Arti Performative Dialoghi

Formicola Teatro: il beat underground del teatro

Maria Antonietta Trincucci

Roma est. Tra il quartiere del Pigneto e l’inizio della Casilina Vecchia, c’è il Mandrione che prende il nome dall’omonima strada che lo attraversa. Il Mandrione degli sfollati che lo hanno occupato nel dopoguerra, e poi degli zingari, degli accattoni raccontati da Pasolini.

Proprio all’imbocco di questa via, al civico 3, c’è un circolo Arci, il Trenta Formiche, uno di quei posti dove il termine underground viene rispettato in tutte le sue declinazioni. L’aspetto da bunker, lo spazio che ti invita a essere esplorato con l’impressione che tu stia discendendo, andando sempre più giù, in un cuore sotterraneo che accoglie e promuove diverse iniziative, tutte sotto la parola d’ordine di “produzioni indipendenti”.

Sembrerebbe difficile, quasi impossibile, in questa Roma Capitale, trovare luoghi che disertino la propria predefinita inclinazione e che siano in grado di essere contenitori di diverse e molteplici iniziative. Tutto perché siamo estremamente legati a dei concetti, a delle etichette; così poco abituati a contemplare la coesistenza di svariate possibilità artistiche, sia come ideatori sia da spettatori.

La curiosità, in questo caso, potrebbe nascere spontanea, quando a promuovere una rassegna teatrale non è il posto noto e rassicurante che tutti ci aspettiamo, il bell’edificio teatrale o il circolo culturale elitario, ma un locale che generalmente ospita serate di musica non proprio da camera, proiezioni cinematografiche che gratificherebbero il più infervorato dei cinefili appassionato di introvabili titoli o esposizioni d’arte che non si preoccupano di identificarsi in uno spazio museale, ma che si “accontentano” di mostrarsi e cercare un incontro, un riscontro.

Potrebbe sembrare bizzarro o forse assolutamente naturale che dall’incontro di Mariagrazia Pompei, attrice, drammaturga e regista teatrale, con i soci del sopracitato Arci, Giuseppe Giannetti, Alessio Giammarino e Erio Distratis, sia nata la rassegna Formicola Teatro, partita per il terzo anno al principio di dicembre e che prevede un appuntamento settimanale, ogni mercoledì, fino alla fine di gennaio.

 

Com’è nata l’idea di Formicola Teatro?

Mariagrazia Pompei: Tre anni fa, nel 2014, mi ritrovai a chiacchierare con Alessio Giammarino durante una serata al Trenta Formiche. Mi piacevano le loro iniziative culturali, tra concerti, cineforum etc., ed insieme abbiamo cominciato ad organizzare la rassegna. Essendo io attrice e lavorando come regista e drammaturga teatrale, sentivo che c’era necessità di aumentare gli spazi considerando che ci sono molti professionisti, tra i 30 e 40 anni, che hanno sviluppato il loro percorso e la loro poetica in anni di esperienza, ma che non sempre incontrano il favore dei teatri istituzionali, dato che, nel nostro ambiente, non è facile agganciare un teatro Stabile o ottenere una distribuzione. Ho cercato di creare una rassegna che potesse diventare un punto di riferimento per gli artisti e anche un luogo di incontro, scambio, confronto, con impronta definitivamente autoriale. Tutte le compagnie che ospita il Formicola Teatro, infatti, scrivono, dirigono e interpretano i loro spettacoli. Tutto questo cercando di sviluppare un linguaggio personale.

Come è cresciuta la manifestazione in questi anni?

Giuseppe Giannetti: L’idea iniziale era di inserire performance fortemente sperimentali durante una classica serata del Trenta Formiche. Cinque anni fa ospitammo uno spettacolo di Mariagrazia e fu la prima volta che vidi un lavoro che rispondeva a queste caratteristiche. Il progetto in sé per sé ci è talmente piaciuto che abbiamo deciso di creare un contenitore con un nome specifico, che potesse esprimersi al TF ma anche altrove. Un punto di riferimento per attori e registi: questa idea ci entusiasmava. L’obiettivo principale era cercare di far appassionare al progetto anche persone che, in teoria, al teatro non sono interessate e fare in modo che anche questo linguaggio riuscisse a essere importante e comunicativo per chi frequenta il TF, per la musica, per il cinema, per bere o altro.

Forse non avremmo dovuto tralasciare l’idea iniziale di inserire gli spettacoli in estemporanea e di non relegare il Formicola Teatro solo ad alcune date, ma stiamo ancora facendo dei tentativi per trovare la giusta formula.

Il TF lavora da sei anni così. Ogni volta sappiamo che il proposito principale è quello di coinvolgere persone eterogenee per proporre nuovi linguaggi. Ci sono sempre degli ostacoli, non è sempre facile ma la perseveranza premia. Sappiamo che genere di proposta i nostri soci si aspettano da noi, ma la sfida è anche quella: cercare di cambiare l’idea che normalmente si ha della fruizione dell’arte. Sicuramente dovremmo lavorare maggiormente per far entrare nei nervi della gente questa idea e smuovere dal basso, a prescindere dal contesto.

M.P.: Tre anni difficili, ma pieni di soddisfazioni… La necessità era quella di sconvolgere un po’ le carte per far entrare il teatro in un locale, per associare la fruibilità di uno spettacolo, non necessariamente legata a un luogo deputato, a uno spazio non ordinario; la scommessa quindi è stata andare a cercare nuove persone che potessero usufruire del teatro in maniera più veloce.

Sicuramente è importante capire che il teatro è molto distante dalle persone in questo momento storico. L’accesso è complicato perché i biglietti sono molto costosi, raggiungere i luoghi teatrali non è facile, e va da sé che si crei un pubblico di settore.

Siamo ancora in una fase di sperimentazione. Sarebbe interessante cercare di trascinare anche il quartiere che però ha altre età ed esigenze. Magari, pensando di cambiare l’orario delle rappresentazioni oppure spostando il Formicola Teatro, nel periodo estivo, nel parco adiacente le mura della Casilina Vecchia.

C’è, secondo voi, la possibilità concreta di creare uno spazio diverso e una rete umana sostanziale?

G.G.: Il coinvolgimento del rapporto umano è alla base di queste esperienze artistiche. Per la seconda rassegna, per esempio, abbiamo provato ad invitare attori non romani, compagnie itineranti. L’organizzazione è stata decisamente più complessa, perché i costi sono maggiori, gli artisti non sono conosciuti e una piccola fetta di pubblico si riduce; nonostante ciò, credo siamo riusciti nel nostro intento creando un piccolo circuito nazionale.

M.P.: Quello che posso dire è che il nostro esperimento cerca di non ricreare due mondi separati, quello della musica e quello del teatro, ma tenta di fondere i diversi ambiti. Uno degli intenti che abbiamo avuto nella scelta del repertorio di quest’anno è stato quello di includere spettacoli che avessero un riferimento musicale. Potrebbe essere un ibrido creato apposta per lo spazio del TF, un tipo di rappresentazione che includa molto di più l’elemento musicale, che possa magari sfociare anche in un concerto. Ci piacerebbe che la gente avesse la possibilità di rilassarsi, magari arrivare e prendere una birra, vivere di più il momento d’incontro. Anche la modalità di partecipazione economica, tramite la sottoscrizione libera, rispecchia la volontà di permeare l’esperienza teatrale come se si uscisse normalmente, per godere di una serata di qualsiasi genere. Un episodio che vorrei raccontarti è stato l’incontro con la regista Veronica Cruciani e le attrici Maria Paiato e Arianna Scommegna, quando erano in scena al Teatro India con lo spettacolo Due donne che ballano. In quell’occasione, ho potuto constatare come un pubblico molto diverso si sia radunato spontaneamente in un locale frequentato da un certo tipo di persone.

Azzardo: Trenta Formiche come produttore indipendente di situazioni artistiche?

G. G.: Questo già avviene ma bisogna ancora lavorarci. Abbiamo scarse risorse ma non ci manca la volontà. Lo spettacolo nato all’interno del TF Una vita a matita, di Quinzio Quiescenti e Lorenzo Covello è stato per noi motivo di soddisfazione. Continuo a leggere ottime recensioni e so che sta girando molto.

A Roma non conosco uno spazio che racchiuda diverse anime e speriamo che questa possa essere l’occasione giusta per riuscirci. Il proposito è quello comunque di dare una continuità a questo progetto, magari uscendo dall’idea del festival che dura soltanto per un periodo predefinito, facendo sì che possa essere un appuntamento che si ripete con maggiore frequenza e che accompagna tutto l’anno il TF.

L’appoggio e il supporto che diamo a questa rassegna non ha nessun tipo di tornaconto economico. Lo facciamo soprattutto perché crediamo nel valore del progetto. Quest’incontro ci ha dato l’occasione di creare qualcosa di diverso ma che sia affine alla nostra idea di proposta artistica. Il TF come luogo che concede la possibilità ad artisti, soprattutto emergenti, di potersi esprimere.

M.P.:Il Trenta Formiche e il Formicola Teatro sostengono e hanno sostenuto alcuni spettacoli nati all’interno della rassegna e molti dei lavori di Attoprimo, la compagnia che dirigo in collaborazione con Valerio Marini, che è mio assistente alla regia e coautore di testi.

Non è così utopistico muovere qualcosa e farlo con i nostri mezzi: sicuramente, bisognerebbe smettere di pensare al teatro come un lusso. Credo che questo sia un bell’ibrido, una bella sperimentazione, un incontro. Bisogna capire come far combaciare le diverse realtà.

Va anche considerato che non stiamo parlando di uno spazio teatrale attrezzato, non è una sala prove. Anche questo è un nostro proposito: aumentare le possibilità dello spazio rendendolo più idoneo a condurre un lavoro teatrale.

 

Segnaliamo che il prossimo appuntamento del Formicola Teatro è fissato per mercoledì 25 gennaio alle ore 21; in scena, lo spettacolo Barocco Shocking Street scritto diretto ed interpretato Clio Gaudenzi e Francesca Montanari, una produzione Mestieri Misti.



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