Libri

Scaffale. “Lo spettatore addormentato”

Francesca Fichera

Una preziosa silloge di recensioni teatrali scritte da Ennio Flaiano

A quarant’anni dalla sua morte, ma anche e soprattutto dopo, è buona cosa tornare a leggere gli scritti di Ennio Flaiano, per i quali le coscienze accese potrebbero nutrire una sorta di masochistica, ma pur benefica, nostalgia. È ciò che accade, ad esempio, tenendo fra le mani l’edizione “Adelphi” de Lo spettatore addormentato, curata da Anna Longoni per la collana  “Piccola Biblioteca”: una preziosa silloge di testi derivati dall’attività di critico teatrale di Flaiano, da lui svolta fra il 1939 e il 1967 accanto a quelle di scrittore e di sceneggiatore cinematografico.

Quanto è messo in evidenza dalla descrizione segnata in quarta di copertina, che da sola  basterebbe a definire l’impagabile sostanza del volume, non è che una parte dell’universo capace di schiudersi al lettore una volta oltrepassata quella naturale difficoltà insita nel rapportarsi a un testo specifico ed alla sua scrittura, tanto complessa quanto geniale.  Il consiglio, rivolto specialmente a chi sa poco o niente della storia teatrale novecentesca italiana ed internazionale, è di sforzarsi a proseguire anche quando la particolarità dell’argomento trattato, unita alle ampie introduzioni tematiche compiute da Flaiano, dovesse apparire complice di un “appesantimento” del processo di lettura, in grado di far addormentare il lettore, oltre allo spettatore del titolo. (E comunque ben venga pure questo se è vero quanto sostiene Flaiano stesso a proposito del fruttuoso passaggio dal sonno alla veglia, principio portante della raccolta). La verità è che, aprendosi alla scrittura di Ennio Flaiano, è la mente ad aprirsi due volte, in un confronto, costante e nuovo ad ogni pagina, con una delle più grandi personalità mai nate e cresciute in territorio italiano. Un anticonformista vero proprio perché consapevole del fatto che, in Italia, è possibile opporsi «solo nel modo giusto, approvato». Dove è sempre più raro, se non impossibile, che si alzi una voce realmente dissonante; che un critico, di qualsiasi settore, ritorni a sostenere la morale piuttosto che la pubblicità, caldeggiando per convinzione e non per convenienza. Ecco perché è così facile che, leggendo Lo spettatore addormentato, il germe della nostalgia “di epoche mai vissute” si insinui nei nostri interstizi mentali. Chi non si entusiasmerebbe nel leggere una stupefacente stroncatura d’uno spettacolo di Pier Paolo Pasolini o di Carmelo Bene? Per giunta scoprendo, poche pagine dopo, che lo stesso autore di quelle aspre critiche ha tessuto, nei confronti di coloro ai quali erano indirizzate, profonde e appassionate lodi per un altro lavoro teatrale, da lui ritenuto più valido? Di certo non in nome di un’incoerenza o di una volubilità di fondo, ma perseguendo uno spirito critico e d’osservazione senza pari, atto a mettere in discussione qualsiasi persona o cosa. A partire dal “ridicolo” che c’è in noi e che, spesso, rifiutiamo di vedere.


  • Genere: Critica teatrale
  • Altro: A cura di Anna Longoni

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