Arti Performative Dialoghi

Sulla necessità di guardare il teatro con occhi infantili: la parola a Mario Bianchi

Renata Savo

Intorno all’8 dicembre le famiglie, le coppie, gli amici, si riuniscono nelle case per riempirle di addobbi natalizi. Ogni parete, ogni angolo, tutto viene rivestito a tema natalizio o sostituito per l’occasione: candele, finestre, porte, copriletto, tovaglie, e persino gli asciugamani da bagno o gli strofinacci per la cucina, o gli umidificatori in ceramica che si appendono ai termosifoni. Eppure, fuori, i raggi del pallido sole, per quelle poche ore che resta sveglio e alto nella nostra parte di globo terrestre, ancora fa luce e riscalda.

Il Natale, insomma, è alle porte. I bambini fremono, molti in questi stessi minuti staranno concludendo con un “grazie” (o forse no) la tradizionale lettera al caro “Babbo”. Come ogni anno, pure stavolta, la festa, i sorrisi, i regali, le tavole imbandite di dolciumi a fine pasto, saranno soprattutto per loro. Gli occhi felici, di meraviglia e di stupore, con cui i bambini ci guarderanno mentre scarteranno i doni che gli avremo offerto, contageranno il nostro umore e, quindi, la nostra giornata.

I loro sono occhi sinceri, puri. Sono senza pregiudizi. Lo scopriamo insieme a teatro: le loro reazioni possono diventare unità di misura, un metro di paragone per capire se uno spettacolo, detto molto banalmente, è “bello”, se attira, tiene “incollati”.

Tra le tante parole dette con quella profondità, maturità e al tempo stesso purezza dello sguardo che Mario Bianchi – nonostante non sia più un fanciullo dalla metà, o poco più, del secolo scorso – sempre mantiene e difende, critico esperto qual è, come nessun altro, di teatro ragazzi, ci colpisce leggere che Peter Brook affermava che «prima di portare in scena un suo spettacolo lo proponeva innanzitutto ad un pubblico di bambini, se lì era favorevolmente accolto, allora lo spettacolo era pronto».

Che cosa chiedere, allora, al pubblico, agli autori, ai registi, ai teatranti tutti, del 2017?

Facciamo in modo di portare i giovanissimi spettatori a teatro. Lasciamo che siano loro a giudicare gli spettacoli. A giudicare quello che i grandi fanno (una volta tanto) e producono in scena. I loro sono occhi importanti, necessari: fanno bene al teatro.

Nell’attesa del 2017, e con l’augurio di trovare più spazio e voce per il teatro ragazzi (a tal proposito, segnaliamo per il dopo-lettura anche un’altra intervista sicuramente pertinente), ce lo lasciamo dire dal nostro ospite.

 

Allora, Mario, si parla poco di teatro ragazzi, di cui sei uno dei pochi attenti, acuti, osservatori. Il “perché” non se ne parli tanto è così scontato come sembra? E poi, mi chiedo, è sempre stato così? Perché, insomma, la critica se ne occupa così poco?

Purtroppo in generale è sempre stato così, anche per colpa del teatro ragazzi che spesso si è isolato coltivando solo il suo orticello, e se negli anni novanta vi erano forti contaminazioni tra teatro di ricerca e teatro ragazzi, con effetti benefici su tutti e due, poi questo interscambio si è fermato. Il Teatro delle Briciole in questi ultimi anni ha però messo in atto il cantiere “Nuovi sguardi per un pubblico giovane” e costruito attorno ad artisti e gruppi del teatro di ricerca con la finalità di un confronto tra teatro ragazzi e nuovo teatro che ha sortito diverse creazioni dedicate ai ragazzi realizzate da compagnie come Teatro Sotterraneo, Babilonia Teatri e Sacchi di Sabbia. La qualità poi degli spettacoli mi sembra migliorata tanto che a fine anno 2016 posso contare almeno 12 spettacoli di grande fattura.

Molti critici lo hanno sempre considerato un teatro minore, non degno di attenzione, anche perché si svolge in orari diversi da quello ufficiale, e perché condotto con tematiche secondo loro poco interessanti e ripetitive, per un pubblico che hanno sempre considerato “cammellato”. Evidentemente non ne conoscono le reali valenze e potenzialità. Ora qualcosa sta cambiando per esempio “Stratagemmi” sta facendo in questo senso un ottimo lavoro soprattutto con i ragazzi più grandi ed io con “Eolo” sto stimolando tutti i colleghi critici ad andare a vedere e recensire spettacoli per l’Infanzia. Piano piano qualcosa sta cambiando.

 

Quali ingredienti non dovrebbero secondo te mancare in uno spettacolo di teatro ragazzi affinché anche la critica se ne accorga.

La critica deve innanzitutto prima comprendere in modo approfondito quali siano effettivamente le sue caratteristiche e quelle del suo pubblico, un pubblico molto speciale. Il teatro ragazzi non per niente è l’unica forma teatrale che ha nella sua definizione il nome del pubblico a cui si rivolge, il referente, che tra l’altro possiede delle regole precise con le quali fare sempre i conti. I ragazzi infatti sono un pubblico assai particolare, un pubblico dell’oggi che possiede in sé tutte le possibilità e le fragilità insite nel concetto di formazione e che quindi nasconde inevitabilmente la mancanza di un’abitudine al fatto teatrale che, come ogni percorso ai suoi inizi, ha decisamente bisogno di un’educazione. Ciò non di meno credo che i bambini siano già persone molto competenti, più abili degli adulti a creare mondi immaginari e metafore per cui, rispetto all’esperienza emotiva ed estetica del teatro, mettono in campo abilità del tutto straordinarie.

Non essendo poi mai stato a teatro, o comunque frequentandolo da poco, questo pubblico possiede in sé tutte le prerogative della meraviglia, dello stupore che fanno sì che il suo sguardo sia oltremodo curioso e prezioso. Peter Brook diceva che prima di portare in scena un suo spettacolo lo proponeva innanzitutto ad un pubblico di bambini, se lì era favorevolmente accolto, allora lo spettacolo era pronto.

Lo sguardo di un bambino è uno sguardo del tutto particolare, ancora incontaminato, in qualche modo ancestrale, che si trova per la prima volta davanti alla complessità del mondo. Per cui il suo sguardo in qualche modo va alla radice di ciò che vede senza pregiudizi, scevro da ogni altro elemento se non quello dell’incanto e della meraviglia.

Chi lo pratica deve necessariamente sporcarsicon l’infanzia, conoscendola e frequentandola con i laboratori, perché nel teatro che compone sulla scena deve esserci il bambino con il suo mondo, con gli ambienti e gli esseri umani con cui ha che fare, con le emozioni che sente, con i sogni che fa.

Chi scrive per i ragazzi deve conoscere questi mondi che cambiano, non fermarsi solo al suo di quando era bambino. E anche l’attore che fa il teatro per ragazzi se non ha le competenze deve allenarsi per diventarlo, deve sentire il suo pubblico che è un pubblico che partecipa molto più di ogni altro tipo di pubblico.

Il linguaggio scenico del teatro ragazzi non deve mai essere abbassato ma deve essere adattato al loro sentire. Non bisogna dunque fare un teatro piccolino che insegni, ma un grande piccolo teatro a loro misura.

Si pensa che la funzione  del  teatro ragazzi debba avere come caratteristica precipua l’insegnamento: niente di più sbagliato. Il teatro per l’infanzia deve essere percepito in egual maniera simile agli altri, cioè una proposta culturale che ha già connaturata in il germe morale dell’etica e del cambiamento umano del ricevente senza bisogno di nessun’altra accentuazione.

 

Qual è stato, da quel punto di vista, lo spettacolo di teatro ragazzi più bello e appassionante che ricordi?

Ti farò qualche esempio. Quest’anno poi per la prima volta Rete Critica ha incluso nei finalisti del proprio premio uno spettacolo di teatro ragazzi Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro, del regista e autore siciliano Giuliano Scarpinato. Questo è uno spettacolo davvero unico nel teatro ragazzi italiano per le poetiche e incisive modalità con cui viene proposto un tema ancora considerato tabù, non solo nel teatro per l’infanzia. Lo spettacolo, attraverso una perfetta mescolanza di ironia e adesione emozionale, narra la storia di Alex, un bambino, interpretato in modo credibilissimo dal ventottenne Michele Degerolamo, che non ha ancora deciso se essere maschio o femmina, e dei suoi genitori. Il tema della libera ricerca della propria identità sessuale, come atto imprescindibile della felicità di ogni essere umano e la sua rappresentazione nel medesimo tempo leggera e profonda in tutti i suoi aspetti, fanno dello spettacolo un’esperienza assolutamente necessaria per il mondo del teatro ragazzi italiano, ma non solo, lo spettacolo dovrebbe esser proposto, di rigore, in tutte le scuole del nostro paese. Come vedi il teatro ragazzi può e deve parlare di tutto, basta che lo faccia nel medesimo tempo con profondità e leggerezza.

Il teatro ragazzi ha poi un’altra caratteristica: è un teatro popolare che abbraccia tutto il pubblico; ti faccio un esempio eclatante con un progetto degli Eccentrici Dadarò formato da due spettacoli che dovrebbero essere presentati insieme, uno per i ragazzi, l’altro per i genitori: Lasciateci perdere per la strada, in cui si racconta di tre ragazzi che fuggono da casa e nel contempo dei rispettivi genitori che si muovono per cercarli, riscoprendo, ognuno di essi, dentro loro stessi, mondi inesplorati. Il progetto è formato da due spettacoli di rilevante qualità, Sulla stradae Lasciateci perdere, presentati nello stesso contesto temporale, due spettacoli legati all’infanzia vista da due punti di vista diversi, quello dei ragazzi e quello dei genitori, un azzardo magnifico di grande valore teatrale e sociale. Sono rari i momenti dove figli e padri si possono riconoscere perfettamente a teatro stando fianco a fianco, e il progetto in questo senso testimonia in modo lampante e naturale come il teatro ragazzi sia ancora in grado di sperimentare nuovi linguaggi, avendo anche tra le sue funzioni specifiche quella di collegare le varie generazioni tra loro.

 

Ultimamente ci è sembrato il momento adatto di affrontare un argomento di cui abbiamo scoperto un potenziale addirittura “spinoso”: il teatro in Calabria. Ci siamo accorti che esiste anche una scena di teatro ragazzi calabrese, da te ovviamente anche seguita. Ce ne puoi parlare?

Il faro del teatro ragazzi calabrese è stato per molto tempo, senza dubbio, il Teatro dell’Acquario di Cosenza con gli spettacoli di Antonello Antonante e Dora Ricca. Il loro spettacolo storico Giufa’ e il mare con un portentoso Maurizio Stammati è da considerarsi ormai un cult del teatro ragazzi italiano. Ma da diversi anni qualcosa sta cambiando, per fortuna, l’isolamento del Teatro Calabrese, dovuto anche al disinteresse della politica, si sta frantumando, anche per merito delle stesse compagnie, che si stanno riorganizzando, stanno collaborando tra loro ed è in atto un cambio generazionale. Prova ne è che da quest’anno Scena Verticale, l’altro faro del teatro calabrese nel campo del teatro di ricerca, nel suo bellissimo festival “Primavera dei Teatriha aperto una sezione dedicata ai ragazzi. Un segno importante che va a merito di Settimio, Dario e Saverio che da moltissimi anni tengono alto il nome della Calabria Teatrale. Questa sezione è stata curata dal Teatro della Maruca, una piccola instancabile compagnia che ha aperto una piccolissima sala a Crotone. Una compagnia che ha fatto rinascere il teatro di figura in Calabria. Al suo interno Angelo Gallo con l’aiuto del maestro napoletano Gaspare Nasuto ha realizzato una trilogia irresistibile che vede come protagonista un cane del tutto speciale Zampalesta. Una compagnia che vede al suo interno anche la narrazione con Carlo Gallo e il suo Bollari, sulle vicende dei pescatori calabresi. Ma non solo il teatro di figura è anche rappresentato da Angelo Aiello di Acri con il suo personaggio “Spazzolino”. Poi vorrei ricordare Paola Scialis di Belmonte Calabro e il suo percorso sul “teatro da mangiare”. Interessante anche il percorso sulle tradizioni della Calabria di Achille Veltri dell’Associazione Art Patachipi, in particolare riguardo le “magare”, caratteristiche donne dai poteri magici e di Spazio teatro con il suo recente Amore e Psiche e di Dracma Teatro di Polissena. Chi pratica teatro ragazzi nelle loro varie attività sono anche Le Rane, Linea Sottile ed il regista Lindo Nudo.

Dicevamo del ricambio generazionale: un caso molto interessante riguarda il Teatrop di Lamezia. Qui, i giovanissimi Pierpaolo Bonaccurso e Greta Belometti hanno ridisegnato il quarantennale percorso artistico della compagnia, creando un originale percorso di teatro ragazzi, tra teatro di immagine e narrazione, portando in scena le fiabe del “Pifferaio Magico” e di “Colapesce” che hanno portato in tutta Italia ed al Festival internazionale della narrazione di Arzo.

Questi sono alcuni percorsi artistici delle compagnie calabresi particolarmente legate al teatro per l’infanzia. Mi scuso per eventuali mancanze, ma anche solo quelle citate potrebbero testimoniare la ricchezza del teatro ragazzi calabrese, che merita e deve essere lasciato crescere anche con nuove politiche economiche in grado di aiutarlo. 



Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti