Arti Performative

Čajka Teatro d’Avanguardia Popolare // Iliade: studio per un assedio

Pietro Perelli

Se si parla della Guerra di Troia tutti sanno di cosa si tratta. È qualcosa che ci si porta dentro fin da piccoli, è un caposaldo della cultura europea. Mille sono i modi atttraverso cui la si può conoscere: film, cartoni, libri di scuola, ma in pochi probabilmente hanno letto la versione di Omero. Pare quasi che questa leggenda raccolta nell’Iliade sia tornata agli Aedi, che per primi l’avevano cantata, in questa varietà con cui la modernità la sta reiterando, sebbene spesso con forme poco degne di nota. Assolutamente degna di nota è invece Iliade: studio per un assedio che è stata proposta, in prima nazionale dal 4 al 7 ottobre, dal Čajka Teatro d’Avanguardia Popolare di Modena con la regia di Riccardo Palmieri. Una messa in scena fuori dai canoni classici capace di riprendere lo spirito con cui un tempo gli aedi raccontavano delle imprese del Pelide Achille, dell’amore tra Elena e Paride, dell’astuzia di Ulisse e della grandezza di Ettore. 

Entrando a teatro si costeggia il palco e viene da interrogarsi immediatamente sulla disposizione delle sedie dove presumibilmente si siederà il pubblico. Sono poste su due file che si guardano tagliando obliquamente la scena lasciando il dubbio su dove reciteranno gli attori. Dopo i classici rituali di benvenuto e il canonico passaggio al botteghino ogni spettatore si ritrova con un bicchiere di vino nella mano gentilmente offerto da uno degli attori che, anche se non ufficialmente, stanno già interpretando la loro parte. “Non lasciare il bicchiere in giro – dicono – perché dopo ci servirà”. È strano notare quanto sia naturale sorreggere un bicchiere pieno di buon vino e, allo stesso tempo, quanto diventi scomodo una volta svuotato. Il problema non si pone a lungo, il pubblico viene invitato a sedersi, e tavole che hanno come appoggio le gambe dei commensali vengono imbandite a cena. Gli attori\camerieri servono il pasto sotto gli occhi inizialmente un po’ increduli del pubblico, che impiega qualche minuto prima di riuscire a lasciarsi andare a un clima di festa. 

Non è questa un’operazione a caso per sorprendere, ma il preciso intento di ricreare una situazione, un’atmosfera nella quale veramente gli aedi avrebbero potuto raccontare una delle storie che compongono l’Iliade. “Questi (gli aedi) non avevano una versione della storia ma diverse in base alla situazione”, spiega Riccardo Palmieri direttamente in scena. Le fasi salienti della storia erano quelle, ma il tono, i modi, le particolarità venivano cambiate in base al pubblico. “Era diverso – dice l’aedo Palmieri – trovarsi a recitare davanti a un pubblico di nobili o davanti al popolo”. È probabilmente anche per questo che la scelta in questa fase dello spettacolo ricade sull’improvvisazione. Gli attori (Angelo Argentina, Marco Massarotti, Daria Menichetti, Marianna Miozzo e lo stesso Palmieri) hanno la storia in testa e sanno che devono arrivare alla guerra ma come arrivarci è una variabile che dipende dalle reazioni del pubblico e dall’ispirazione della serata. 

In realtà, in questa prima parte, dell’Iliade si raccontano principalmente le premesse alla guerra, che poi viene raccontata in una seconda parte che si discosterà molto come scelta narrativa. Si parte da molto lontano, dal mito di Prometeo, per arrivare fino alla fuga da Sparta di Elena e Paride, passando per il mito del Pomo della Discordia lasciato dalla dea Eris al banchetto in onore del matrimonio tra Teti e Peleo, genitori di colui che sarà protagonista dell’Iliade, Achille. Viene così raccontata, tra un bicchiere di vino, un pezzo di pane, un po’ di formaggio e qualche grappolo di uva la prima parte della storia, quella che dà le origini al mito, quella che sfocia nella spregevole guerra combattuta, oggi come allora, nascondendosi dietro all’onore o alla libertà. Come riferisce Riccardo Palmieri nell’intervista pubblicata sulle nostre pagine: “Da sempre gli uomini non possono accettare di andare a morire per la meschinità e per la grettezza del denaro.” Così come oggi le guerre per il petrolio si combattono in nome della libertà allora la supremazia sul mar Egeo si combatté nascosta dietro all’onore di un uomo tradito da sua moglie. 

Arrivati al conflitto bellico, l’atmosfera si fa più angusta, la sala più buia, gli aedi si trasformano in attori che, con addosso le divise da Prima Guerra Mondiale, cercano di riproporre in una danza angosciante le atrocità di chi ha la guerra l’ha vista e vissuta sulla propria pelle. Le dinamiche del poema appaiono molto chiare: i greci che perdono la guerra, la morte di Patroclo per mano di Ettore, l’angoscia di sua moglie Andromaca, la vendetta di Achille. Si entra in uno stato di angoscia razionale, ed è estremamente lineare ciò che regista e attori vogliono far trasparire; ma forse manca quella capacità di smuovere l’animo, di coinvolgere emotivamente, e non solo razionalmente. L’angoscia di un assedio è ciò che si ricerca in questa seconda parte, che si contrappone all’eroicità e al mito della prima parte. E mostrare la brutalità della guerra è senz’altro un intento nobile e pieno di difficoltà, specialmente in un mondo ormai miope e incapace di vedere ciò che accade al di fuori della propria torre d’avorio. 

 

ILIADE
Studio per un assedio

con Angelo Argentina, Marco Massarotti, Daria Menichetti,
Marianna Miozzo, Riccardo Palmieri

costumi Luca Degl’Antoni
trucco Valentina Fogliani
movimenti di scena Daria Menichetti, Marianna Miozzo

fotografia Enrico Maria Bertani

ideazione e regia Riccardo Palmieri

produzione Čajka Teatro d’Avanguardia Popolare

Hanno contribuito all’indagine e alla ricerca sui materiali:
Caterina Bellucci, Laura Tondelli, Stefano Vercelli, Nadia Zobolotnova

Si ringraziano per il contributo durante la creazione Tony Contartese e Santo Marino



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