Libri

Vetrina. “Si può fare”

Antonella Gigantino

L’amore ai tempi delle lotte sociali e del muro di Berlino.

Loro due non dovrebbero stare insieme. Non sono adatti. Lei, l’io narrante senza nome, è una logopedista laureata e figlia della Germania che conta. Lui, Adam Czupek, terzo di cinque figli, con una madre pazza, per tutti e per lui, quindi uno automaticamente fuori da qualsiasi contesto “normale”, sa far tutto e non si arrende mai.

In un viaggio surreale alla Goodbye Lenin il film, Si può fare di Birgit Vanderbeke racconta una Germania e un’Europa ancora da partorire, gli anni Settanta carichi di lotte sociali e di dolore, l’instupidimento degli anni Ottanta e lo stupore della fine degli stessi con la caduta del muro di Berlino e la paura dei successivi dieci anni in questa finta libertà conservatrice che vuol lasciare ogni cosa a suo posto.

Adam ama il punk e i centri sociali, aggiusta tutto con le sue mani, il suo hobby è rubare dai bidoni cose che potrebbero servirgli in un futuro prossimo e che gli stupidi gettano quasi nuove. Adam, concreto e diritto come un fuso, ha una sola idea in testa: si può fare. E critica i politici e chi usa la gente come pedine del Monopoli. I suoi figli, Anatol e Magali, mettono le mani ovunque, toccano, osservano, hanno già le mani sporche come le sue, mani che non si puliranno mai, neppure con il sapone. Lei, la laureata, viene da una famiglia in cui non si parla e non ci si abbraccia, in cui non si fa nulla perché c’è chi lo fa al posto loro. Lei si sorprende di lui e lo accompagna a «Ilmenstett, mammamialaggiù», inseguendo un sogno, una nuova idea di comunità; a chilometro zero diremmo noi. Restaurata la casa dell’amica Fritzi, Adam si innamora della terra e degli animali del contadino Olzapfel, vedovo e senza stimoli, Anatol il piccolo si innamora del trattore e tutti si innamorano di tutti iniziando a collaborare per aiutare la tavola calda dei turchi Oyzilmaz con la complicità dell’italiano Massimo Centofante che riempie la casa di cibo e di odore di casa, per l’appunto. Un assurdo allevamento di polli di razza, che non vengono gonfiati o maltrattati ma che scorrazzano liberi e felici, il motore della felicità, sempre con quella  purezza che pervade tutta la narrazione. Il frutteto vive, regalo del contadino ad Adam per i suoi lavori e la sua passione. La folgorazione che cresce, di botto. Una vera comunità, in cui ognuno possa dare il suo apporto, la sua creatività, il suo lavoro e la sua libertà (che torna). E le idee, se buone, si allargano in un battibaleno.

Un volume che si legge in un giorno, una scrittura veloce, soggettiva, un sogno realizzabile tornando alle origini, all’essenziale, a una vita fatta di priorità. E di amore. Il libro, ecco, si chiude con questa speranza e con la frase che torna sempre e ti resta impressa: si può fare.

Se solo lo si volesse veramente.



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