Arti Performative

Pierluigi Bevilacqua – Brandelli d’Italia

Renata Savo

Uno spettacolo che se da una parte espone il già detto, dall’altra è sicuramente in grado di soddisfare il bisogno attuale di verità, di parlare al presente. 

Ci sono spettacoli che andrebbero raccontati partendo dalla fine, da ciò che resta dopo che il sipario si è chiuso o le luci si sono spente sul palcoscenico. La sera in cui ho visto Brandelli d’Italia, diretto da Pierluigi Bevilacqua, sul palcoscenico romano del Teatro Furio Camillo, alla fine, durante gli applausi, c’erano lacrime. Bagnavano il volto sincero di uno dei dodici giovanissimi attori della Piccola compagnia impertinente di Foggia. Non erano lacrime di gioia, emozione prevedibile vista la giovane età, l’inesperienza (se di “inesperienza” è lecito parlare, dato che i ragazzi sembrano tutt’altro che estranei ai palcoscenici) che porterebbe questi attori a commuoversi con facilità. No. Nonostante i sorrisi, gli applausi, l’approvazione, davanti al pubblico entusiasta, quel giovane attore versava lacrime di rammarico. Qualcosa è andato storto? Neanche.

I motivi di un tale coinvolgimento sono facili da spiegare: innanzitutto, gli attori erano se stessi dall’inizio alla fine, perché lo spettacolo è stato realizzato sulla base dei risultati di un anno di laboratorio in cui gli allievi hanno provato a tessere sulle proprie esperienze e lo spazio teatrale dev’esser stato sentito come un’oasi felice in cui si è finalmente legittimati a gridare contro le ingiustizie che scorrono impunite ogni giorno, a cominciare da quei blandi processi di assunzione all’italiana dove a farla da padrone sono, in troppi casi, nepotismo e altri tipi di discriminazione. Infine (e soprattutto), Brandelli d’Italia è uno spettacolo non solo sull’Italia, ma “per” l’Italia. Prima ancora di entrare in sala, il foyer viene colto da una rissa tra tre giovani di provenienze diverse – nord, centro, sud Italia; strani personaggi attaccati a un colore – verde, rosso, bianco – a un’ideologia. Ci sono voluti secoli per farla questa Italia ma, oggi, di quel coraggio, di quella forza, della suprema volontà di unirsi restano, come dice il titolo, solo “brandelli”.

In pratica, è uno spettacolo sugli stereotipi degli italiani, ma rappresentati con originalità, attraverso situazioni simboliche. Brillante, per esempio, è l’immagine di apertura: dodici corpi stesi con un giornale sul volto, avanzano uno per volta proposte rivoluzionarie per cambiare il Paese riscuotendo l’approvazione altrui, ma si trovano effettivamente tutti insieme “all’azione” soltanto quando si tratta di andare a prendere il caffè. E tutte quelle belle cose sul cambiamento del Paese, il lavoro, la dignità, eccetera? “Lo facciamo dopo… Dopo il caffè!”.

Impossibile non emozionarsi di fronte al quadro in cui questi giovanissimi immaginano di essere all’estero per studio o per lavoro e di parlare con i propri cari in Italia. Hanno in mano un accendino che alla fine sollevano come una fiaccola, in segno di libertà. In scena sono solo dodici luci che si accendono e si spengono, dodici volti; ma l’effetto di una coralità d’individui sparsi per il mondo, accomunati dalla medesima nostalgia, è potentissimo.

Brandelli d’Italia è uno spettacolo che se da una parte espone il già detto, dall’altra è sicuramente in grado di soddisfare il bisogno attuale di verità, di parlare al presente. Forse è vero che non servirà a molto andare a teatro per sentirsi rinfacciare ancora una volta come siamo messi male nel nostro Paese, ma di sicuro tutti gli italiani farebbero bene a recarvisi per riscoprire il proprio senso civico, perché Brandelli d’Italia, sotto questo punto di vista, rappresenta una prova davvero notevole.


Dettagli

  • Titolo originale: Brandelli d'Italia

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