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Intervista a Lorenzo Parrotto, un Astro di nome e di fatto in ‘Vox Family’ in scena allo Spazio Diamante

Renata Savo

A vederlo in scena a distanza di pochi giorni con tre spettacoli diversi in tre luoghi diversi della capitale, Lorenzo Parrotto, attore romano classe 1993 e diplomato d’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, si direbbe o un infaticabile mestierante, oppure – come ci si augura – un talento di cui sentiremo ancora bene parlare.

Dopo Ragazzi di vita del regista Premio Ubu 2017 Massimo Popolizio (vincitore a pari merito con Massimiliano Civica) andato in scena al Teatro Argentina, e il ritorno al Teatro India di Reparto Amleto di Lorenzo Collalti (spettacolo vincitore del festival Dominio Pubblico 2017 – la città agli Under 25), ritorna allo Spazio Diamante da stasera, venerdì 19, a domenica 21 gennaio con Vox Family (premiato nella sezione Prosa al Festival inDivenire)spettacolo scritto e diretto da Francesco Petruzzelli, anche vincitore del Premio come autore del Miglior testo del Festival.

In occasione di questo vero e proprio tour de force, lo abbiamo sentito per fargli qualche domanda, e capire se gli è rimasto anche un po’ di tempo per pensare a come si sente lui, ora, in questo periodo.

Da sinistra a destra, Cosimo Frascella, Lorenzo Parrotto e Luca Carbone in “Reparto Amleto”

Pare che questo sia un buon momento per te, eri nel cast di Ragazzi di vita al Teatro Argentina questo Natale, spettacolo vincitore di numerosi premi nazionali, poi sei tornato al Teatro India con Reparto Amleto di Lorenzo Collalti, che avevamo apprezzato durante la scorsa edizione di Dominio Pubblico (e che è stato nuovamente sold out), e ora sarai in scena con Vox Family allo Spazio Diamante da venerdì 19 a domenica 21 gennaio. Come ti spieghi questo “successo”, se così possiamo chiamarlo? Vedi una ripresa per il teatro italiano all’orizzonte, è un tuo merito oppure, semplicemente, un colpo di fortuna?

È un momento molto importante per me. Mi sento molto felice. Nel mio piccolo sto lavorando molto, ma non so se questo possa significare un “successo” o addirittura una genesi del tanto auspicato cambiamento del teatro italiano.

Hai nominato tre spettacoli importantissimi, per motivi diversi. Quello che posso dirti è che in tutti e tre faccio sempre parte di un gruppo. Credo in un lavoro di squadra e investo, per questo, tempo ed energia. Di certo è necessario farsi trovare sempre pronti e, detto sinceramente, un pizzico di fortuna aiuta sempre.

Qual è stato il momento esatto in cui hai pensato di voler fare l’attore? E soprattutto, era al teatro che pensavi?

Non c’è stato un momento esatto. Sin da piccolo è sempre stata una propensione, una tendenza. Mi piaceva raccontare storie, leggere ad alta voce, castigare amici, maestri e professori con tantissime imitazioni (riuscite, a quanto pare) e soprattutto fare teatro, nei primi tempi con corsi e laboratori scolastici. Pensavo prima di tutto al teatro, sono sincero. Trovavo incredibile che delle persone si ritrovassero per fare finta di essere qualcuno a qualcos’altro. Durante il liceo ho poi capito che dovevo assolutamente prepararmi per entrare in una delle scuole che in Italia garantivano una formazione importante. Ho avuto la fortuna di capire sin da subito quello che avrei voluto fare, e di avere una famiglia che mi ha sostenuto sin dal primo momento.

La tua esperienza di attore dimostra che Accademie come la “Silvio D’Amico” non sono soltanto delle ottime scuole di recitazione, ma anche dei luoghi in cui nascono delle collaborazioni fruttuose, com’è stata quella con Lorenzo Collalti, con cui avete da poco fondato la compagnia L’Uomo di Fumo. Ce ne puoi parlare?

Chiunque voglia intraprendere questo percorso deve considerare una formazione importante. L’Accademia in questo senso è stata fondamentale. Ricordo ancora la prima cosa che Lorenzo Salveti ci disse il primo giorno: “Qui si formano professionisti”. A lungo andare si vede la differenza di chi ha dedicato parte importante del proprio tempo a una formazione.

Per quanto riguarda “L’Uomo di Fumo”, la volontà di creare una compagnia è stato il nostro obiettivo comune sin da subito, sin dal primo anno d’accademia. Il nome della stessa è un omaggio ad Aldo Palazzeschi, in particolare al suo scritto “Il codice di Perelà”. Ci siamo prefissati l’obiettivo di lasciare un piccolo segno con il nostro lavoro, consapevoli di non puntare a cambiare la vita di nessuno, bensì di allietarla, anche se per poco. Da qui, ci siamo messi a lavorare su personaggi che vivono per un breve tempo, fanno sorridere, fanno commuovere e poi scompaiono, in poche parole, degli ‘uomini di fumo’.

Lo scorso anno grazie a Dominio Pubblico persone come Pino Insegno e Antonio Calbi vedendo alcuni nostri spettacoli hanno voluto iniziare un dialogo con noi e interessarsene. In generale, grazie alla partecipazione di un bellissimo pubblico stiamo riuscendo a dare a questi segnali una continuità importante, insieme a Luca Carbone, Cosimo Frascella, Lorenzo Collalti, Grazia Capraro, Emanuele Linfatti: amici prima che colleghi, compagni di vita e poi compagni di scena, con cui speriamo di poter continuare il lavoro incominciato bene.

Il nome di un attore del passato con cui ti avrebbe fatto piacere lavorare e il nome di un regista con cui ti piacerebbe lavorare in futuro.

Primi fra tutti, Vittorio De Sica e Giuseppe Tornatore. Nomi da “cinematografo”, si può dire. Il primo per la sua sottigliezza ed eleganza, sia da interprete sia da regista (per i suoi ruoli da attore cito il suo avvocato ne “Altri tempi” e il sindaco ne “Il vigile”). Il secondo per la cura, la poesia e l’umanità che emergono dai suoi lavori; penso a “Nuovo Cinema Paradiso” o a “La migliore offerta”. Starei ore e ore qui a citare tanti altri esempi: Albertazzi, Servillo, Tognazzi, Monicelli, Sorrentino…

Puoi raccontarci lo spettacolo con cui sarai in scena questo weekend, Vox Family, scritto e diretto da Francesco Petruzzelli? Tu che ruolo interpreti?

Lo spettacolo ha vinto la prima edizione del Premio InDivenire lo scorso anno, organizzato da Giampiero Cicciò. Siamo contentissimi di aver ricevuto la fiducia della giuria e di tutto il pubblico. Tratta temi importanti: la genitorialità, il genio, l’adolescenza e il rapporto che si scaturisce tra questi. Ha diversi livelli di lettura e, in occasione di queste repliche, siamo riusciti ad approfondirlo ancora di più. Io interpreterò Astro, il piccolo genio, che viene “addestrato” duramente e continuamente dalla madre. Non voglio svelare nulla, basta dire che è un lavoro brillante e molto coinvolgente, che consiglierei  ai miei colleghi anche se non ci fossi io in scena.

E dopo il Teatro Argentina, il Teatro India, lo Spazio Diamante a Roma, dove ti si vedrà in scena prossimamente?

Sarò in scena con “Settimo Cielo”, scritto da Caryl Churchill con la regia di Giorgina Pi, al Teatro India dal 14 al 25 febbraio. Dopodiché debutterò al Teatro Sala Umberto con “La Partitella”, scritto da Giuseppe Manfridi e diretto da Francesco Bellomo. Come si suol dire in questi casi… Vi aspettiamo a teatro!

 

 

 

 

 



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