Musica

Phantom Horse – s/t

Mario Esposito

Minimalista, essenziale, geometrica: potrebbe essere questa una prima chiave di lettura della musica dei tedeschi Phantom Horse, duo composto da Ulf Schütte e Niklas Dommaschk che ha da poco pubblicato il suo primo omonimo lavoro per l’etichetta Dekorder.

Minimalista, essenziale, geometrica: potrebbe essere questa una prima chiave di lettura della musica dei tedeschi Phantom Horse, duo composto da Ulf Schütte e Niklas Dommaschk che ha da poco pubblicato il suo primo omonimo lavoro per l’etichetta Dekorder. Definibile come elettronica da camera, o meglio come una brillante espressione di Intelligent Dance Music (IDM), per i suoi suoni leggeri e sempre avvolti da un alone di impalpabilità, quella dei Phantom Horse è musica d’atmosfera dominata da sintetizzatori, drum-machine e piano elettrico, che muovendosi lungo strutture lineari creano rilassanti ambientazioni poliritmiche.

La modularità delle composizioni appare evidente sin dalla prima traccia “Neunzehnhundertzweitausend”, scarna melodia che apre però a più articolate esplorazioni sonore, vicine ad un synth-pop di stampo kraftwerkiano, come in “Twilight sohn”, “Fernando” o “Porzellant”. Ripetitività e meccanicità, però, talvolta portate all’estremo, sembrano voler puntare su un ipnotismo dei suoni prima ancora che sulle melodie finendo per creare, per un orecchio meno propenso a un certo tipo di sperimentazione, un duplice effetto di attrazione e alienazione: così, se i brani più brevi (“Jantar Mantar”, “Gecko”, “Kurses Holz”, tutti al di sotto del minuto e mezzo), assumono più che altro la forma del “pezzo-ponte” e non affondano eccessivamente la lama, per le tracce di durata più estesa si amplifica il senso di ossessività dei suoni, al tempo stesso croce e delizia dell’intero lavoro.

Ma i Phantom Horse sanno come giocare con gli strumenti e, pur celandosi dietro poche e ragionate note, (“Kateshi” e l’orientaleggiante “Rongo rongo”) riescono nello scopo di creare mondi visionari, godibili al meglio ad occhi chiusi e con la testa pronta a partire per dimensioni parallele prive di fisicità: ed è proprio l’immaginazione a farla da padrona per l’intera durata dell’album, guidata dalle linee rette che si dipanano ed incrociano tra una traccia e l’altra.

Un lavoro dall’indubbia capacità di creare percorsi mentali sfruttando pochi essenziali elementi: l’ideale per chi si nutre di minimalismo e ambisce alla ricerca di nuovi e indefiniti spazi contemplativi.



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