Arti Performative

Andrea Cosentino – Non qui non ora

Renata Savo

Uno studio del nuovo spettacolo di Andrea Cosentino, visto in occasione della rassegna Perdutamente al Teatro India di Roma

Marina Abramovic. Un nome, un’icona. E come molte altre icone, anche lei si fa prendere facilmente poco sul serio.

“Vivere nel presente”, con tutta la vacuità che lascia immaginare un tale invito – come se esistesse una sola persona che abitasse in un tempo diverso da quello presente – può diventare un assunto da stravolgere e ribaltare: non più il “qui” e “l’ora” della performance art, quindi, ma il “lì” e l’”allora” del teatro. Proprio partendo dal concetto di “esserci” che la Abramovic vanta di esaltare con le sue performance, prende le mosse Non qui non ora di Andrea Cosentino, progetto presentato in forma di studio alla rassegna romana “Perdutamente”.

Sarà capitato a tutti, almeno una volta, di trovarsi di fronte a un’opera d’arte o a una performance il cui significato appariva così precario da suscitare perplessità sul suo effettivo valore artistico. Raramente abbiamo avuto il coraggio di confessare il nostro modesto parere a chi pensavamo ne capisse più di noi, a causa di un certo rispetto incondizionato verso ciò che ci era stato propinato come “arte”. Ecco, Andrea Cosentino dà voce a queste impressioni: grazie a un grande senso dell’umorismo e a una profonda conoscenza del mondo dell’arte, Cosentino fa trascorrere agli spettatori un’oretta davvero piacevole e costruttiva, che lascerà riflettere criticamente sulla validità artistica di un certo genere di performance art; quel genere, per intenderci, che quasi automaticamente scade nella parodia di se stesso.

Solo, in mezzo al palcoscenico con gli occhi chiusi, isolato da enormi cuffie rosse, Cosentino finge all’inizio di attraversare un’esperienza mistica “alla Marina Abramovic”. Durante la performance la mente può allontanarsi dal corpo e salire nel “blu dipinto di blu”, dove si trovano tutte le persone che si desidera incontrare, o anche semplicemente il “niente”: l’essenza di un momento. Perché è “esserci” quello che conta, insegna Marina Abramovic, e se lo dice lei, noi ci crediamo; ma perché, allora, in qualche occasione la qualità dell’esperienza variava in base al prezzo del biglietto che lo spettatore era disposto a pagare? “Cinque euro per assistere alla performance. Quindici, per ricevere l’attestato di partecipazione all’esperienza come spettatore”. Che essere spettatori non sia già di per sé un’esperienza? C’è da chiedersi, e Cosentino lo fa molto bene, che cosa significa “esperire” nel momento in cui non è il soggetto stesso a farlo, ma un altro per lui. Bisogna “uscire fuori” dal corpo per “vedersi”? Vista in questi termini, l’”esperienza” di Marina Abramovic, insieme ad altre forme d’arte contemporanea di duchampiana memoria, perde la sua aura e s’impregna di ironia. Forse perché la storia del “qui ed ora” ha un po’ stancato. Forse perché troppe esperienze artistiche sono passate di là. Forse perché l’arte contemporanea è diventata un po’ “come il maiale”: non si butta via niente.


Dettagli

  • Titolo originale: Non qui non ora

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