Arti Performative Focus

A Carmelo Bene e al suo “Otello” televisivo, “buon compleanno”

Redazione

di Dario Pacini

Oggi, 1° settembre, Carmelo Bene , l’indimenticabile attore e regista di Campi Salentina, avrebbe compiuto ottantadue anni. Soltanto una decina di giorni fa anche uno dei suoi più stretti compagni di palcoscenico ci ha lasciato, Cosimo Cinieri. 

Sulla figura teatrale di Bene molto è stato scritto, fin da quando l’enfant terrible del teatro italiano iniziò a calcare le scene nel 1959 con lo spettacolo Caligola di Albert Camus, che tradusse insieme ad  Alberto Ruggiero e portò in scena a Roma, al Teatro delle Arti. Da allora illustri intellettuali, letterati e giornalisti si sono interessati alla sua figura, ma soprattutto a quel modo sfacciato e rivoluzionario nel panorama teatrale di quell’epoca, di mettere in scena i grandi classici del teatro, in particolare Amleto, che ha smontato e rimontato svariate volte nel corso della sua quarantennale carriera. 

Nomi del calibro di Maurizio Grande, Piergiorgio Giacchè e Goffredo Fofi, hanno studiato ed approfondito più di tutti l’opera dell’attore salentino; ma anche Alberto Arbasino, Ennio Flaiano,  passando per Giuseppe Bartolucci, Oreste Del Buono, Franco Quadri, Umberto Artioli, Edoardo Fadini, Enrico Ghezzi, Giancarlo Dotto – che diventerà suo amico fraterno, nonché collaboratore e biografo – arrivando fino ad Ugo Volli e a Maurizio Boldrini. Tra gli stranieri, ricordiamo l’interesse di intellettuali come Gilles Deleuze, Jean-Paul Manganaro, Andrè Scala, Camille Dumouliè e Pierre Klossowski.
Carmelo Bene durante la sua carriera è riuscito a destreggiarsi tra teatro, cinema, letteratura, radio e televisione, diventando un vero e proprio gigante dei processi comunicativi e mediologici, di cui ha contribuito a riscriverne lo specifico, con una visione ampliata, a volte irriverente, e comunque priva del barocchismo che fino agli anni ’60 imperversava nella cultura italiana. 

Soprattutto in ambito televisivo, fondamentale fu la collaborazione con la Rai, a partire dagli anni ’70: molto prolifica, produsse risultati straordinari, in cui Bene generò lo stesso lavoro di decostruzione del testo già operato in teatro, annullando completamente l’adattamento teatral-televisivo praticato fino a quel momento. Di questa produzione, purtroppo, poco ancora è stato scritto; togliendo l’articolo di Italo Moscati dal titolo Dopo il teatro ed il cinema la TV secondo Carmelo (1978), e l’articolo di Alberto Soncini dal titolo Fottersene di Shakespeare. Carmelo Bene in televisione (2004), pubblicati entrambi sulla rivista Cineforum, un approfondimento sull’ampio rapporto tra Bene e la televisione non si è più distinto. 

Rapporto tormentato quello di Bene con la tv di stato, fin dall’esordio con lo sceneggiato (come si chiamavano allora le ”fiction)” Tre nel mille, che fu realizzato nel 1970 da Franco Indovina e trasmesso solo tre anni dopo col titolo Storie dell’anno Mille. Stesso trattamento riservato poi ad altri suoi lavori prodotti per la Rai, a partire da Bene! Quattro diversi modi di morire in versi, registrato nel 1974, e mandato in onda nel 1977; il Riccardo III, registrato nel 1977 e mandato in onda nel 1981; Manfred, realizzato nel 1979 e trasmesso nel 1983, Hommelette for Hamlet del 1987 e andato in onda nel 1990; Lorenzaccio, la cui registrazione dello spettacolo teatrale avvenne nel 1986 ma fu proiettato addirittura nel 2003 all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in prima internazionale. Così come il suo  Amleto (da Shakespeare a Laforgue), registrato nel 1974, e trasmesso nel 1978: una delle due opere televisive più rappresentative dell’attore salentino. Una menzione a parte merita Otello o la deficienza della donna, opera considerata per molto tempo una sorta di chimera da cineteca, di quarant’anni fa esatti. Quindici ore di registrazione negli studi Rai di Torino nel 1979 tirate fuori dal cassetto nel 2001, che Bene, coadiuvato da Mariella Fogliatti, ridusse ad un’ora e dieci minuti, e che grazie ad Enrico Ghezzi e a Rai Educational (oggi Rai Cultura), si riuscì a proiettare al Teatro Argentina di Roma in prima assoluta il 18 marzo 2002, due giorni dopo la morte dell’attore. Così come nell’Amleto televisivo, il bianco e nero fotografato da Giorgio Abballe aggiunge una patina di rappresentazione dadaista, a tratti vivida, all’opera shakespeariana, in Otello, i tre colori base nero-bianco-magenta pretesi da Bene, diventano protagonisti, con le luci sapientemente dosate dallo stesso, di una galleria di immagini prese in prestito dal grande Caravaggio. In questo caso Bene opta per una scena barocca, e il letto nuziale a forma di torta, dove si snoda il percorso delirante del Moro verso il destino finale, diventa un tripudio di tendaggi, pizzi, lenzuola e fazzoletti feticci, tra cui quello incriminato. Laddove nell’Amleto il protagonista progetta una via di fuga, dalla prigione in cui l’autore vuole rinchiuderlo, facendo armi e bagagli con destinazione Parigi, in Otello l’attore salentino lascia a Shakespeare pieni poteri, senza cercare alternative, se non arrivare dritto all’unica soluzione possibile, ovvero, la morte di Desdemona. Bene compose un gioco di specchi impeccabile, dove Otello, come un Narciso elettronico, si fa voce di se stesso, spettro fuori campo, ma anche voce, con la complicità del compianto Cosimo Cinieri, dei tre Cassio/Brabanzio e Lodovico, interpretati tutti da Cesare Dell’Aguzzo. Il bravissimo Cosimo Cinieri, compagno di molte avventure artistiche di Bene, interpreta magistralmente uno Iago allucinato, vicino alla maschera della Medusa caravaggesca. L’altrettanto brava Michela Martini impersona Desdemona, che trova la sua trasfigurazione volgare in Emilia, e quella da meretrice in Bianca, entrambe incarnate da una convincente Rossella Bolmida. A Beatrice Giorgi fu invece affidato il ruolo di Roderigo. Un’opera che quest’anno compie quarant’anni, l’Otello televisivo. Auguri, quindi, a questo piccolo gioiello del piccolo schermo e, soprattutto, un pensiero oggi, nel giorno del suo compleanno, va più che mai a quello che fu il suo indimenticabile artefice.



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