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La dis-misura dell’animo umano. Il ritorno a Shakespeare di Jurij Ferrini

Valentina Crosetto

In scena al Teatro Gobetti fino al 18 dicembre, l’adattamento di Jurij Ferrini prodotto dal Teatro Stabile di Torino, una tragedia di idee che mescola «le vette dell’argomento morale» coi più poderosi impulsi della natura interrogandosi in maniera equivoca fra «Giustizia e Misericordia»

 

«Measure for Measure è una cavalla che s’impenna e ti lascia sur place, una cavalla capricciosa che ti guarda da lontano agitando la criniera prima di slanciarsi a valle e scomparire per una strada che conosce solo lei. Puoi anche inseguirla, ma con la certezza che correrà sempre avanti, che scapperà non appena allunghi il braccio per afferrarla».

(Cesare Garboli, Prefazione a Misura per misura, Einaudi, 1992)

Su di lui sappiamo poco, eppure da quattro secoli non ha mai smesso di parlarci e di farlo con molta chiarezza. Shakespeare era un uomo pratico, che scriveva con rapidità per un teatro che aveva continuamente bisogno di testi da mettere in scena; eppure sapeva descrivere la vastità della natura umana e le più grandi passioni con la densità vibrante della poesia. Riuscendo ad assumere innumerevoli punti di vista senza lasciarsene ingabbiare, calandosi nel suo tempo ma anche trascendendolo, aveva imparato a riflettere la complessità delle relazioni sociali, e dietro questa, il senso ultimo di quell’attività che chiamiamo vita. Oggi, se si vuole rappresentare Shakespeare la sfida è quella di aiutare il pubblico a vedere e a sentire con gli occhi e le orecchie della contemporaneità. Quello che vediamo deve apparirci naturale, adesso, ma il pericolo è dietro l’angolo: un regista può prendere un testo del Bardo e renderlo contemporaneo nel modo più ordinario e grossolano; la libertà trasformarsi in uno steccato anche più stringente dell’aderenza all’originale.

Jurij Ferrini, che Shakespeare lo ha “incontrato” già una decina di volte nei suoi venticinque anni di carriera, decide con coraggio di riportare in scena la dark comedy Misura per misura a partire dalla traduzione che nel 1992 lo Stabile di Torino commissionò a Cesare Garboli in occasione dell’allestimento firmato da Luca Ronconi. Rileggendo le note di Garboli, comprendiamo subito quanto la problematicità di questo lavoro sui generis, quanto la sua deliberata anche se cristallina ambiguità, si spieghino per effetto di una scrittura che – per le scene carnascialesche, l’ambiente dei bassifondi, gli inganni, gli equivoci, il “trucco del letto” con lo scambio delle donne e il lieto fine con tre coppie di sposi – viene definita “comica” senza esserlo fino in fondo. Misura per misura è una tragedia di idee che mescola «le vette dell’argomento morale» coi più poderosi impulsi della natura interrogandosi su questioni in bilico fra «Giustizia e Misericordia». Qual è la “misura” del comportamento umano? Che cosa accadrebbe se non ci fosse una legge a controllarlo? Fino a che punto si può peccare e al contempo ricevere la grazia? Sappiamo che, nel dramma, a questa precisa geometria corrisponde l’autorità censoria di Angelo, vicario integerrimo (ma sessualmente represso) incaricato dal Duca di Vienna di ripulire la città dalla corruzione e dal vizio durante la sua assenza. Vincenzo sembra muoversi nel giusto abbandonando il comando per guardare il mondo dall’esterno sotto l’anonimato del saio monacale. Così facendo, però, accentua in sé la funzione di burattinaio del destino altrui, trasformandosi in una specie di anarchico precursore di Iago. D’altro canto, l’intervento moralizzatore di Angelo si perdona, con la stessa disinvoltura con cui egli punisce, sentimenti che mai aveva provato, arrivando a barattare la vita di un condannato a morte, Claudio, con una notte d’amore in compagnia della sua bella sorella, la novizia Isabella.

Ma siamo certi che il Duca sia, per questo, migliore di Angelo? O che lo siano gli altri personaggi che popolano questa commedia ricca di colpi di scena? Claudio condannato a morte per aver messo incinta la consenziente Giulietta prima di sposarla, la virginea Isabella dalle passioni latenti, il maldicente Lucio portatore dei toni più comici della commedia o Mariana, che si strugge d’amore per Angelo che l’ha abbandonata alla vigilia delle nozze: sono davvero quello che sembrano o, ancora una volta, Shakespeare indaga per loro tramite i recessi più profondi dell’animo umano?

In Misura per misura ogni individuo è una voragine di interiorità, ma, poiché l’autore nasconde ciascun personaggio dietro uno schermo opaco, le nostre simpatie sono frustrate e deluse in ogni direzione. Si ride a denti stretti perché non si sa mai come interpretare le loro azioni, perché la passione in generale fa difetto e il sentimento più diffuso, anche fra le anime apparentemente irreprensibili, non è la misericordia ma l’ipocrisia.

Sarà per la sua dis-misura equivoca che la commedia, nell’adattamento di Ferrini, si tinge di farsa anche più che nell’originale. Nei panni di Vincenzo, il regista interpreta con naturalezza tanto il ruolo del regnante preoccupato per il benessere dello Stato, quanto quello dello stravagante, «che va per strade buie» e abituato a travestimenti, complotti sadici e progetti ambigui. La sua eloquenza fa a gara con l’ardore bigotto di Isabella (Rebecca Rossetti), la cui virtù è «sublimemente buona» ma a spese di qualcun altro, con le pulsioni represse di Angelo (Matteo Alì), forse più invaghito delle proprie perversioni che della novizia, e col fervore eccessivo del prigioniero Claudio (Raffaele Musella), dispostissimo a sacrificare la sorella pur di salvare la testa; mentre Lucio (Angelo Tronca) è il flâneur spiritoso che riflette sottilmente le cattive intenzioni del Duca e guida il clan di magnaccia, spacciatori e prostitute – da Pompeo (Gennaro di Colandrea) a Schiuma (Marcello Spinetta) fino a Madama Sfondata (Elena Aimone) – e che sembra uscito dagli angoli caldi delle odierne periferie urbane.

Con l’obiettivo di amplificare il potere evocativo del testo, Ferrini sceglie di contrapporre anche visivamente garanti e trasgressori della legge: sullo sfondo di uno spazio neutro e buio, coi fianchi imbrattati di graffiti, formule sacre e motti shakespeariani (scene di Carlo De Marino), i costumi di Alessio Rosati mettono a confronto i grigi doppiopetti in odore di corruzione della prima Repubblica con i colori sgargianti della mondanità notturna più attuale. E il risultato è quello di un allestimento non pretenzioso ma nemmeno privo di momenti memorabili (specie nelle scene d’insieme), dove a risaltare è la grande attenzione degli attori per la parola shakespeariana e, soprattutto, il rispetto del regista per una vicenda di desideri insoddisfatti su cui sarà il giudizio degli spettatori a mettere la parola fine.


Dettagli

  • Titolo originale: Misura per misura
  • Regia: Jurij Ferrini
  • Costumi: Alessio Rosati
  • Cast: Jurij Ferrini, Elena Aimone, Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Gennaro Di Colandrea, Sara Drago, Francesco Gargiulo, Raffaele Musella, Rebecca Rossetti, Michele Schiano di Cola, Marcello Spinetta, Angelo Tronca
  • Altro: Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale


Altro

  • Testo: William Shakespeare
  • Scene: Carlo De Marino
  • Luci: Lamberto Pirrone
  • Suono: Gianandrea Francescutti
  • regista Assistente: Marco Lorenzi
  • Visto il: Sabato, 03 Dicembre 2016
  • Visto al: Teatro Gobetti, Torino

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