Arti Visive Mostre

Matt Mullican. The Feeling of Things @ Hangar Bicocca – Milano (MI)

Maria Ponticelli

Dietro la grande tenda nera che separa un’ esposizione dall’altra, all’interno del grande spazio espositivo del museo Hangar Bicocca di Milano, è immediatamente possibile scorgere sulla sinistra  quattro grandi stendardi enormi e dai colori accesi; essi come totem incontrastati accolgono i visitatori della più grande retrospettiva dedicata all’artista americano Matt Mullican, curata da Roberta Tenconi e intitolata The Feeling of Things.

Dal fondo dello spazio che fa da ingresso alla mostra, un televisore dall’aspetto demodè trasmette in loop le immagini di Mullican impegnato in una delle sue performance. Poliedrico artista attivo sulla scena internazionale dal 1970, il primo a portare la pratica dell’ipnosi nel contesto delle arti contemporanee, egli utilizza con lo stesso approccio sistematico, i numerosi linguaggi delle arti come la scultura, la fotografia l’installazione e la performance. In ciascuno di essi conduce una continua ed approfondita analisi della realtà, sviluppando parallelamente una propria impronta distintiva fatta di segni e simboli che a quarant’anni di distanza dall’inizio della sua carriera lo rendono immediatamente riconoscibile nel panorama internazionale delle arti contemporanee. L’arte di Mullican nasce quindi intorno al tentativo di ordinare la realtà per rappresentarla a se stesso e operare al contempo una distinzione tra questa e la percezione di essa. Il segno più evidente di tale ricerca è il sistema di classificazione in colori secondo cui la realtà, che egli suddivide nei cinque mondi individuati in base a cinque diversi livelli di percezione, viene ordinata attraverso altrettanti colori. Nella maniera in cui sono disposti, essi osservano una certa gerarchia che serve la comprensione dell’universo intero:  il verde è il colore degli elementi fisici e materici, il blu rappresenta la vita quotidiana nel suo insieme di sfaccettature, il giallo distingue gli elementi appartenenti alla cultura ed alle scienze, il nero è il colore della comunicazione ed il rosso rappresenta infine il mondo interiore. Tenendo quindi presente tale sistema di categorizzazione della realtà, è facile intuire quanto l’artista  statunitense tenga a condurre la sua indagine tanto nella comprensione oggettiva dell’universo quanto nell’interiorizzazione individuale di esso. La pratica dell’ipnosi viene quindi in soccorso al tentativo di esplorare l’inconscio; tramite questa l’artista sperimenta stati di trance durante i quali,  col passar del tempo, prende corpo la figura di That person, una sorta di personaggio che emerge dagli anfratti più reconditi della sua persona e che rivendica la propria esistenza dando luogo alla creazione di numerose opere visive fatte di simboli e scritte ricorrenti.

La mostra realizzata dalla Fondazione Pirelli Hangar Bicocca segue quindi in maniera fedele la struttura di riferimento data dallo stesso artista nella classificazione del mondo e della sua percezione. La pianta dell’esposizione è infatti la rappresentazione di un enorme campo di calcio che da qualunque lato lo si guardi presenta due aree lontane tra esse ma equidistanti dal centro. Tale struttura rende l’idea di un tutt’uno, un’immagine omogenea nella sua rappresentazione olistica della realtà, benchè distinta in categorie diverse costituite dai “cinque mondi”.  A dispetto di quanto, in base alla classificazione di Mullican, si tenderebbe ad immaginare, la lettura della realtà non segue un percorso ad imbuto secondo cui dalla concretezza degli elementi fisici e naturali si arrivi ad una soggettiva interiorizzazione del mondo, al contrario, l’esposizione accoglie il visitatore proprio dallo stato più profondo dell’individuo in cui la realtà viene decodificata e costruita in base alla prorpia interiorità.

É di colore rosso infatti la prima area che raccoglie numerosissimi disegni che Mullican ha realizzato sotto l’influenza di That person, richiamata dalla pratica ipnotica, e che rivela nella grande opera Untitled (Learning from that person) i meandri dell’inconscio dell’artista. Untitled è un auentico labirinto fatto di disegni che rappresentano, simboli, segni convenzionali, numeri, collage realizzati con ritagli di giornali e testi. Fuori da questo labirinto, e rimanendo comunque all’interno dell’area rossa, una serie di opere in vetro, frammiste ad alcune in legno, rappresentano l’intera cosmologia di Mullican e costituiscono la soglia in cui il visitatore fa un passo indietro e il mondo interiore cede il posto a quello della comunicazione e del linguaggio: l’area nera.

In questa sezione l’artista indaga il rapporto tra la vita e la morte e lo fa attraverso Untitled (Dead Comic book characters) un collage di fumetti realizzato con immagini di personaggi defunti e Doll and Dead Man in cui l’artista mette a confronto un oggetto mai esistito come una bambola ed un cadavere umano, dimostrando che anche l’esperienza della vita e della morte prese al di là della dimensione oggettiva che le palesa, assumono significato solo all’interno di una interiorizzazione soggettiva del fenomeno; un concetto apparentemente complicato che torna in Untitled (Birth to death list) in cui Mullican scandaglia in versi i momenti apparentemente più scontati della vita di una persona dalla nascita alla morte, appunto.

L’area che segue, quella gialla, rappresenta il mondo della cultura, identificabile soprattutto con le arti e le scienze ed è posto al centro del percorso quasi come a voler costituire un punto nevralgico di passaggio tra l’esistenza oggettiva delle cose (rappresentate dagli elementi naturali e da quelli della vita quotidiana) e il mondo di dentro. Essa è anche il raccordo tra tutti e cinque i mondi dell’ordine di Mullican rappresentati attraverso i loro colori distintivi, in essa infatti sono presenti gli elementi della vita quotidiana, della natura, lo stesso mondo della cultura, il linguaggio e a racchiudere tutto c’è il rosso delle idee e della dimensione spirituale. Di conseguenza tale spazio è il collo ristretto della clessidra e contiene numerose opere tra cui  Untitled (Signswith City Chart) e Untitled, City plan (based on overall chart) che rappresentano i cinque mondi qui riuniti. Nella successiva area blu che rappresenta il mondo della vita quotidiana con i suoi elementi e le sue strutture,e Mullican immagina una propria città ideale, un contesto urbano ordinato e costruito intorno alla sua cosmologia e quindi alla sua stessa idea di rappresentazione del mondo. Egli concretizza l’idea tramite le charts realizzate attraverso l’utilizzo del computer che diventa un elemento sistemico della sua arte e va a costituire il perno dell’omonimo Computer Project, un progetto che vedeva appunto l’utilizzo, allora innovativo, dell’elaboratore.

L’ultimo dei mondi rappresentati nella grande navata dell’Hangar è visibile nell’area verde ed è il mondo degli elementi naturali. Esso rappresenta per Mullican il principio e l’approdo della sistematizzazione dell’universo. In esso sono esposti pietre naturali, insetti, una collezione di uccelli impagliati ed altri materiali raffiguranti la realtà della materia e dell’universo. La conclusione di questa lunga retrospettiva è affidata al “cubo”, uno spazio posto sul fondo della navata e che ospita una serie di dipinti chiamati rubbings e realizzati mediante il frottage una tecnica di sfregamento che riporta alla luce l’idea originaria dell’opera. Tra tutti quelli che ricoprono le quattro pareti del cubo, è possibile soprattutto notare il Dallas Project che racchiude l’intera cosmologia dell’artista statunitense e Untitled (Two into ones becomes three) un rubbing di grandi dimensioni in giallo e nero. Ad accompagnare le opere alle pareti vi sono le tavole di Untitled (New Edinburgh Encyclopedia Project) tavole in magnesio raffiguranti il contenuto di un’enciclopedia posseduta dall’artista e quindi una fonte di conoscenza e di approvvigionamento nella indagine conoscitiva del mondo.

La mostra di Matt Mullican è ad ingresso gratuito e resterà aperta al pubblico sino al prossimo 18 settembre 2018.



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