Cinema Festival Roma Film Festival 2012

Il regno delle carte

Fausto Vernazzani

Il cinema indiano contro il cinema indiano, il regista Q sconvolge i canoni del classico per trasformare in innovazione un testo vecchio di oltre cento anni

CinemaXXI: il cinema del XXI secolo, il Cinema che dovrebbe esplodere con il potere della sperimentazione e del ‘nuovo’. Si dovrebbe respirare aria fresca nella sezione CinemaXXI, grande novità del festival romano di Marco Müller, ed è proprio questo che accade. Le sorprese sono arrivate dall’ottimo Greenaway e dallo sceneggiatore di Ruiz, Carlos Saboga, ma a destar maggior attenzione dovrebbe essere Q, regista indiano che fece un piccolo giro del mondo con il suo precedente Gandu, apprezzato in tutto il mondo. Un nome bizzarro per un’artista nato come rapper del gruppo Gandu, poi divenuto filmmaker, anche se preferisce definirsi Video Jockey piuttosto che autore cinematogarfico.

Dall’India, più precisamente dal Bengali, ci porta Il regno delle carte, un capolavoro scritto dallo scrittore di fine Ottocento Tagore, autore venerato come una divinità – abitudine non rara anche nei confronti degli attori – per via di questo suo testo, un dramma musicale conosciuto e cantato da tutti in patria. Al di là dei monti dell’Himalaya questa pièce non ci è nota, ma il suo potere intrinsico è subito chiaro grazie all’immenso capolavoro, probabile apripista d’un nuovo modo di fare “cinema”. Non si era ancora mai visto nulla del genere al giorno d’oggi, una regia che mescola ogni tipo di stile, dal videoclip al cinema classico, dal drammatico al surreale: Tasher Desh (titolo originale dell’opera di Tagore) è l’emblema della novità, del cinemaXXI stesso.

La storia si svolge su tre piani differenti: il primo è nuovo, creato dallo stesso Q, completamente in bianco e nero con protagonista un uomo che vaga per la città cercando l’unica storia che conosce e che ama, quella de Il regno delle carte, ma finisce per declamarla a dei treni; il secondo segmento è quello del Principe, personaggio principale del poema, rinchiuso nella prigione del suo palazzo, dei suoi diritti e della sua mente, relegato ad uno sfarzo che non lo convince a vivere: il terzo ed ultimo ha sempre il Principe come principale, liberato dalla sua prigione e scagliato su un’isola dove vive un popolo seguendo le regole delle Carte da gioco, vestiti da Picche, Fiori, Quadri e Cuori, truccati come attori del teatro Kabuki. Ci sarebbe tanto altro da dire, ma è il messaggio fondamento dell’opera a colpire più di tutto, espresso nella forma e nello stile (eccelso è dir poco): rompere le barriere, dimenticare il passato e decidere di fare uno spostamento drastico verso il Nuovo.


Dettagli

  • Titolo originale: Tasher Desh
  • Regia: Q (Qaushiq Mukherjee)
  • Anno di Uscita: 2012
  • Genere: Fantasy
  • Fotografia: Manu Dacosse
  • Costumi: Tabasheer Zutshi
  • Produzione: India
  • Cast: Tillotama Shome, Soumyak Kanti de Biswas, Tinu Verghese, Joyraj Bhattacharajee
  • Sceneggiatura: Rabindranath Tagore

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