Arti Performative Focus

“Sworkers”: dalla Puglia, la compagnia Acasa su sessualità e potere nel corpo dei ‘sex workers’

Andrea Zangari

Non è mistero che la Puglia sia da anni centro di una sempre più prolifica vita teatrale. Da Bari a Lecce, l’orizzonte delle produzioni, indipendenti e non, mostra un’apertura cosmopolita per certi versi più ampia di certe “capitali” artistiche italiane: si pensi ai Vico Quarto Mazzini, compagnia di Terlizzi (BA), o ai Progetto Demoni, di stanza a Lecce. Stavolta, Scene Contemporanee ha fatto ritorno lo scorso 5 aprile al Teatro Traetta di Bitonto (BA) – dov’eravamo stati circa un anno fa, in occasione del festival “www.shakespeare” curato dalla compagnia Fatti d’Arte – per vedere Sworkers, ultimo lavoro della compagnia Acasa, sul mondo dei sex workers. Il collettivo barese è raccolto intorno a Valeria Simone, ideatrice e dramaturg, figura ancora atipica nel panorama nostrano, armonizzatrice di un gruppo che produce opere corali e irriducibili ad un’autorialità accentratrice. Sworkers fa seguito ad altri progetti che osservano mo(n)di del lavoro marginali, markers di una crisi ben più che finanziaria, e che dunque ci parlano universalmente: H24_acasa, sulle badanti e colf straniere, e Paradise, sulla già dimenticata ma emblematica vicenda dei braccianti polacchi giunti in Italia per la raccolta dei pomodori fra il 2003 e il 2008, morti o misteriosamente scomparsi. 

La riapertura delle case chiuse è un tema che, periodicamente, tiene banco nel dibattito politico. Le dinamiche di consenso e gli interessi commerciali che vi sono dietro meriterebbero ben più che un articolo sul tema. Più di quanto vi è dietro, si fa interessante, per gli occhi del teatro, chi sta dentro a quelle case. E dentro ci sono corpi, identità, storie, culture. Dentro è opposto a fuori, ad un fuori che è però anch’esso abitato. Da chi? Da noi, tra gli altri. Consumatori, voyeuristi, clienti. S-Workers, dunque, è un lavoro che mette mano alla soglia fra quel dentro e quel fuori, provando a farne terreno di confronto fra due mondi avvinti da un legame fatto di sopraffazione visiva, tattile e mentale. E dunque di dolore, petizione di senso, generazione di dinamiche sociali peculiari. In una parola, di potere. Questa è la direzione dello sguardo sulla sessualità indicata nell’ultimo, celeberrimo contributo saggistico di Michel Foucault, la Storia della sessualità, pubblicato in tre sottocapitoli fra il 1978 e il 1984. Ed è proprio da questa pietra miliare che parte, per poi distanziarsi notevolmente e giustamente, l’impegno di Valeria Simone. S-Workers è però un lavoro corale, la cui scrittura ha tante penne quanti attori in scena, con l’eccezione di Maria Luisa Longo e della più giovane Erika Lavermicocca, solo interpreti: del resto, Maristella Tanzi, Marco Grossi, Rossella Giugliano e Marianna De Pinto costruiscono in autonomia il proprio microcosmo, appaiandolo agli altri in un piano sequenza che non dissimula la paratassi processuale. In scena ciascuno porta una maschera, o meglio, una marionetta: entità mosse da, il cui agire e il cui parlare rendono incessantemente conto dei motivi e dunque dei limiti della propria condizione. C’è la prostituta di strada, che esordisce estraendo un gessetto dalla borsetta glitterata e tracciando sul palco una traccia tutt’intorno a sé. Un gesto indovinato, che inscrive, letteralmente, la personalità in un costitutivo deficit di protezione, ma che ricorda anche, forse oltre la volontà ideatrice, il gesto di Gesù che scrive sulla sabbia, nell’episodio dell’adultera. C’è poi il personaggio del “magnaccia”, l’abile Marco Grossi che, come già Rossella Giugliano, declina nel dialettale e nel registro comico, con l’effetto di un forte avvicinamento emotivo al pubblico locale. Entrambi, però, volgeranno quegli accenti empatici nei risvolti più propri ai loro ruoli: quelli, senza mezzi termini, della vittima e del carnefice. Segue l’intemerata maliarda di una stereotipica escort in tailleur nero, una Marianna De Pinto che appare, tecnicamente, la più dotata. Il suo ruolo sovverte la psicologia remissiva della prostituta di strada: il suo tono brillante e l’eloquio battente tracciano un meta-personaggio intento a costruire l’idea del proprio corpo come bene raro, opposto a quello “pop” e bistratto dell’altra. In entrambi in casi, tuttavia, è ben chiaro il riferimento all’appiattimento consumistico dell’identità. A questi primi tre ruoli più dialogici, fanno da controcampo gli ultimi tre quadri, con personaggi più lirici, sfumati, a descrivere una sorta di progressione verso l’incoercibile decostruzione del corpo acquistabile. Erika Lavermicocca è una social addicted che del suo corpo vende l’immagine in chat: la sua immaturità attoriale non disturba, semmai potenzia il contrasto cercato tra la violenza voyeuristica che s’irradia egemone dal device tecnologico e l’innocenza psichica come dato anagrafico. In linea di continuità, sulla china di questa smaterializzazione identitaria, Marialuisa Longo veste i panni di un’astratta baby-prostituta, china su un cumulo di terra dello stesso colore della sua veste lisa, esangue, in un indefinito altrove che rimanda alle mete del turismo di massa. Infine, Maristella Tanzi chiude la sequenza con una coreografia che sugella e commenta lo statuto esistenziale dei tipi umani che l’hanno preceduta. Un corpo automatizzato, spinto verso il basso, anonimizzato come racconta la sottile membrana rosacea che ne cancella la cute e i tratti somatici. A metà tra l’animale e l’automa: condizione propria di un orizzonte sociale di ritorno alla pulsionalità fortemente mediato dalla tecnologia e dai media. La composizione è così spinta fino al punto in cui il piano registico svanisce a favore di quello del dramaturg: sopravvive la coerenza del collage, nel tentativo di propugnare un discorso che non ambisce ad una visio unitaria, bensì ad un vedere come gesto di partecipazione sociale. Alla suggestione, cioè, di una polifonia che provoca lo spettatore senza offrirgli una direzione preconcetta. È forse anche questo un procedere ispirato all’apertura critica dei dispositivi foucaultiani, che illuminavano la natura storica e non sostanziale dei fenomeni come la sessualità, la follia, l’istituto della pena ecc.… Ciò che semmai non convince è la dimensione stereotipica dei personaggi: seguendo la buona intuizione di una progressione verso il corpo deumanizzato, avrebbe forse giovato rimpolpare introspettivamente i primi apparsi in scena. La forma monologante rasenta infatti un carattere forzoso: a un teatro che punti all’affronto di un tema sociale così attuale non può mancare una vera ricerca sul campo, che non porti necessariamente allo svolgimento documentario, ma che produca un impossessamento di parole, tic, aneddoti, per smuovere la scrittura a monte con la penna impietosamente radicata della realtà.

C’è inoltre da dire che quanto visto in una sala teatrale nasce per luoghi diversi: la progressione episodica che di norma vedeva il pubblico spostarsi in spazi non convenzionalmente identificati come preposti alla rappresentazione, resettando il punto di vista fra quadro e quadro, assume “in filata” su un unico palco ben altro valore. Se da un lato possiamo lamentare l’assenza di un adeguato rimontaggio, che interpreti l’imposta frontalità statica palco-platea, dall’altra è pur apprezzabile il piegarsi della ricerca all’occasione di portare il tema nei teatri della provincia, dove s’incontra un pubblico che difficilmente seguirebbe la proposta in luoghi, appunto, non convenzionali. 

 

SWORKERS

Ideatrice e Dramaturg: Valeria Simone
Autori: Valeria Simone, Marianna De Pinto, Maristella Tanzi, Marco Grossi, Rossella Giugliano
Attori: Marianna De Pinto, Erika Lavermicocca, Maristella Tanzi, Marco Grossi, Marialuisa Longo, Rossella Giugliano.
Costumi e oggetti di scena: Porziana Catalano
Visual design: Maria Grazia Morea
Disegno luci: Michelangelo Volpe
Comunicazione, ufficio stampa e organizzazione: Marilù Ursi

Titoli dei monologhi
2 metri quadri di e con Rossella Giugliano
L’abito della prima comunione di e con Marco Grossi
A. A. A. offresi di e con Marianna De Pinto
Interno di Valeria Simone con Erika Lavermicocca
Gramigna di Valeria Simone con Marialuisa Longo
Real doll di e con Maristella Tanzi
&
Too video di e con Maria Grazia Morea



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