Arti Performative Focus

Cosa resterà di questo “Corpo scritto”: la parola ai partecipanti del workshop di Frosini/Timpano

Redazione

Memorie di un “Corpo Scritto”, ovvero del laboratorio di drammaturgia curato da Daniele Timpano ed Elvira Frosini insieme al critico Attilio Scarpellini, interlocutore nell’esperimento che ha coinvolto a Roma giovani drammaturghi e attori

a cura di Gertrude Cestiè e Bernardo Tafuri

L’impegno condiviso e la responsabilità di un lavoro corale concentrato in sole cinque giornate di lavoro, dal 7 all’11 febbraio: questo è stato “Corpo scritto”, il laboratorio di drammaturgia curato da due solidi autori e attori come Daniele Timpano ed Elvira Frosini insieme ad Attilio Scarpellini, presenza autorevole e interlocutore prezioso nell’originalissimo esperimento che ha coinvolto giovani drammaturghi e attori, riuniti presso lo spazio Kataklisma del quartiere Pigneto capitolino.

Un’esperienza vissuta sì dagli attori del Katalab di Frosini/Timpano, Silvia Andreussi, Maria Anna Baro, Francesco Maria Salimbeni, Dario Alberti, Daria Mariotti, Stefano Cangiano, Camilla Fraticelli, Alessandro Equoreo, e Martina Pentimalli, così come dagli autori di “Corpo scritto”, Michele Brasilio e Marina Cioppa (Vulìe Teatro), Irene Leone e Simona Zilli; ma anche da un’uditrice, Valentina Di Odoardo, e dai collaboratori e assistenti, Alessio Pala e Laura Toro.

E poi ci siamo stati noi (Gertrude Cestiè, Bernardo Tafuri e Dalila D’Amico), che in esclusiva per “Scene Contemporanee” siamo stati come quegli spettatori indiscreti, che anche in chiusura, quindi, hanno voluto fare le loro domande, ma per documentare, riportare alcune impressioni dei partecipanti che con tanto entusiasmo e dedizione hanno contribuito alla perfetta riuscita del progetto.

«Abbiamo avvertito la responsabilità di un riscontro immediato, sulla scena, di quanto scritto – così Michele Brasilio, giovane drammaturgo del duo Vulìe Teatro, e partecipante al laboratorio – nonché l’importanza di creare intrecci funzionali tra attori con caratteristiche assolutamente diverse».

«Partendo da un’indicazione, cioè dalla possibilità di avere a disposizione degli attori ben individuati, abbiamo costruito una drammaturgia – commenta Simona Zilli – e osservato gli attori nel loro processo creativo. Ho potuto concentrarmi sui loro movimenti, vedendoli recitare. Il punto di partenza è stato ciò che mi è sembrato fosse la loro essenza, e da quella ho provato a costruire un testo adatto alle diverse personalità che ho visto agire sulla scena. Lavorare con Frosini/Timpano è entusiasmante innanzitutto per l’essenzialità delle loro indicazioni: non c’è giudizio ma stimolo creativo alla ricerca, all’osservazione critica. Così come fondamentale è risultata la presenza di Scarpellini, sempre puntuale con noi drammaturghi nel farci notare quanto di stonato si celasse in ciò che avevamo scritto, per poi stimolarci nell’applicare un intervento immediato».

Il lavoro ha lasciato emergere la sua essenza sperimentale, come segnala la drammaturga Irene Leone: «non avere conosciuto prima gli attori ha consentito a noi drammaturghi di poter immaginare e dedurre dai piccoli gesti, dalla fisicità di ciascuno, ciò che meglio potevano prestarsi ad interpretare. Lavorare sui dettagli, immaginare le possibilità, è stato un impegno stimolante: ciò che scriviamo è stato subito messo in scena. Abbiamo lavorato tanto, discusso, e gli attori hanno donato un bel contributo al lavoro. Un’esperienza decisamente positiva».

Concorde anche il parere degli attori: «il piacere e l’occasione di sperimentare, esplorando le capacità espressive del corpo – dice Dario Alberti – gli “strumenti” peculiari di ciascun attore, hanno avuto un’influenza diretta sulla drammaturgia: abbiamo potuto far leva sui nodi del testo per esprimerne le potenzialità, facendo emergere gli elementi fallaci, considerando i margini di miglioramento. In questo senso, il corpo ha giocato un ruolo fondamentale, e abbiamo avuto grande libertà di improvvisazione e di costruzione autonoma a partire proprio dai testi.

Ciascun attore, infatti, ha potuto costruire la propria drammaturgia: è stato un lavoro faticoso, complesso, ma soprattutto divertentissimo. Personalmente, mi ha portato a riflettere… è stata un’esperienza costruttiva, che trovo si inserisca perfettamente nel percorso formativo di noi attori del “KataLab”, con Frosini/ Timpano qui allo spazio Kataklisma».

Aggiunge l’attrice Daria Mariotti: «per noi attori è stata davvero una grande occasione per “misurare” il lavoro dei drammaturghi, verificare come le nostre entità potessero dialogare, assecondando un processo volto esclusivamente al miglioramento. È stato interessante avere ogni giorno solo poche ore per lavorare sul testo, e in quelle dover comprenderne il messaggio; si è rivelato proficuo vedere come i drammaturghi abbiano assistito ad una “lettura” inedita dei loro testi. Difatti, è capitato anche che ciò che era stato concepito come drammatico, si sia poi rivelato comico sulla scena, e viceversa. Sono convinta che l’intreccio tra attori e drammaturghi abbia costituito un valore aggiunto per ciascun lavoro, proprio in virtù dell’individualità di ognuno, delle differenze d’approccio al lavoro: un lavoro col corpo sui testi, attraverso il quale rapportarsi in scena con i colleghi attori, cercando, insieme, di far convergere il tutto verso un unico ”obiettivo”».



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