e André Casaca. Una macchina d’epoca diventa teatro e palcoscenico di un rapporto di coppia con tutti i suoi alti e bassi; così le scaramucce di una coppia in viaggio di nozze si traducono in equilibrismi e capriole, baci e dispetti. Una testimonianza ironica, tra teatro fisico, clownerie e acrobatica, su come il matrimonio sia un continuo compromesso per raggiungere la tanto desiderata felicità.

Si torna in Chiesa con Claudia Castellucci e Chiara Guidi che portano in scena Il regno profondo – Perché sei qui?. Questa produzione targata Socìetas non smentisce lo stile della compagnia che si conferma filosofico ed ermetico, ponendo le sue domande esistenziali, segnando la crisi di ogni logica, scovando dubbi e giocando su metrica, suono onomatopeico e idiomi para-dialettali. Centrale, per Claudia Castellucci e Chiara Guidi, l’interrogazione del pubblico, il quale viene confuso con raffinata arte oratoria. Obiettivo che raggiungono perfettamente.

Chiusura in piazzetta con Guarda come nevica 3. I sentimenti del maiale della Compagnia Licia Lanera con la rockband SundayBeens, terzo episodio della trilogia che vede due teatranti chiusi e impegnati con le prove di uno spettacolo. Il risultato è un lavoro sul tema del suicidio, dell’arte e dell’isolamento, che si serve di una verve eccessiva, di una voce rabbiosa e provocatoria.

Si chiude in leggerezza con Lodo Guenzi, cantante bolognese e membro del gruppo Lo Stato Sociale che fa ballare tutti sul suo brano più famoso Una vita in vacanza.
Ma la vera chiusura che presagisce già i saluti tipicamente malinconici del rientro si ha con la Camminata utopica nella mattinata di domenica 31 luglio, un percorso di 6 chilometri che, attraverso il bosco, porta dal Castello di Gombola al borgo abbandonato di Palaveggio.

“Passeggiata Utopica”. Foto di Chiara Ferrin

La camminata guidata avvicina i più scettici al trekking e rende felici i camminatori già più allenati. Soprattutto, con le riflessioni sul concetto di utopia guidate da Fabio Biondi, Azzurra D’AgostinoGerardo Guccini, e con il pranzo finale di tutta la comunità, si sancisce l’arrivederci degno di questi giorni trascorsi a contatto con l’arte, la natura, l’umanità, nel chiaro segnale di come anche un piccolo borgo possa diventare un cuore pulsante attraverso la cultura e il teatro.

 

[Immagine di copertina: foto di Chiara Ferrin]



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