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Fabio Mauri – Retrospettiva a Luce Solida

Maria Ponticelli

Una mostra ospitata dal museo “Madre” di Napoli ripercorre il lavoro di ricerca di Fabio Mauri, neo – avanguardista del 900 impegnato nell’indagine sulle ideologie e sui linguaggi della propaganda. Organizzata in stretta collaborazione con lo studio omonimo dell’autore, la retrospettiva (la più completa dopo quella proposta dalla Galleria Nazionale di arte moderna di Roma nel 1994) coinvolge il visitatore in un percorso di conoscenza delle dinamiche che collocano l’essere umano in relazione a quelle che sono le rappresentazioni del pensiero e che nella loro forma più consolidata assumono la natura di ideologia.

I meccanismi dell’ideologia, quindi, così come i linguaggi della propaganda ed i media come vettori, e la relazione tra sfera personale e collettiva, hanno l’intento di ricordare il prezioso e necessario lavoro di ricerca che Mauri ha condotto nel tentativo di restituire all’uomo consapevolezza riguardo le dinamiche del pensiero protagoniste, talvolta in maniera subdola, del secolo scorso.

Coevo di Andy Warhol, Mauri contribuisce inizialmente alla ricerca attiva nell’ambito della pop–art indagando la capacità di manipolazione che la società dello spettacolo produce sul pensiero umano, per poi abbandonarla a favore di una personale ricerca autonoma intorno al concetto di ideologia.

Già dal titolo – Prospettiva a luce solida – introduce al percorso dell’artista che ha inteso nella sua ricerca svelare i meccanismi della percezione e la proiezione del pensiero che si fa materia. Mauri infatti conferisce consistenza al fascio di luce che congiunge il proiettore e lo schermo cinematografico al quale non riconosce soltanto la sua forma canonica ma anche quella di una camicia, una tela, una bilancia.

La mostra ha inizio al terzo piano dove l’esposizione si snoda per gruppi di opere a cominciare dalle rappresentazioni su tela dello schermo televisivo: il volto di Marilyn coperto da uno schermo, gli “schermi ovali”, gli “schermi a legni bianchi” e quelli “a legni neri”, ed ancora schermi contenenti icone pubblicitarie fino ad arrivare al “televisore che piange”.

La stanza centrale ospita l’opera a trentasei schermi Perchè un pensiero intossica una stanza? dove gli schermi televisivi riempiono l’intero perimetro dello spazio mentre un proiettore cinematografico, posto al centro, ha una tela bianca al posto della pellicola come a voler inglobare dentro se stesso anche la superficie di proiezione.

Tutto ciò introduce alla “stanza abatjour”, ovvero uno spazio buio che ospita un filmato rappresentante l’artista stesso che medita sul proprio pensiero così come appare mentre sul suo stesso volto vengono proiettate le immagini che il pensiero stesso evoca.

Dove va il pensiero? Cosa immagina per conto suo la mente? Mauri ritiene sia necessario cogliere l’identità del pensiero non programmato – “La mente non governata, fuori d’intenzioni, è piena di immagini”, dice –  pertanto all’interno del filmato l’artista viene colpito da un fascio di luce che ha come superficie di proiezione la sua stessa fronte. Il pensiero che si fa mentre accade diventa materia e produce  conseguenze reali; questa riflessione che assume più forme è la rappresentazione del rapporto mente – mondo, individuo – società.

Proseguendo il percorso espositivo il visitatore si imbatte in “Intellettuale”, installazione tratta dalla performance realizzata con Pier Paolo Pasolini nel 1975 e raffigurante alcune scene del “Vangelo secondo Matteo” che vengono proiettate su di una camicia bianca adagiata su una sedia, a simboleggiare come il regista diviene schermo del suo stesso film. Ed ancora, proiezioni sull’interno di una latta, su terracotta, sul piatto di una bilancia: lo spazio diventa tutt’uno con la superficie di proiezione.

Il primo piano ospita i plastici raffiguranti la retrospettiva dell’artista organizzata alla G.N.A.M. di Roma nel 1994, mentre al piano terra sono esposte numerose fotografie raffiguranti le peculiarità dell’ ideologia nazi-fascista nelle sue manifestazioni. Si tratta di foto che intendono rappresentare la manipolazione della cultura da parte delle idelogie di potere, comunicando attraverso immagini della quotidianità, apparentemente banali, la forza delle idee nelle sue esternazioni che la storia vuole necessariamente negative.

Al centro della stanza al piano terra vi è invece un’installazione di figure di cera a grandezza umana raffiguranti una riunione del Gran Consiglio, capeggiata da Mussolini.  Lo spettatore qui ha l’impressione di non trovarsi solo visitando questo spazio, tale è la verosimiglianza riprodotta da questa scena e la durezza degli sguardi dei personaggi rappresentati.

Filmati relativi all’ideologia nazista ed alla nazionalizzazione delle masse sono poi presenti nel padiglione ospitato al piano ammezzato mentre sul terrazzo del museo una semplice bandiera bianca intende comunicare in tutta la sua semplicità l’inevitabile azione di sospensione del giudizio dinanzi alla complessità del pensiero e dell’animo umano ed alle sue manifestazioni più forti quali, appunto, le ideologie di potere.

Quella di Fabio Mauri è una ricerca che trova la sua ragion d’essere nelle maglie della storia e che proprio per questo non può essere relegata ad un determinato periodo temporale ma esplica tutto il suo valore nella contemporaneità e nelle complesse e mutevoli dinamiche del pensiero umano. Sarà possibile visitare la mostra fino al 6 marzo 2017.



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