Arti Performative Focus

Ricordando Pina Bausch: l’eredità di Wuppertal nel documentario di Anne Linsel

Roberta Leo

Disponibile in streaming su Arte.tv fino all’8 febbraio, il documentario L’eredità di Pina Bausch diretto da Anne Linsel nel 2019 dà voce ai danzatori del Tanztheater Wuppertal e raccoglie l’eredità della straordinaria Pina Bausch, icona del teatrodanza tedesco e fondatrice della celebre compagnia. La coreografa, capace di danzare l’intimità di un gesto, del quotidiano, l’attimo di un respiro, portavoce di un nuovo espressionismo che affonda le sue radici in quello di un genio come Kurt Jooss, ha segnato la storia della danza. A dieci anni dalla sua morte il documentario mostra come dal passato ci si proietti nel futuro soffermandosi anche sull’approccio dei danzatori al lavoro di nuovi coreografi come il norvegese Alan Lucien Øyen durante le prove del suo lavoro Bon Voyage, Bob. Si percepisce come la compagnia sia in una fase di transizione in cui coreografi e danzatori s’interrogano su cosa sia più giusto fare: continuare a danzare solo il repertorio o andare avanti, creare nuovi lavori? Certamente non sarà mai come prima ma è giusto andare avanti. Del resto anche la stessa Pina aveva iniziato così, forte della fiducia datale proprio dal suo maestro Jooss. La forza del progetto sta però nel forte e indissolubile legame col passato e con Pina. E quindi, nell’elaborazione, e non nella mera ripetizione, del repertorio. Ciò costituisce, infatti, gran parte del lavoro svolto dopo la morte di Pina, ossia, servirsi del passato per andare avanti, per continuare ancora a crescere ma su quelle stesse radici. Un lavoro reso possibile soprattutto grazie alla Pina Bausch Foundation, fondata e voluta dal figlio Salomon, che vanta al suo interno un vastissimo archivio contenente foto, video, libri di regia e quaderni di appunti della coreografa a completa disposizione della compagnia. È bello vedere come questo prezioso patrimonio non sia custodito gelosamente, bensì totalmente offerto al futuro.

Lo sguardo scorre sulle testimonianze riportate dai danzatori di Wuppertal, ormai ultracinquantenni, ma comunque ancora attivissimi sulla scena come interpreti e, soprattutto, come coreografi. Jo Ann Endicotte, Dominique Mercy, Lutz Förster e molti altri ricordano Pina con racconti e aneddoti che la vedono seduta al suo grande tavolo ricoperto di carte, intenta a fumare, osservando le prove con quel suo sguardo serio ma dal sorriso ironico mentre prende appunti. Sfilano anche alcuni momenti dei suoi spettacoli più famosi che fanno toccare quasi con mano come l’inclusione dell’uso della parola, della risata, di oggetti scenici, abbiano reso la danza di Pina Bausch assolutamente nuova nel panorama della danza contemporanea degli anni Settanta. Così ai racconti s’intrecciano le scene di Café Müller, quel sogno nostalgico che Pina Bausch danza, delicatissima tra i tavoli impolverati di un vecchio café con gli occhi chiusi in una cecità consapevole; o ancora, le eleganti passerelle di Nelken Line, le ripetizioni ossessive di frasi di movimento corali di Le Sacre du printemps, i colori di Palermo Palermo!, i silenzi e le parole a fiumi.

Oggi questi storici interpreti del Tanztheater cercano di spiegare e trasmettere ai nuovi e più giovani danzatori il linguaggio di Pina: un vocabolario quest’ultimo costruito con precisione e meticolosità quasi maniacale, le cui parole nascono da un metodo creativo psico-emotivo ma allo stesso tempo “pensato” e iper-razionale. Pina creava ponendo delle domande ai suoi danzatori. Tanti e infiniti interrogativi dalle cui risposte nascevano azioni che poi diventavano gesti e poi, ancora, vere e proprie frasi coreografiche. Non cercava la risposta più bella ma quella che fosse più giusta per lei. Ogni gesto, l’espressione di una e più personalità: e questa varietà è bellezza.

L’eredità di Wuppertal ancora oggi, come allora, rinnova profondamente l’estetica della danza portando in scena esseri umani reali, imperfetti e unici, soffermandosi su sensazioni piccole, intime, valorizzando un particolare per costruirci sopra il racconto di un’epoca, un giorno, un istante. Molte cose, infatti, vanno solo percepite, danzate e “sentite sul corpo” per mantenerle in vita. Particolarmente suggestivo è come la regia del documentario mostri Wuppertal come una città di fantasmi, dove si riesce a prendere consapevolezza di se stessi, dove ci si conosce a fondo; una città grigia e fredda dove però i danzatori del Tanztheater hanno dato linfa a qualcosa che esisterà per sempre. È una città dove aleggiano gli spiriti, primo fra tutti quello di Pina che attraverso i danzatori mostrava il mondo in cui noi tutti viviamo, rompendo le forme e permettendo la fuoriuscita della vera sostanza. Grazie a lei e ai suoi “eredi” eccezionali ognuno potrà continuare a mettere ordine dentro di sé e saprà apprezzare la bellezza della diversità.



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