Arti Performative Dialoghi

“Radure”: il festival di teatro che risveglia l’orgoglio identitario di comunità affette dalla sindrome della provincia

Pietro Perelli

Da circa un mese, ovvero dal solstizio d’estate fino al 21 luglio, lungo la via Francigena del sud, e più precisamente sui Monti Lepini, grazie ad ATCL – Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio, la Compagnia dei Lepini e ai Comuni di Priverno, Carpineto Romano, Norma, Segni, Sezze, si sta svolgendo Radure. Spazi culturali lungo la Via Francigena del Sud, un festival con proposte artistiche varie e di grande qualità, che ospita protagonisti del panorama artistico italiano, da Gabriele Lavia, a Monica Guerritore, a Nicola Piovani. Finanziato anche dalla Regione Lazio e inserito nel più ampio progetto integrato Invasioni Creative, si propone di valorizzare il sistema culturale dei Monti Lepini. «Insistendo – spiega Isabella Di Cola di ATCL che si è occupata dell’organizzazione e che è già al lavoro per la programmazione del prossimo anno – su piccoli e medi comuni, cerchiamo di rendere efficienti quei processi di lavoro interni alle pubbliche amministrazioni che sono relativi ad eventi culturali significativi per il territorio, affinché abbiano una risonanza, un’urgenza, per la comunità. Questo – continua – è il primo anno di Radure, ma il festival s’inscrive in un sistema di intervento integrato partito lo scorso anno attraverso il Comune di Priverno. Radure è infatti il primo intervento di sistema del progetto integrato dal nome Invasioni Creative».

Perché il nome Radure?

Era un progetto in stand-by sul territorio da qualche anno, perché c’era la volontà sia da parte di ATCL che della Compagnia dei Lepini di valorizzare le espressività locali. Il bando a cui abbiamo partecipato intendeva valorizzare i temi culturali prossimi alla Via Francigena del Sud, che quindi è diventata un elemento fondamentale. Radure è un nome che sottolinea, valorizzandolo, l’incontro tra il “viandante” e lo “stanziale”, che è sempre circoscritto allo spazio del cammino. L’intento è stato proprio quello di sottolineare il momento di incontro tra queste due figure.

Quindi un luogo di pausa lungo il cammino…

Esattamente. Un luogo di pausa nel quale si ha una sorta di espansione del tempo e dello spazio. Abbiamo quindi luoghi della cultura animati dallo spettacolo dal vivo e da artisti di grande spessore e che trovano nuovo senso in questo connubio. È un tempo di contemplazione, di respiro, dell’anima.

È interessante notare questo binomio tra piccoli comuni e personaggi dello spettacolo di primo livello, che è raro vedere in questi luoghi.

E oltretutto presentano opere rare, non dico site-specific, ma sicuramente le opere proposte sono dimensionate allo spazio in cui vengono realizzate.

Piovani presenta un concerto/lezione in cui racconta i percorsi interiori che si sviluppano in alcune delle sue composizioni. Lavia, invece, fa un meraviglioso recital su Leopardi, di cui personalmente ho compreso a fondo la poetica dopo averlo ascoltato l’anno scorso al Parco del Tuscolo; è veramente un maestro nell’erudire il pubblico. Sono lavori assolutamente in sintonia con lo spirito del festival, che vuole l’incontro tra il grande e il piccolo, tra l’artista più conosciuto e le compagnie del luogo che da anni collaborano con le istituzioni.

Si tratta di un territorio abituato a queste proposte?

No, ed è proprio tramite questo progetto che stiamo cercando di creare familiarità tra il pubblico e lo spettacolo dal vivo ma anche con i propri luoghi della cultura, spesso vissuti con superficialità, perché, come capita di frequente, quando si è abituati a vedere tutti i giorni la bellezza intorno a sé si rischia di sottovalutarla.

Infatti vedo che le repliche sono in luoghi-simbolo dei comuni coinvolti.

Sì, sono beni culturali della regione Lazio o di ambito religioso o la cui fruizione, in generale, è stata dimenticata.

Segni, Cisterna romana

Possiamo, quindi, parlare di un recupero ma anche di una riappropriazione degli spazi.

Sì, una riappropriazione degli spazi per risvegliare l’orgoglio identitario di queste comunità affette dalla sindrome della provincia. Scontenti di essere lì, di vivere lì perché pensano che l’offerta sia scarsa, che non ci sia niente da fare anche a causa della difficoltà negli spostamenti. Priverno, per fare un esempio, è molto ben collegata ma gli altri comuni sono difficili da raggiungere. Uno dei fattori che, secondo noi, poi portano ulteriormente all’inaridimento interiore, al di là della solitudine dovuta all’isolamento geografico, coincide con l’utilizzo smodato dei dispositivi tecnologici sui quali siamo perennemente chinati. Essere sempre connessi non significa essere realmente in relazione con qualcuno. Siamo convinti che l’arte possa essere uno strumento di conoscenza, di scoperta dell’altro e di se stessi. Speriamo, quindi, che migliorando la proposta artistica e, perché no, l’attrazione turistica, si possa innescare l’incontro con l’altro che ci condurrà alla scoperta di noi stessi.

 

Un festival che quindi guarda a un pubblico del luogo ma anche al viandante, al turista. Ma cambiamo argomento. Mi parli della scelta programmatica che prevede anche proposte molto diverse tra loro.

Tutti questi personaggi, dalla Guerritore a Lavia a Piovani possono ormai considerarsi degli arruolati nelle nostre iniziative. Loro hanno già contribuito con dei loro spettacoli anche al primo progetto pilota che era stato fatto ai Castelli Romani. Infatti per l’edizione del prossimo anno sarà molto difficile mantenere lo standard.  

 

Qual è l’obiettivo di Invasioni Creative?

Valorizzare e qualificare il patrimonio tangibile e intangibile dei territori di area vasta, per cui quello dei Monti Lepini composto da piccoli e medi comuni, ma anche il loro capitale umano.

 

[Immagine di copertina: Carpineto Romano, Chiesa di S. Pietro Apostolo]



Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti