Arti Performative

Santasangre – Harawi

Sara Benvenuto

Un’opera sinestesica e multimediale in cui la scenotecnica e lo sfruttamento delle categorie spazio-temporali si intersecano creando nello spettatore uno straniamento, incisivo ma a tratti statico.

Nel 1945 Olivier Messiaen compone il ciclo liederistico Harawi, la prima di tre opere aventi per tema l’amore terreno, in contrapposizione a quello divino, e ispirate dal mito di Tristano e Isotta. Su commissione della Sagra Musicale Malatestiana, i Santasangre rileggono attraverso il proprio personale sguardo l’opera surrealista di Messiaen.

Ad aprire lo spettacolo, lo scorrimento veloce sul velo di tulle di una città dormiente, contemporanea e periferica: qui il verde selvaggio immaginato da Messiaen diventa tristemente grigio cemento.

Siamo nella metropoli, addormentata e cementificata, nella quale abitano Tristano e Isotta, ormai anziani. Seguendo la matrice surrealista del compositore francese, i Santasangre affrontano il tema dell’amore terreno che trova il suo assoluto compimento solo dopo la morte.  Tristano e Isotta contemporanei si cercano e si allontanano: avvicinamenti e respingimenti continui confinati nella porzione di spazio che li separa dal proscenio e dall’esecuzione live della partitura musicale. Danzano il ballo dell’amore impossibile: quello terreno, che sempre li allontana, fino alla sua piena sublimazione nella morte: It’s a perfect day pour l’amour(t) . In questa frase, incisa in sovraimpressione sul telo bianco dai due protagonisti, prende corpo il concetto di Eros e Thanatos. L’Eternità come luogo del possibile, in opposizione all’impossibilità dell’amore terreno.

Il tema dell’eros ultraterreno viene qui declinato in diversi spazi e tempi: la trasposizione fedele della partitura musicale, senza alcuna ingerenza elettro acustica tipica della sperimentazione del collettivo romano, ci riporta in un tempo altro, novecentesco. Se l’esecuzione dal vivo del soprano Matelda Viola e del pianista Lucio Perrotti non lascia spazio alla contaminazione sonora, i Santasangre scelgono di costruire la propria visione attraverso lo spazio e l’immagine video: suddividono la scena in tre parti, longitudinalmente. Le tre superfici implicano uno sfondamento dello spazio, una stratificazione sensoriale ottenuta attraverso la sovraimpressione visiva: i vari livelli delle storie si fondono ora in una nebulosa bianca e nera, ora sono proiettati sui corpi degli attori.

In linea con la poetica di Messiaen viene mantenuta la  matrice surrealista.  L’evocazione non viene dalle parole che lo stesso Messiaen nei suoi Lieder decide di porre su un altro livello: il contenuto è spostato sul livello dell’immagine e della suggestione, per focalizzare la stimolazione sensoriale e visiva.

Elementi discordanti in scena rimarcano la scelta dei Santasangre di cogliere pura poesia surrealista, la meraviglia della natura non confinata nell’autismo della fede cristiana: una falconiera all’inizio e alla fine, e un acrobata che si sostiene a mezz’aria su due anelli, sembrano voler trasmettere che il  massimo dello sforzo fisico è nella stasi, il massimo della potenza risiede in quel corpo perfetto e sospeso.

Un’opera sinestesica e multimediale in cui la scenotecnica e lo sfruttamento delle categorie spazio-temporali si intersecano creando nello spettatore uno straniamento, incisivo ma a tratti statico; un lavoro su commissione che, seppur in piccola parte, mortifica la sperimentazione visiva e sonora alla quale il collettivo romano ci ha abituato. Di fronte ad Harawi, lo spettatore percepisce la valenza dello studio svolto sul compositore francese, ma non ne rimane catturato.

 


Dettagli

  • Titolo originale: Harawi

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